mercoledì 27 dicembre 2017

“FALSO RISPETTO…”

Per i cristiani una lezione dal Papa da non dimenticare. Il buonismo di chi non si ribella all'ateismo imperante che vuole togliere ogni segno della cristianità giustificandolo come rispetto delle altrui credenze, porta con se tutta la responsabilità per un dovere non compiuto. Il cristiano ha infatti il dovere di attestare il suo “credo” e di essere credibile e coerente, ma ha anche quello di difendere i segni e i simboli della propria fede senza i quali non c’è più nemmeno la Festa: il Natale o la Pasqua senza Cristo è un giorno lavorativo qualsiasi della settimana. Potremmo anche arrivarci un giorno, ma almeno non sia per demerito dei cristiani.

giovedì 23 novembre 2017

NON FACCIAMO LE CORNA - Riflessioni

La morte è un argomento che, al solo accenno, a un buon numero di persone fa muovere automaticamente la mano in segno di scongiuro, anche se il parlarne non ha mai abbreviato la vita a nessuno.
Se ne dovrebbe parlare sin dalla prima infanzia, perché i bambini costruiscono con logica i loro ragionamento, meglio di noi adulti. Il tenerli lontano dalla morte dei nostri parenti non li aiuta a crescere nella consapevolezza che la nostra vita ha un limite.
Sin dalla nascita siamo educati e cresciamo come se la nostra vita avesse durata illimitata. Questo “peccato originale”, rubandoci la consapevolezza del tempo limitato di cui disponiamo, inquina i nostri rapporti umani togliendoci gran parte della gioia e serenità che ci sarebbe toccata.
Sappiamo tutti che non è facile immergerci ogni momento nella consapevolezza della nostra caducità. Non è facile per uno che crede in Dio e non lo è per chi non crede a nulla.
Per il credente il trapasso dovrebbe essere un fatto del tutto naturale, la realizzazione di un atto di fede.
Per una tipologia di non credente (positivo) basta un comportamento corretto e onesto con le persone per la miglior convivenza possibile su questa terra; per un’altra (negativo) è lo sfruttare tutte le occasioni piacevoli che si presentano perché con la morte si esauriscono tutte le possibilità.
In ogni caso per essere sempre pronti “con la valigia in mano” dovremmo essere Santi. E non è un’ affermazione di scoraggiamento o di impotenza bensì la presa di coscienza di essere imperfetti e di aver bisogno, i credenti, della misericordia di Dio per poter guadagnare la vita eterna, un equilibrio psico-fisico basato su ciò che è bene e ciò che è male, per i non credenti.
I non credenti (positivi) potrebbero dire: io sono onesto e vivo d’amore e d’accordo con tutti e faccio una vita serena fino alla fine dei miei giorni: il dopo non mi riguarda. Sappiamo però che nessuno è capace di non compromettere mai alcuna relazione per tutta la vita; e poi, quando è il momento, davanti al nulla, è così tranquillo il passaggio?
Lo strappo del distacco da questo mondo genera un sentimento di paura dell’ignoto, un sentimento umano che attesta la nostra fragilità: per mancanza di fede o perché la presunta razionalità non è in grado di spiegare questo mistero.
Solo una grande fede può alleviare il passaggio alla vita eterna. “Io invidio voi che credete nell’aldilà perché avete una speranza che io non ho” ebbe a dirmi un’amica un po’ di tempo fa. Questa è ciò che differenzia i credenti dai non credenti: la speranza che, sostenuta dalla fede, ci concede di prepararci, con trepidazione si, ma con la sicurezza sul nostro futuro. Tutto questo sarebbe automatico se fossimo davvero seguaci di Cristo; ma siccome siamo lontani dall'essere “trafitti” dalla sua passione, abbiamo paura della morte e continueremo ad averne fino a quando avremo accettato di averla a fianco sul cammino della nostra vita.
Infatti “prima di essere credenti dobbiamo essere credibili” ci diceva P. Abramo agli esercizi spirituali, e per essere credibili bisogna essere esemplari col proprio comportamento quotidiano.

Se la morte ci accompagnasse come un Angelo custode potremmo anche scherzarci insieme e, come nella barzelletta, dirle: “Diga al Signur che ta met mia troat”. Potremmo scoprire che a non demonizzarla riusciamo a campare di più.

lunedì 20 novembre 2017

L'ITALIA UNA FAMIGLIA

Vorrei che l’Italia fosse come una famiglia.
Flessibile nel chiedere soldi in base alle necessità, e in base al reddito “famigliare”.
Più determinata a difendere il cittadino disponendo di adeguate risorse, umane e tecniche.
Più determinata ad individuare coloro che le tasse non le vogliono pagare.
Più determinata a difendere la famiglia.
Più determinata e più celere nell’affermare la giustizia.
Più determinata ad espellere dal proprio territorio tutti gli stranieri che costituiscono un pericolo per la collettività o che palesemente non ne accettano le regole.
Più determinata a procedere sulla via della ricerca, consapevoli che è la sola nostra arma vincente per la nascita di nuove imprese.
Più determinata nel conservare e mettere a disposizione il grande patrimonio museale e turistico che possediamo favorendo la nascita di infrastrutture a sostegno che favoriscano l’afflusso turistico.
Più determinata a difendere gli anziani con servizi adeguati all’allungamento della vita, specialmente da parte del SSN.
Più determinata a difendere le pensioni di chi ha lavorato rispetto a quelle di chi non lo ha fatto o non ha versato contributi, naturalmente salvaguardando la dignità di ognuno.
Favorire il lavoro dei giovani incentivando le imprese all’assunzione degli studenti meritevoli nelle scuole.


Con queste caratteristiche penso che peserebbe meno pagare le imposte.

giovedì 9 novembre 2017

4 NOVEMBRE PER CHI?


Ogni anno lo stesso copione! Su tutte le piazze d’Italia si commemorano i caduti di tutte le guerre (è già un miracolo di questi tempi), ma quale strazio nelle solite parole d’occasione pronunciate davanti ad una platea striminzita e fredda.
A Caino sono bastate due gocce di pioggia per ridurre i partecipanti a un numero insufficiente a fare degna corona. Per fortuna, come testimonianza militare c’era un nutrito gruppo di alpini e qualche fante. Che tristezza! Come siamo lontani dal condividere il sacrificio dei morti che ogni anno leggiamo sul monumento. Come siamo lontani dal sacrificio delle mamme e nonne che salivano in ginocchio al santuario della “Madonna delle Fontane” per implorare l’incolumità dei loro congiunti. Come siamo lontani in coerenza nel parlare di pace dimenticando quello che costa in vite umane e distruzione la guerra, assentandoci nel momento del ricordo. Come siamo lontani (e incoerenti ancora una volta) allontanando i bambini delle scuole, salvo pochissime eccezioni, dal monumento dei caduti; facciamo visitare le fattorie, amare gli uccellini e i cani ma al monumento dei caduti non facciamo portare un fiore durante l’anno scolastico. Come siamo lontani perfino dai nostri avi se dimentichiamo che, se anche non compaiono nella lista dei caduti (grazie al Cielo), hanno combattuto per difendere la nostra Patria. Come siamo lontani dall’avere piena consapevolezza di avere una Patria comune da difendere dalle ostilità che provengono da ogni parte, pur rimanendo aperti alla collaborazione con il mondo intero per il bene dell’umanità.

Solo l’esempio e la convinzione nel ritenere che celebrare i caduti non significa solo ricordare dei morti, ma ritrovarsi per mantenere viva la fiaccola per una Patria libera, giusta e solidale (ancora lungi dal realizzarsi), può contagiare questa società portandola all’autocelebrazione, cioè una festa propria, una festa per ognuno di noi. A Caino con un po’ di buona volontà si può.

martedì 7 novembre 2017

PROGETTO BŐTA VIÀ NIÈNT

           
  
In occasione della “Sagra del marrone” svoltasi a Caino il 15 0ttobre scorso, ha mosso i primi passi il “Progetto böta vià niènt” del Gruppo Pensionati Caino esponendo alcuni degli articoli donati dalla popolazione. Si tratta di pura testimonianza del passato, oggetti riguardanti la vita domestica, l’artigianato, il tempo libero, ecc.
“La trasformazione di questo progetto in una esposizione vera e propria”, riferisce la presidente dell’Associazione, “è strettamente collegata all’interesse della popolazione ad averla, mettendo a disposizione le testimonianze del passato che possiede in modo che le proprie unite a quelle degli altri possano rimanere nel tempo a completare ambienti e mestieri”. Se il futuro si può vedere dal numero crescente delle persone che ci credono donando qualcosa, tra non molto Caino avrà il suo piccolo Museo.

                                      







lunedì 6 novembre 2017

TAPPARE I BUCHI O CAMBIARE COPERTA?


La coperta corta dell’INPS assomiglia molto al cane che si morde la coda. L’Istituto, tacendo sulla necessità di separare la “previdenza” dall’ “assistenza”, asseconda gli esecutivi nell’idea ottusa di mescolare interventi diversi che creano confusione e non permettono una corretta informazione sulla reale situazione dei conti e della sostenibilità della spesa pensionistica.
La differenza tra assistenza e previdenza nasce dall’articolo 38 della nostra Costituzione che identifica la prima nel capitolo 1 e la seconda nel capitolo 2.
L’assistenza ha come obiettivo quello di tutelare i soggetti in condizioni di bisogno ed è attuata direttamente dallo Stato, Regioni ed Enti Locali con risorse derivanti da imposte. Può esplicarsi in forme diverse: economiche o prestazioni sociali.
La previdenza si basa, invece, su prestazioni derivanti esclusivamente dai contributi versati durante l’attività lavorativa (da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro). Si tratta, in sostanza, di un salario “differito”.
Tutti devono poter vedere quanto sia falsa l’dea che il sistema di previdenza (cioè la raccolta dei contributi dei lavoratori impiegati per il pagamento delle pensioni regolari) sia in deficit, e quanto pesa invece l’assistenza per tutti gli altri interventi che sono stati appioppati all’Istituto, come la Cassa Integrazione, le integrazioni pensionistiche, l’invalidità civile, le indennità di accompagnamento e tante altre voci. Vogliamo affidare tutto all’Inps? Facciamolo pure, mantenendo però separate le gestioni in modo che ognuna sia sempre trasparente e quando si parla di pensioni si sappia sempre se sono sostenibili o per quanto non lo sono, lasciando alla fiscalità generale quello che non attiene al sistema.
Se tutta la propaganda a scapito dei pensionati fosse fatta a favore della trasparenza, nei fatti e non nelle parole, troveremmo molte più persone di buon senso a fare proposte affinchè i conti possano tornare e i problemi risolti.
In questo momento c’è sul tavolo dell’esecutivo la richiesta di bloccare l’automatismo che porta ad andare in pensione più tardi quando l’aspettativa di vita aumenta. Il presidente Inps se l’è cavata con un “…guardiamo il bicchiere mezzo pieno: campiamo di più”; se avesse fatto il camionista o l’addetto alle colate o il muratore quella battuta se la sarebbe risparmiata. I numeri non hanno sentimenti, sono freddi nella loro espressione e se si guardano senza tener conto da dove provengono e cosa devono generare tolgono qualsiasi contatto con la realtà e ai bisogni dei quali la società è permeata.
La spasmodica ricerca di voti, come sterco del diavolo, impedisce un civile confronto sulla “coperta disponibile” per cercare una soluzione che rispetti giustizia e solidarietà. La nostra è una società perversa nella quale non si può togliere a chi ha di più per dare a chi ha di meno senza sollevare ricorsi alla Corte di Strasburgo. Non si possono limitare i privilegi, che sono ancora tanti, senza che si alzi il grido “non si toccano i diritti acquisiti” ma ancora nessuno è riuscito a spiegare la differenza tra il grido dei ricchi e quello dei poveri elevatosi dopo la spietata Legge Fornero.
Buonismo, clientelismo, opportunismo, servilismo, disfattismo, insieme alla miopia dovuta alla gestione del potere, continuano ad impedire la risurrezione di una nazione come l’Italia che potrebbe benissimo vivere nel benessere assicurando giustizia e solidarietà. Si dà spesso la colpa alla burocrazia senza tener conto dell’opposizione che le forze politiche hanno frapposto ad ogni tentativo di semplificarla veramente.
A nessun giornale o testata televisiva, men che meno ai politici, interessa studiare la solidarietà offerta dagli italiani al terzo settore, solidarietà economica e prestazioni di volontariato; se lo facessero scoprirebbero quanto è viva l’aspirazione a una vita sociale moderna e rispettosa della dignità di ognuno. Ma questo traguardo di maturità pretende che le Istituzioni per prime diano l’esempio e abbandonino la sterile polemica politica per risolvere uno ad uno i problemi che sono sul tavolo: quello della previdenza è uno dei più importanti.
La richiesta di bloccare l’automatismo di uscita dal lavoro è fattibile? A mio parere in questa prima fase non è possibile se non per pochissime categorie usuranti, e anche in questo modo non è facile trovarne la copertura, ma ci si può arrivare. Come? Innanzitutto mettendo mano alla riforma della Giustizia per avere tempi certi (e corti) per ogni grado di giudizio. In secondo luogo le leggi dovrebbero poter essere applicate dai giudici immediatamente e non interpretate a seconda di una propria dottrina. Ogni rappresentante dei cittadini, eletto ad ogni livello, dovrebbe essere sospeso senza compenso subito dopo la condanna di primo grado; qualora fosse dimostrata la sua innocenza nei gradi successivi, dovrebbe aver diritto agli arretrati e all’integrazione nel suo ruolo per tutto il periodo di legislatura che gli è stato sottratto sottoponendosi alla procedura giudiziaria. Fatta una giustizia così non dovrebbe essere difficile passare a ulteriori passaggi legati a minori spese e a maggiori incassi. Le minori spese potrebbero essere, per esempio, l’abolizione dei bonus a pioggia, la riduzione delle detrazioni fiscali per interventi non strategici, la riduzione degli interventi militari all’estero e la dismissione di tutte le strutture militari non più necessarie a mantenere il grado necessario di difesa nazionale. Le maggiori entrate potranno essere assicurate da un maggiore controllo investigativo sui patrimoni per reprimere l’evasione, ancora molto elevata; un’altra fonte potrebbe derivare da un’imposta di solidarietà sui patrimoni più alti su base famigliare (come l’ISEE) e l’aumento del costo orario per i lavori prestati per breve periodo. Sicuramente le risorse non basteranno ancora, ma dopo queste iniziative la concertazione con le parti sociali saprebbe recuperare la differenza.
Mafia in genere e corruzione se debellate risanerebbero in breve l’Italia dal debito pregresso e la lancerebbe nell’Olimpo dei virtuosi. Ciò significa che maggiori controlli assicurano maggiori entrate a prescindere, oltre che a creare maggiore sicurezza. Maggiore sicurezza accompagnata da una snella burocrazia attirerebbe interesse internazionale e quindi ulteriori risorse.  Invece che migliorare la macchina dello Stato si continua a perseguire la riduzione delle spese nei servizi essenziali aggravandone il costo per il cittadino che si impoverisce, poi diamo il bonus per compensare quello che abbiamo tolto.

Riepilogando: se non si fanno controlli per recuperare imposte evase, non si ha coraggio di imporre solidarietà ai ricconi, si sperperano risorse pubbliche, non si ha una giustizia giusta e non si hanno politici esemplari è meglio fare fagotto e lasciare che altri si cimentino a guidare l’economia nazionale, perché matureremo la pensione dopo morti e vana sarà la speranza di trasformare il nostro paese in una macchina moderna studiata (ricerca), collaudata (aiutata) e produttiva (perfetto equilibrio tra ottimi servizi erogati e costi sostenuti). 

venerdì 20 ottobre 2017

IL MARRONE E LA FESTA CHE UNISCE

Quasi una settimana dopo l’evento, non è troppo tardi per valutare quello che è passato tra noi cainesi (e tutti i visitatori) con la manifestazione della “Sagra del marrone”.
Per qualcuno sarà stata pure una mera festa paesana, ma con un po’ di attenzione si è potuto osservare uno spiegamento di associazioni che sono in costante attività nel paese e la scoperta, per tanti, dei talenti artistici presenti. Uscendo dall’ufficialità dell’evento celebrato all’interno e all’esterno della palestra del Centro Sportivo, è balzato subito evidente l’impegno volontario di ogni singola associazione nel dare il proprio contributo secondo le proprie specificità. Innanzitutto gli alpini, presenti spesso col loro impegno personale nelle varie manifestazioni e altrettanto spesso discrezionalmente “mimetizzati” tra la gente o dietro le quinte; la Polisportiva, sapientemente guidata, che ha conservato negli anni l’energia per poter continuare ad offrire ai giovani un servizio, tanto importante per lo sviluppo della personalità, come lo sport;  il Vac-Protezione Civile sempre pronto ad intervenire sui nostri monti ancor prima che noi sentiamo il fumo e subito in movimento quando le piogge si fanno pericolose; splendidi i pannelli esposti da Riccardo Ciulli, Elisa Tosetti, Stefania Seggioli, Alessandra Ferrami, Luca Minelli e Nicola Gatelli che verranno esposti sulla provinciale di fronte alle antiche mura della “Rocca del Gallo” che testimoniano, col tempo dedicato alla loro realizzazione, l’attaccamento degli artisti al loro paese; Rio de Oro, opera caritatevole per l’accoglienza dei bambini del Saharawi, vede tradizionalmente, ormai da tempo, l’impegno di mamme e giovani che ogni anno dedicano un po’ del loro tempo per questi bambini sfortunati; gli amici del Presepio capitanati da Bruno Mora che, essendo anche motore degli alpini, è come il prezzemolo, lo trovi impegnato un po’ ovunque, in questo caso riesce a dirigere un gruppo pluripremiato che ogni anno arricchisce la già splendida rappresentazione, quest’anno con la Madonna e S. Giuseppe adoranti; il Gruppo Teatro con le foto esposte ricorda la passione della recita e la condivisione di un’opera con il pubblico; il Gruppo Fotografico ha saputo trasformare anch’esso la passione con la condivisione delle immagini più belle, certamente una ricchezza e un ricordo per tutta la comunità; il Gruppo Gas è una realtà ormai consolidata che si è presentata simbolicamente ma è da considerarsi una vera risorsa economica per tutte le famiglie che vi aderiscono; l’Avis sezionale ha donato agli avisini di Caino la scultura dell’artista Bertoli come riconoscimento alla storia del Gruppo locale e, soprattutto, per il gran numero di donazioni che offre; i Gnari della Valle di Bertone sono impegnati nel presidiare la valle e nel renderla godibile anche culturalmente oltre alle bellezze naturali; il Gruppo Pensionati col suo progetto “Böta vià niènt” si è presentato con una graziosa vetrinetta di oggetti antichi e attrezzi da fabbro e muratore, vuole raccomandare ai compaesani di non buttare via niente di quello che può rappresentare un ricordo dei tempi passati; per la gioia dei bambini il Peo ha portato pecore e capre, per i grandi ha portato invece la sorprendente moglie Meris, ricca di ingegno, che ci ha fatto conoscere le sue opere e da esperta cesellatrice del legno qual’è si è esibita in uno sgrossamento di un tronco con la motosega.
Intorno a queste associazioni vendita di prodotti tipici come il marrone, il miele, il cinghiale, il salame, il formaggio e articoli artigianali vari  di hobbistica.
Purtroppo non tutte le associazioni hanno avuto lo spazio che meritavano, “la diretta va di fretta”, ma certo è che tutti quelli che hanno visitato gli stand hanno apprezzato la disponibilità e lo sforzo profuso ed ora le conoscono un po’ meglio.

Sotto il tendone sono state servite 240 porzioni di spiedo dai volontari sotto la supervisione di Gianni Crippa, responsabile della “sagra” per Caino, mentre sul palco si esibivano i “Selvaggi Band”.

mercoledì 6 settembre 2017

ATTENTI AI TRE

La parola più diffusa al mondo penso che sia “amore”. Ma questo sentimento, così ricercato, è sfuggente come un’anguilla: quando credi di possederlo ti scappa via senza che tu possa fare nulla per trattenerlo. Tutto per colpa di almeno tre organi del nostro corpo: gli occhi, la bocca e le mani. I genitori non insegneranno mai abbastanza ai loro figli l’esercizio dei muscoli che li azionano.
Gli occhi.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Possono essere trasparenti o impenetrabili; innocenti o colpevoli; sereni o misteriosi. L'espressione deriva dalla personalità, da come l’individuo è abituato a guardare la realtà quotidiana.
La bocca.
La bocca è l’organo che forma il sorriso, la più bella risorsa di una persona. Anche questo deriva dalla personalità ed abbonda sulla bocca di chi è stato educato alla positività della vita.
Le mani.
Le mani non sono solo il mezzo per servire il proprio corpo, sono anche un mezzo di comunicazione. Una stretta di mano calorosa non parla allo stesso modo di una stretta fugace; una mano incoraggiante sulla spalla di un amico scalda il cuore; le carezze sono segno di affetto; e comunque tutti i contatti che le mani hanno nei confronti delle persone segnalano un avvicinamento, un affinità; al contrario la resistenza al contatto segnala freddezza e distacco verso l’altro.
L’incontro con una persona dagli occhi sereni che con un grande sorriso ti stringe calorosamente la mano è senz’altro quello di un amico che ti può toccare il cuore.
L’assenza di uno dei “tre”, invece, obbliga a un maggiore approfondimento: tristezza, paura, timidezza, dolore possono essere i sintomi più comuni; ma anche cattiveria, egoismo, superbia, avarizia e discriminazione. Occhio ai tre! Impariamo ad osservarli per … capire la persona o le persone con le quali vogliamo camminare.

domenica 9 luglio 2017

IL CAMMINO DI SANTIAGO: UNA MODA?

Tornando da Santiago mi sono imbattuto in affermazioni come questa: il cammino di Santiago è diventata una moda.
Fermo restando che le impressioni, le esperienze e il beneficio ricevuto da questo camminare è mio personale e lo voglio condividere solo con chi vuole veramente sapere cosa succede a fare 800 km con uno zaino in spalla, mi sorgono spontanee alcune domande da porre a chi non sa calarsi dentro quello che senza giustificazione alcuna viene considerato una “moda”.
Innanzitutto:
1.      che moda è faticare a camminare per un mese con situazioni climatiche spesso pesanti per il cammino e spesso per il morale?
2.      che moda è quella di dormire in camerate promiscue dove tutte le notti sono disturbate da pellegrini che russano?
3.      che moda è quella di mangiare un panino a mezzogiorno per un mese di seguito?
4.      che moda è quella di lavarsi i panni tutti i giorni e attendere pazientemente che asciughino?
5.      che moda è quella di rischiare di essere vittima di animali indesiderati annidati in materassi o coperte usati da migliaia di persone prima di subire un lavaggio?
6.      che moda è quella assicurarsi poche o tante vesciche ai piedi o rischiare tendiniti che difficilmente si dimenticano di te?
7.      che moda è quella di portarsi con sè problemi propri e degli altri fino alla fine del cammino?
8.      è per moda che taluni si trascinano a piccoli passi con tendiniti, ferite e piedi gonfi fino alla Cattedrale di Santiago?
E poi:
è vero che tra i presunti pellegrini ci sono opportunisti, turisti, e persone che vogliono compiere un’”impresa” lunga 800 km cercando un record, ma sono una piccola minoranza, che non deve distogliere l’attenzione sulla maggioranza che cammina determinata a raggiungere una meta, quella dell’Apostolo martire, ognuno per capire sè stesso o implorare per altri.
Reputo una fortuna aver avuto la possibilità di fare il Cammino di Santiago”, non tutti hanno la salute per poterlo fare o non ne hanno il tempo.
Pertanto cerchiamo di non cadere nella quotidiana e goffa abitudine di vedere nero anche dove c’è bianco; le persone che popolano il Cammino sono aumentate in proporzione ai disagi di cui loro o altri sono stati vittime nel tempo in questo tipo di società e vogliono tempi e spazi per riflettere.
Si può pensarla diversamente ma con una precisa riserva: quella di provare a fare il Cammino di Santiago.   

lunedì 17 aprile 2017

SI SENTE MA NON SI VEDE ...

Da noi è rimasto un detto: “C’è un’atmosfera che si taglia col coltello”. Spiega molto efficacemente come una persona capitata per caso in un ambiente pieno di tensione ne sia a sua volta coinvolto per averne avuta la percezione. Stiamo parlando di quell’energia impalpabile che è intorno a noi e dentro di noi e che condiziona ogni nostro comportamento quotidiano. Tutti i nostri sensori, attraverso le parti del corpo, si collegano al sistema nervoso, al cervello (che noi un po’ eufemisticamente chiamiamo cuore), e quest’ultimo prende delle decisioni.
E’ questa energia che crea il “clima” e può essere favorito da persone che siano protagoniste o spettatrici. Qualche esempio: vedere un papà o una mamma giocare col proprio bambino rasserena il cuore e favorisce l’incontro; viceversa vedere un bambino maltrattato (da chiunque) rende incandescente e carico di tensione la partecipazione a questo momento. Meno pesante, ma eloquente, il fastidio prodotto dalla prepotenza di una persona che ne umilia un’altra; effetto di piacere si ha nel vedere uno che aiuta un altro, con passione e con impegno, a superare un problema. Quindi anche i vizi e i difetti influiscono sulla percezione.
Anche chi va in chiesa con fede “respira” un’atmosfera raccolta e devota oppure distratta e formale, a seconda dei casi. Perfino nei luoghi di pellegrinaggio mariano si avvertono sensazioni diverse, e i pareri raccolti dai partecipanti lo attestano. Mi son sentito chiedere spesso: se la Madonna è una sola non è uguale ricordarla in un posto solo e non in tutti i posti dove è apparsa? Ho frequentato diversi luoghi di apparizioni mariane e posso assicurare che il cuore non è sempre lo stesso. Neanche i luoghi dove la Chiesa ha negato ci sia stata veramente un’apparizione fanno eccezione. Medjugorje, per esempio, continua a vedere numerosissime conversioni. Quelli che sono andati in Terra Santa possono affermare di essere rimasti indifferenti sui luoghi calpestati da Gesù?
Nelle nostre relazioni con la società e con la natura viviamo sensazioni sempre diverse che ci fanno stare bene o male e che testimoniano la “misura” della nostra umanità. Se qualcuno ha avuto la fortuna di avere un colloquio col Vescovo o addirittura col Papa, non potrà affermare di essere rimasto indifferente. Chi si immerge nella natura incontaminata prova una pace profonda, al contrario di chi è costretto a stare nel traffico. Chi ascolta la musica è portato a sentire un rilassante benessere, al contrario dell’udire il suono sguaiato di persone che litigano. E tante situazioni ancora.

Il nostro futuro lo costruiamo anche cercando di privilegiare l’ascolto dell’atmosfera intorno a noi, sfuggendo quella che riconosciamo falsa e superficiale a favore di quella densa di relazioni autentiche.

domenica 2 aprile 2017

AUMENTA LA TARI

La situazione finanziaria dei Comuni non accenna a migliorare, grazie anche ai giochi politici portati all'estremo pur di conservare una visibilità, a scapito degli interessi dei tartassati cittadini.
Rimane tuttavia difficile da comprendere la facilità con la quale le amministrazioni locali ricorrono all'aumento delle imposte e delle tasse. Sulla TARI (o tassa rifiuti che dir si voglia) la passata amministrazione aveva già aumentato le tariffe per far fronte alla costruzione dell'Isola Ecologica; ora l'attuale ha inglobato gli incassi di quell'aumento, passati e futuri, nel nuovo servizio ma nel frattempo ha aggiunto un altro aumento che il cittadino dovrà pagare ringraziando la lungimiranza dei suoi amministratori. Non è che per la sistemazione della "Scalinata" ci verrà richiesto di pagare l'Addizionale Comunale? E che tasse dovremo pagare per finire il cimitero? E per tutte le altre opere promesse nelle campagne elettorali, mai mantenute?
Pensiamo davvero che bastino le sagre e tutti gli incontri promossi dall'assessorato alla cultura per soddisfare le esigenze dei cainesi? Possiamo indurli a capire che le casse sono vuote, difficilmente ad accettare nuove gabelle nel momento in cui molte famiglie faticano a tirare avanti.
Scaricare le colpe sulle amministrazioni precedenti non paga: anche l'attuale ha privilegiato delle scelte anzichè altre destinando risorse ad un settore piuttosto che un altro scontentando qualcuno.
Purtroppo fatico a vedere amministrare come un "buon padre di famiglia" e forse l'amarezza e lo scontento passa da qui. Se mi sbaglio qualcuno mi "corigerà".  

mercoledì 22 febbraio 2017

COSCIENTICIDIO


Le parole appena espresse da Dario Franceschini nel suo PD in fibrillazione, “Fermiamoci”, sarebbero da gridare al mondo intero. Libero da ogni seria regolamentazione dei comportamenti sociali l’individuo si sta lanciando in esibizioni inumane e anti-sociali che ci stanno portando inesorabilmente verso il baratro. Il baratro consiste in una nuova “Babele” dove nessun popolo riesce a dialogare con l’altro rivaleggiando fino alle estreme conseguenze. Il conteggio è già iniziato, in nome di un presunto “legittimo” diritto ad avere la precedenza, che nasce da un egoismo “vero”, molti oppongono una ingiustificabile resistenza alla solidarietà verso una moltitudine di concittadini bisognosi e tanti popoli martoriati e disperati, gli stessi popoli che fuggono dai soprusi e dalle violenze perpetrati da mostri del terrore. I più indifesi muoiono in gran numero nell’indifferenza di tanta buona gente. E questo succede perché già all’interno di ogni famiglia si annida l’incomprensione, l’egoismo, l’invidia e i genitori paiono impotenti a indirizzare sul binario giusto l’educazione dei propri figli. Tutto deve essere permesso a tutti, senza che alcuno possa intervenire per limitarne la perversità: solo al povero, all’indifeso, al perseguitato, allo sfruttato non è concesso nulla.
Guadagnare in modo illegale, rubare, corrompere, evadere i tributi, imbrogliare, sfruttare è da molti considerata una forma legittima di difesa contro i soprusi della Pubblica Amministrazione; la colpa non è mai personale. Infatti è gioco facile scagliarsi contro il potere che si arricchisce a dismisura e senza pudore, ma sono le stesse persone che abbiamo eletto perché ci promettevano molti “benefici”, scartando invece coloro che ci prospettavano il cambiamento basato sulla giustizia sociale. C’è l’incapacità dell’individuo di entrare in una fase “rigeneratrice” basata sulla difesa dei più deboli (che non significa appagare i parassiti) attraverso risorse ricavate dalla solidarietà; prova ne è la strenua opposizione alla solidarietà perfino da coloro che, come rappresentanti politici e amministrativi, hanno goduto di privilegi che mal si conciliano con l’attuale condizione di tanti concittadini.
Ci serve una scuola elementare che ci istruisca e ci obblighi al rispetto e alla solidarietà verso gli altri, in famiglia e nella società, pagando il dovuto per avere servizi efficienti organizzati da “persone” efficienti (Pubblica Amministrazione e Potere politico). Ci serve una nuova coscientizzazione che ci ridia il discernimento e la voglia di essere società ben organizzata e attenta ai bisogni reali dei suoi componenti. Femminicidio, razzismo, pedofilia, bullismo, corruzione sono il segno evidente che abbiamo ucciso il “cuore”, la coscienza che troppo spesso non sa distinguere il giusto dall’ingiusto e che nei bambini e nei ragazzi già si comincia a vedere sui bus. Fermiamoci prima che sia troppo tardi! 

martedì 7 febbraio 2017

DEVE SENTIRSI SOLO?

Mi chiedo quanto serva lo sdegno per un’azione platealmente vile, si, ma allo stesso tempo da mettere in conto, a fronte dei grandi passi con i quali ci precede Papa Francesco guidandoci verso la tolleranza e l’amore. Infatti il livore dell’anticlericalismo oggi non sarebbe comprensibile davanti all’opera di pulizia intrapresa da Francesco all’interno della Chiesa; è invece perfettamente logica se si giudica tutto questo opera del demonio. Lui crea il male e le lacerazioni all’interno dei ministri della Chiesa (e tra noi stessi) e poi si delizia a tormentare le loro e nostre miserie, ma soprattutto se la prende con chi ha capito la sua strategia e cerca in ogni modo di contrastarla. Non è una novità, i Santi ne sanno qualcosa.
Ci sarebbe piuttosto da chiedersi: ma noi, riflettiamo veramente su quello che il Papa va dicendo? O ci facciamo abbindolare dai soliti “dispensatori di verità” che sanno vedere solo i difetti del clero e mai i loro o quelli di chi li rappresenta? Costoro sono quelli che guardano l’avvicendarsi degli avvenimenti sociali e politici tifando or per un leader or per l’altro, sbagliando sempre, accumulando delusione e rabbia in continuazione. Il sistema politico e sociale italiano è rimasto fermo con i suoi gravi e conclamati difetti da decenni, mentre la Chiesa, con gli ultimi papi, ha riconosciuto i propri errori e chiesto perdono a Dio e ai fratelli; Papa Benedetto e Papa Francesco hanno iniziato a pulire “l’aia” della Chiesa cercando di ricondurre le finalità delle variegate componenti il mondo cattolico all’unità con i fratelli. Si può ritenere che ci sia molta strada da fare, ma è l’unica istituzione ad aver fatto dei “veri” progressi verso tutta la società contemporanea. Riordiamoci sempre che il Papa è ritornato a ricoprire il ruolo che Gesù ha affidato a San Pietro, e non è quello di gendarme.
Un piccolo spunto su cui riflettere (fa bene anche ricordare): gli unici in Germania a battersi contro Hitler e le sue teorie ariane sono stati pochi cristiani coraggiosi della Chiesa confessante (guidati da Bonhoeffer) che hanno pagato con la vita la loro indisponibilità a tradire il messaggio evangelico. Sono stati abbandonati da tutti in cambio della “tranquillità”.
Questa era la bandiera degli altri cristiani: cristiani tedeschi
Stiamo ripetendo gli stessi errori: in cambio di “tranquillità” ci accodiamo all’andazzo attaccando ogni messaggio di speranza, di solidarietà e di amore che persone di coraggio (numerosi parroci di paese, rappresentanti delle Congregazioni religiose, esorcisti, laici impegnati) non si stancano di ripetere in nome di una società da salvare dall’abisso; ci lascia del tutto indifferenti perfino che i cristiani siano i più perseguitati al mondo. E cosa sono, dei puri? Certo che no, sono umani e come tutti noi sono insieme bene e male, cercano di seguire coerentemente un percorso e ostinatamente rimangono sulla stessa strada perseguendo i loro ideali. Ma ad onor del vero a sacrificarsi per i bisognosi loro ci sono.

Non dobbiamo preoccuparci dunque di un manifesto (a sottolinearne l'immoralità è la sua commercializzazione in internet, e la viltà degli autori è attestata dalla difesa di numerosi quotidiani) ma quanto crediamo nell’opera di papa Francesco e quanto vogliamo che non si senta solo nel compierla.

venerdì 3 febbraio 2017

CAINO SENZA PRETESE

Il 1968 con le lotte operaie, il Movimento Studentesco e il rifiorire di partiti e associazioni, sembra tanto lontano nel tempo da far sorridere chi fosse indotto a parlarne. Quel periodo, come tutti i periodi della Storia, non ha risparmiato errori, anche gravi, ma sicuramente un pregio l’ha avuto: quello di uscire dalla rassegnazione e puntare alla tutela della persona umana nella società. Effetto che è rimasto per diversi anni dopo quegli avvenimenti. Quello che la mia generazione non è riuscita a capire è l’ipocrisia delle “cicale” andate ad accodarsi alla “rivoluzione culturale” di quel periodo come “guru” della nuova democrazia e che dovevano trasformare quello che era stato detto sulle piazze e nelle fabbriche in leggi, che non è stato fatto. Fino agli anni 80 anche Caino dibattè sulla necessità di avere una vera giustizia sociale, basata naturalmente sulle risorse disponibili. In quell’epoca Ermanno Gorrieri scrisse un “libro bianco” sull’argomento. Istanze come quelle non vennero mai considerate dalla classe politica, non potevano seguire la coerenza degli eventi, oggi più che mai, capiamo il perché: il “potere” si regge sugli interessi e senza il sostegno delle lobby non c’è potere. Certamente ci furono dei politici avveduti e onesti e non sono certo io in grado di giudicare se la loro permanenza sugli “scranni” per manifestare la propria opinione abbia o no giovato al miglioramento della politica.
Quello che è evidente oggi è che è andato approfondendosi il fossato tra il politico e il cittadino. Vuol dire che i tentati golpe, le stragi fasciste, le BR hanno reso il “potere” intoccabile. Ci mancava la precarietà causata dalla crisi economica a mettere il bavaglio a tante singole espressioni per la paura di ritorsioni o per il timore che il proprio parere possa lasciare traccia.
Mi siamo veramente in queste condizioni? A meno che le espressioni di face-book non contino nulla, direi proprio di no. Allora perché sui temi più importanti della nostra vita attuale, la povertà, il lavoro, il territorio sempre più devastato, investimenti, l’immigrazione i partiti e le associazioni non si schierano? Tutto tace. La politica si fa con i talk schow per mostrare nuovi (o soliti) volti e poi metterli sul “mercato”. Questa non è Politica. I terremotati, appena ieri (2 febbraio 17), hanno incontrato a Roma i presidenti di Camera e Senato per invocare maggiore celerità nella ricostruzione; poche ore dopo, la discussione in senato sullo snellimento delle operazioni burocratiche, avveniva con solo 11 presenze. Questa si chiama mancanza di rispetto. E voi rappresentanti politici non vi vergognate a non prendere apertamente posizione su questi comportamenti?
Ma se vero che tutto parte dal basso (???) basta osservare quanto partiti e associazioni (culturali) sanno esprimere il proprio pensiero a Caino. Penso che dai manifesti murali della Fenotti & Comini non ci sia stato più alcun segno di espressione politica di nessun partito. Gli unici (per una sola volta) a parlare di come un cattolico deve fare politica, sono stati i Salesiani. In nome della cultura si vanno presentando libri, spettacoli ed altro, mai di un vero problema  (in questo momento quelli amministrativi, pur importanti, non sono paragonabili, per esempio, al lavoro). Cosa pensa il PD, FI, Fratelli d’Italia, 5 Stelle e gli altri concretamente, per esempio, della povertà? E non occorre portare l’ascoltatore in sala: basta portare la sala all’ascoltatore, con un sito o blog web o con un volantino; faremmo un gran servizio alla comunità che non vive solo di rifiuti o di sport.

Caino appare rassegnata, in balia a piccoli problemi resi difficili nella realizzazione a causa della mancanza di fondi, della burocrazia e spesso dalle idee. Caino sembra non campare pretesa alcuna, se anche il paese è pieno di giovani è già vecchio perché dove non si confrontano idee lì non nasce nulla. Tanti aspettano il momento migliore, ma per dire che? Le solite baggianate elettorali di candidato alle prossime amministrative che non mostreranno mai quale individuo abbiamo davanti. Noi abbiamo invece bisogno di giovani che non si nascondono, anzi li vogliamo trasparenti, perché è da loro che dipenderà il nostro futuro.

sabato 14 gennaio 2017

VOCE NEL DESERTO ...

Siamo al culmine di un fenomeno d’immigrazione che ci ha colti del tutto impreparati ad affrontarlo e, quindi, ad approntare le misure necessarie per renderlo digeribile alla stragrande popolazione europea.
All’interno della UE addirittura ci sono stati contrasti al “calor bianco” tra le nazioni favorevoli a gestire il fenomeno e quelle contrarie ad ogni tipo di ingresso nel proprio territorio.
All’interno dell’Unione si è creata un’anarchia che rischia di condurla al disfacimento; i governi si sentono in diritto di contestare le decisione che il parlamento europeo decide a maggioranza; vengono innalzati muri, anche vicino ai nostri confini.
Gli inglesi, non disponibili ad accogliere i profughi, sono i primi a trarne le conclusioni e con un referendum decidono di lasciare la UE. Quello che è meno comprensibile al contribuente è come mai siedano ancora in quell’istituzione godendo dei relativi privilegi. Alcuni stati dell’est hanno invece incassato il loro gruzzolo e poi si sono messi di traverso alle decisioni prese in sede esecutiva. Comunque sia, l’Italia, priva di un vero e proprio sostegno economico e politico, continua ad addossarsi con grande fatica il peso dei salvataggi nel Mediterraneo.
In questa situazione è molto difficile pensare europeo. I politici continuano a non capire quanto sia pericolosa la disattenzione che dimostrano nei confronti dei cittadini europei. La stragrande maggioranza di questi è favorevole a una federazione di stati europei, ma vuole riconosciuta la propria identità, vuole contare, e vuole soprattutto vedere istituzioni che funzionano e che sono vicine ai problemi reali di ogni stato; vede invece una moltitudine di persone sfruttare la posizione di un’unione che non funziona ma che vuole accentrare su di sé potere e privilegi ottenuti col consenso di governi nazionali forti. Continuare ad ignorare il sentimento dei cittadini rendendoli impotenti e ininfluenti nelle sedi europee porterebbe ad ingrossare le fila degli anti europeisti e a vedere l’uscita di altri stati.
Cosa può fare l’Italia in simili condizioni? Innanzitutto dimostrare che in “casa sua” sa farsi rispettare. Gli stranieri richiedenti asilo devono essere tutti identificati:
se delinquono o creano danni importanti devono essere immediatamente espulsi, a costo di accompagnarli con nave militare;
se mostrano di odiare lo Stato o rifiutano le sue regole devono essere espulsi;
nell’insieme delle persone accolte secondo le regole europee devono essere inclusi anche i cittadini italiani senza tetto;
il trattamento delle famiglie accolte o degli extracomunitari già presenti non deve essere diverso da quello usato per la famiglia italiana;
è necessario creare una banca dati degli immigrati affinchè si possa verificare se i minori non accompagnati siano stati volutamente abbandonati;
la quota attribuita ad ogni comune in rapporto ai suoi abitanti, deve comprendere la popolazione extracomunitaria preesistente;
gli immigrati maggiorenni non dediti allo studio devono svolgere un servizio obbligatorio nel comune ospitante;
i simboli, le funzioni, l’arte, i canti e soprattutto l’insegnamento religioso sono quelli della cultura italiana e possono essere cancellati solo col consenso della maggioranza dei genitori di ogni plesso scolastico;
alla prima classe elementare devono essere ammessi solo gli alunni che, riguardo alla lingua, sono in grado di seguire la lezione, fatta eccezione per i disabili per i quali dovrebbe esserci la presenza di un insegnante di sostegno: sarebbe interessante favorire l’apprendimento veloce della lingua con uno spazio apposito fuori dalle lezioni;
fissare per i minori dei momenti obbligatori di integrazione con gli altri bambini della comunità in luoghi protetti.
Si dirà: ma questo ha un costo. Si ce l’ha! Infatti il nostro futuro è legato a quanto ognuno di noi è disposto a pagare per la sua sicurezza. L’Europa vuol farci diventare un enorme campo profughi, magari pagandoci il disturbo. Spero che tutto il popolo italiano condivida: No grazie!
Ma per far cassa bisogna anche sradicare una classe politica che è molto simile (fatte salve le solite eccezioni) a quella UE sostituendola con una che però all’orizzonte non si vede, e questo purtroppo significa non vedere investire somme importanti in progetti indispensabili al nostro Paese. Significa inoltre perseverare negli sprechi e nella corruzione e non occuparsi del patrimonio, più o meno importante, che rimane nel disinteresse e nell’oblio.
Se per un po’ abbandonassimo tutti la difesa d’ufficio di un partito o di un movimento che alla conoscenza dei fatti è per tutti indifendibile, e cercassimo invece di far sentire la nostra voce e le nostre idee, forse riusciremmo a rivitalizzare qualche progetto o qualche tendenza positiva sopra cui si sono seduti i nostri politici.
Se dovesse essere l’Europa a sanare le divisioni e mettere ordine prima che noi promuoviamo una qualche iniziativa, pagheremmo ben più caro prezzo, economico e politico.
L’Europa è stata una grande intuizione, ma doveva essere subito incanalata sul binario della federazione delle nazioni, dove c’è un esecutivo che si occupa dei “pilastri portanti” dell’unione, mentre ai singoli stati, nell’ambito di una Costituzione federale, viene lasciata una propria autonomia gestionale.
L’ottusità di alcuni stati che non vogliono dimenticare la loro presunta grandezza di un tempo che fu e la ricerca di un tornaconto economico, ha impedito e continua ad impedire che si costituisca una vera Federazione Europea, con tutto quello che comporta per essere solida e coesa.
Nel mondo attuale ci sono tantissime guerre e conflitti e ancora tanta fame: impossibile quindi impedire che chi sta male cerchi di raggiungere un minimo di pace e benessere.

Cessino quindi il pietismo, il buonismo e i discorsi di circostanza che lasciano agli altri la soluzione dei problemi. Servono progetti compatibili con le nostre risorse, minimi ma attuabili; non possiamo distribuire appartamenti a costo zero. Ci insegna l’esperienza del terremoto: quote di migranti in ogni paese e, dove non ci fossero locali da mettere a disposizione, costruire casette in legno a spese della comunità, recuperabili dal rimborso europeo.