Per i cristiani una
lezione dal Papa da non dimenticare. Il buonismo di chi non si ribella all'ateismo
imperante che vuole togliere ogni segno della cristianità giustificandolo come
rispetto delle altrui credenze, porta con se tutta la responsabilità per un
dovere non compiuto. Il cristiano ha infatti il dovere di attestare il suo “credo”
e di essere credibile e coerente, ma ha anche quello di difendere i segni e i
simboli della propria fede senza i quali non c’è più nemmeno la Festa: il
Natale o la Pasqua senza Cristo è un giorno lavorativo qualsiasi della
settimana. Potremmo anche arrivarci un giorno, ma almeno non sia per demerito
dei cristiani.
mercoledì 27 dicembre 2017
giovedì 23 novembre 2017
NON FACCIAMO LE CORNA - Riflessioni
La morte è un
argomento che, al solo accenno, a un buon numero di persone fa muovere
automaticamente la mano in segno di scongiuro, anche se il parlarne non ha mai
abbreviato la vita a nessuno.
Se ne dovrebbe parlare
sin dalla prima infanzia, perché i bambini costruiscono con logica i loro
ragionamento, meglio di noi adulti. Il tenerli lontano dalla morte dei nostri
parenti non li aiuta a crescere nella consapevolezza che la nostra vita ha un
limite.
Sin dalla nascita
siamo educati e cresciamo come se la nostra vita avesse durata illimitata. Questo
“peccato originale”, rubandoci la consapevolezza del tempo limitato di cui
disponiamo, inquina i nostri rapporti umani togliendoci gran parte della gioia
e serenità che ci sarebbe toccata.
Sappiamo tutti che non
è facile immergerci ogni momento nella consapevolezza della nostra caducità.
Non è facile per uno che crede in Dio e non lo è per chi non crede a nulla.
Per il credente il
trapasso dovrebbe essere un fatto del tutto naturale, la realizzazione di un atto
di fede.
Per una tipologia di non
credente (positivo) basta un comportamento corretto e onesto con le persone per
la miglior convivenza possibile su questa terra; per un’altra (negativo) è lo sfruttare
tutte le occasioni piacevoli che si presentano perché con la morte si
esauriscono tutte le possibilità.
In ogni caso per
essere sempre pronti “con la valigia in mano” dovremmo essere Santi. E non è
un’ affermazione di scoraggiamento o di impotenza bensì la presa di coscienza
di essere imperfetti e di aver bisogno, i credenti, della misericordia di Dio
per poter guadagnare la vita eterna, un equilibrio psico-fisico basato su ciò
che è bene e ciò che è male, per i non credenti.
I non credenti (positivi)
potrebbero dire: io sono onesto e vivo d’amore e d’accordo con tutti e faccio
una vita serena fino alla fine dei miei giorni: il dopo non mi riguarda.
Sappiamo però che nessuno è capace di non compromettere mai alcuna relazione
per tutta la vita; e poi, quando è il momento, davanti al nulla, è così
tranquillo il passaggio?
Lo strappo del
distacco da questo mondo genera un sentimento di paura dell’ignoto, un
sentimento umano che attesta la nostra fragilità: per mancanza di fede o perché
la presunta razionalità non è in grado di spiegare questo mistero.
Solo una grande fede
può alleviare il passaggio alla vita eterna. “Io invidio voi che credete nell’aldilà
perché avete una speranza che io non ho” ebbe a dirmi un’amica un po’ di tempo
fa. Questa è ciò che differenzia i credenti dai non credenti: la speranza che,
sostenuta dalla fede, ci concede di prepararci, con trepidazione si, ma con la
sicurezza sul nostro futuro. Tutto questo sarebbe automatico se fossimo davvero
seguaci di Cristo; ma siccome siamo lontani dall'essere “trafitti” dalla sua passione,
abbiamo paura della morte e continueremo ad averne fino a quando avremo
accettato di averla a fianco sul cammino della nostra vita.
Infatti “prima di
essere credenti dobbiamo essere credibili” ci diceva P. Abramo agli esercizi
spirituali, e per essere credibili bisogna essere esemplari col proprio comportamento
quotidiano.
Se la morte ci
accompagnasse come un Angelo custode potremmo anche scherzarci insieme e, come
nella barzelletta, dirle: “Diga al Signur che ta met mia troat”. Potremmo
scoprire che a non demonizzarla riusciamo a campare di più.
lunedì 20 novembre 2017
L'ITALIA UNA FAMIGLIA
Vorrei che l’Italia fosse come una famiglia.
Flessibile nel chiedere soldi in base alle necessità, e in base al
reddito “famigliare”.
Più determinata a difendere il cittadino disponendo di adeguate
risorse, umane e tecniche.
Più determinata ad individuare coloro che le tasse non le vogliono
pagare.
Più determinata a difendere la famiglia.
Più determinata e più celere nell’affermare la giustizia.
Più determinata ad espellere dal proprio territorio tutti gli
stranieri che costituiscono un pericolo per la collettività o che palesemente
non ne accettano le regole.
Più determinata a procedere sulla via della ricerca, consapevoli che è
la sola nostra arma vincente per la nascita di nuove imprese.
Più determinata nel conservare e mettere a disposizione il grande
patrimonio museale e turistico che possediamo favorendo la nascita di
infrastrutture a sostegno che favoriscano l’afflusso turistico.
Più determinata a difendere gli anziani con servizi adeguati all’allungamento
della vita, specialmente da parte del SSN.
Più determinata a difendere le pensioni di chi ha lavorato rispetto a
quelle di chi non lo ha fatto o non ha versato contributi, naturalmente
salvaguardando la dignità di ognuno.
Favorire il lavoro dei giovani incentivando le imprese all’assunzione
degli studenti meritevoli nelle scuole.
Con queste caratteristiche penso che peserebbe meno pagare le imposte.
giovedì 9 novembre 2017
4 NOVEMBRE PER CHI?
Ogni anno lo stesso copione!
Su tutte le piazze d’Italia si commemorano i caduti di tutte le guerre (è già
un miracolo di questi tempi), ma quale strazio nelle solite parole d’occasione pronunciate davanti ad una platea striminzita e fredda.
A Caino sono bastate due gocce di pioggia per ridurre i partecipanti a
un numero insufficiente a fare degna corona. Per fortuna, come
testimonianza militare c’era un nutrito gruppo di alpini e qualche fante. Che
tristezza! Come siamo lontani dal condividere il sacrificio dei morti che ogni
anno leggiamo sul monumento. Come siamo lontani dal sacrificio delle mamme e
nonne che salivano in ginocchio al santuario della “Madonna delle Fontane” per
implorare l’incolumità dei loro congiunti. Come siamo lontani in coerenza nel
parlare di pace dimenticando quello che costa in vite umane e distruzione la
guerra, assentandoci nel momento del ricordo. Come siamo lontani (e incoerenti
ancora una volta) allontanando i bambini delle scuole, salvo pochissime
eccezioni, dal monumento dei caduti; facciamo visitare le fattorie, amare gli
uccellini e i cani ma al monumento dei caduti non facciamo portare un fiore
durante l’anno scolastico. Come siamo lontani perfino dai nostri avi se
dimentichiamo che, se anche non compaiono nella lista dei caduti (grazie al
Cielo), hanno combattuto per difendere la nostra Patria. Come siamo lontani dall’avere
piena consapevolezza di avere una Patria comune da difendere dalle ostilità che
provengono da ogni parte, pur rimanendo aperti alla collaborazione con il mondo
intero per il bene dell’umanità.
Solo l’esempio e la convinzione nel ritenere che celebrare i caduti
non significa solo ricordare dei morti, ma ritrovarsi per mantenere viva la
fiaccola per una Patria libera, giusta e solidale (ancora lungi dal
realizzarsi), può contagiare questa società portandola all’autocelebrazione,
cioè una festa propria, una festa per ognuno di noi. A Caino con un po’ di
buona volontà si può.
martedì 7 novembre 2017
PROGETTO BŐTA VIÀ NIÈNT
In occasione della “Sagra del marrone” svoltasi a Caino il 15 0ttobre
scorso, ha mosso i primi passi il “Progetto böta vià niènt” del Gruppo
Pensionati Caino esponendo alcuni degli articoli donati dalla popolazione. Si
tratta di pura testimonianza del passato, oggetti riguardanti la vita
domestica, l’artigianato, il tempo libero, ecc.
“La trasformazione di questo progetto in una esposizione vera e
propria”, riferisce la presidente dell’Associazione, “è strettamente collegata
all’interesse della popolazione ad averla, mettendo a disposizione le testimonianze
del passato che possiede in modo che le proprie unite a quelle degli altri possano
rimanere nel tempo a completare ambienti e mestieri”. Se il futuro si può
vedere dal numero crescente delle persone che ci credono donando qualcosa, tra
non molto Caino avrà il suo piccolo Museo.
lunedì 6 novembre 2017
TAPPARE I BUCHI O CAMBIARE COPERTA?
La coperta
corta dell’INPS assomiglia molto al cane che si morde la coda. L’Istituto, tacendo
sulla necessità di separare la “previdenza” dall’ “assistenza”, asseconda gli esecutivi
nell’idea ottusa di mescolare interventi diversi che creano confusione e non
permettono una corretta informazione sulla reale situazione dei conti e della
sostenibilità della spesa pensionistica.
La differenza tra assistenza e previdenza nasce
dall’articolo 38 della nostra Costituzione che identifica la prima nel capitolo
1 e la seconda nel capitolo 2.
L’assistenza ha come
obiettivo quello di tutelare i soggetti in condizioni di bisogno ed è attuata
direttamente dallo Stato, Regioni ed Enti Locali con risorse derivanti da
imposte. Può esplicarsi in forme diverse: economiche o prestazioni sociali.
La previdenza si basa, invece, su
prestazioni derivanti esclusivamente dai contributi versati durante l’attività
lavorativa (da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro). Si tratta, in
sostanza, di un salario “differito”.
Tutti devono
poter vedere quanto sia falsa l’dea che il sistema di previdenza (cioè la
raccolta dei contributi dei lavoratori impiegati per il pagamento delle
pensioni regolari) sia in deficit, e quanto pesa invece l’assistenza per tutti
gli altri interventi che sono stati appioppati all’Istituto, come la Cassa
Integrazione, le integrazioni pensionistiche, l’invalidità civile, le indennità
di accompagnamento e tante altre voci. Vogliamo affidare tutto all’Inps?
Facciamolo pure, mantenendo però separate le gestioni in modo che ognuna sia sempre
trasparente e quando si parla di pensioni si sappia sempre se sono sostenibili
o per quanto non lo sono, lasciando alla fiscalità generale quello che non
attiene al sistema.
Se tutta la propaganda a scapito
dei pensionati fosse fatta a favore della trasparenza, nei fatti e non nelle
parole, troveremmo molte più persone di buon senso a fare proposte affinchè i
conti possano tornare e i problemi risolti.
In questo momento c’è sul tavolo
dell’esecutivo la richiesta di bloccare l’automatismo che porta ad andare in
pensione più tardi quando l’aspettativa di vita aumenta. Il presidente Inps se
l’è cavata con un “…guardiamo il bicchiere mezzo pieno: campiamo di più”; se
avesse fatto il camionista o l’addetto alle colate o il muratore quella battuta
se la sarebbe risparmiata. I numeri non hanno sentimenti, sono freddi nella
loro espressione e se si guardano senza tener conto da dove provengono e cosa
devono generare tolgono qualsiasi contatto con la realtà e ai bisogni dei quali
la società è permeata.
La spasmodica ricerca di voti,
come sterco del diavolo, impedisce un civile confronto sulla “coperta
disponibile” per cercare una soluzione che rispetti giustizia e solidarietà. La
nostra è una società perversa nella quale non si può togliere a chi ha di più
per dare a chi ha di meno senza sollevare ricorsi alla Corte di Strasburgo. Non
si possono limitare i privilegi, che sono ancora tanti, senza che si alzi il
grido “non si toccano i diritti acquisiti” ma ancora nessuno è riuscito a
spiegare la differenza tra il grido dei ricchi e quello dei poveri elevatosi
dopo la spietata Legge Fornero.
Buonismo, clientelismo,
opportunismo, servilismo, disfattismo, insieme alla miopia dovuta alla gestione
del potere, continuano ad impedire la risurrezione di una nazione come l’Italia
che potrebbe benissimo vivere nel benessere assicurando giustizia e
solidarietà. Si dà spesso la colpa alla burocrazia senza tener conto dell’opposizione
che le forze politiche hanno frapposto ad ogni tentativo di semplificarla
veramente.
A nessun giornale o testata
televisiva, men che meno ai politici, interessa studiare la solidarietà offerta
dagli italiani al terzo settore, solidarietà economica e prestazioni di
volontariato; se lo facessero scoprirebbero quanto è viva l’aspirazione a una
vita sociale moderna e rispettosa della dignità di ognuno. Ma questo traguardo
di maturità pretende che le Istituzioni per prime diano l’esempio e abbandonino
la sterile polemica politica per risolvere uno ad uno i problemi che sono sul
tavolo: quello della previdenza è uno dei più importanti.
La richiesta di bloccare
l’automatismo di uscita dal lavoro è fattibile? A mio parere in questa prima
fase non è possibile se non per pochissime categorie usuranti, e anche in questo
modo non è facile trovarne la copertura, ma ci si può arrivare. Come?
Innanzitutto mettendo mano alla riforma della Giustizia per avere tempi certi
(e corti) per ogni grado di giudizio. In secondo luogo le leggi dovrebbero poter
essere applicate dai giudici immediatamente e non interpretate a seconda di una
propria dottrina. Ogni rappresentante dei cittadini, eletto ad ogni livello, dovrebbe
essere sospeso senza compenso subito dopo la condanna di primo grado; qualora
fosse dimostrata la sua innocenza nei gradi successivi, dovrebbe aver diritto
agli arretrati e all’integrazione nel suo ruolo per tutto il periodo di
legislatura che gli è stato sottratto sottoponendosi alla procedura
giudiziaria. Fatta una giustizia così non dovrebbe essere difficile passare a
ulteriori passaggi legati a minori spese e a maggiori incassi. Le minori spese
potrebbero essere, per esempio, l’abolizione dei bonus a pioggia, la riduzione
delle detrazioni fiscali per interventi non strategici, la riduzione degli
interventi militari all’estero e la dismissione di tutte le strutture militari
non più necessarie a mantenere il grado necessario di difesa nazionale. Le
maggiori entrate potranno essere assicurate da un maggiore controllo
investigativo sui patrimoni per reprimere l’evasione, ancora molto elevata;
un’altra fonte potrebbe derivare da un’imposta di solidarietà sui patrimoni più
alti su base famigliare (come l’ISEE) e l’aumento del costo orario per i lavori
prestati per breve periodo. Sicuramente le risorse non basteranno ancora, ma
dopo queste iniziative la concertazione con le parti sociali saprebbe
recuperare la differenza.
Mafia in genere e corruzione se
debellate risanerebbero in breve l’Italia dal debito pregresso e la lancerebbe
nell’Olimpo dei virtuosi. Ciò significa che maggiori controlli assicurano
maggiori entrate a prescindere, oltre che a creare maggiore sicurezza. Maggiore
sicurezza accompagnata da una snella burocrazia attirerebbe interesse internazionale
e quindi ulteriori risorse. Invece che
migliorare la macchina dello Stato si continua a perseguire la riduzione delle
spese nei servizi essenziali aggravandone il costo per il cittadino che si
impoverisce, poi diamo il bonus per compensare quello che abbiamo tolto.
Riepilogando: se non si fanno
controlli per recuperare imposte evase, non si ha coraggio di imporre
solidarietà ai ricconi, si sperperano risorse pubbliche, non si ha una
giustizia giusta e non si hanno politici esemplari è meglio fare fagotto e
lasciare che altri si cimentino a guidare l’economia nazionale, perché
matureremo la pensione dopo morti e vana sarà la speranza di trasformare il nostro
paese in una macchina moderna studiata (ricerca), collaudata (aiutata) e
produttiva (perfetto equilibrio tra ottimi servizi erogati e costi sostenuti).
venerdì 20 ottobre 2017
IL MARRONE E LA FESTA CHE UNISCE
Quasi una settimana
dopo l’evento, non è troppo tardi per valutare quello che è passato tra noi
cainesi (e tutti i visitatori) con la manifestazione della “Sagra del marrone”.
Per qualcuno sarà
stata pure una mera festa paesana, ma con un po’ di attenzione si è potuto
osservare uno spiegamento di associazioni che sono in costante attività nel
paese e la scoperta, per tanti, dei talenti artistici presenti. Uscendo
dall’ufficialità dell’evento celebrato all’interno e all’esterno della palestra
del Centro Sportivo, è balzato subito evidente l’impegno volontario di ogni
singola associazione nel dare il proprio contributo secondo le proprie
specificità. Innanzitutto gli alpini, presenti spesso col loro impegno
personale nelle varie manifestazioni e altrettanto spesso discrezionalmente
“mimetizzati” tra la gente o dietro le quinte; la Polisportiva, sapientemente
guidata, che ha conservato negli anni l’energia per poter continuare ad offrire
ai giovani un servizio, tanto importante per lo sviluppo della personalità,
come lo sport; il Vac-Protezione Civile
sempre pronto ad intervenire sui nostri monti ancor prima che noi sentiamo il
fumo e subito in movimento quando le piogge si fanno pericolose; splendidi i
pannelli esposti da Riccardo Ciulli, Elisa Tosetti, Stefania Seggioli,
Alessandra Ferrami, Luca Minelli e Nicola Gatelli che verranno esposti sulla
provinciale di fronte alle antiche mura della “Rocca del Gallo” che
testimoniano, col tempo dedicato alla loro realizzazione, l’attaccamento degli
artisti al loro paese; Rio de Oro, opera caritatevole per l’accoglienza dei
bambini del Saharawi, vede tradizionalmente, ormai da tempo, l’impegno di mamme
e giovani che ogni anno dedicano un po’ del loro tempo per questi bambini
sfortunati; gli amici del Presepio capitanati da Bruno Mora che, essendo anche
motore degli alpini, è come il prezzemolo, lo trovi impegnato un po’ ovunque,
in questo caso riesce a dirigere un gruppo pluripremiato che ogni anno
arricchisce la già splendida rappresentazione, quest’anno con la Madonna e S.
Giuseppe adoranti; il Gruppo Teatro con le foto esposte ricorda la passione
della recita e la condivisione di un’opera con il pubblico; il Gruppo
Fotografico ha saputo trasformare anch’esso la passione con la condivisione
delle immagini più belle, certamente una ricchezza e un ricordo per tutta la
comunità; il Gruppo Gas è una realtà ormai consolidata che si è presentata
simbolicamente ma è da considerarsi una vera risorsa economica per tutte le
famiglie che vi aderiscono; l’Avis sezionale ha donato agli avisini di Caino la
scultura dell’artista Bertoli come riconoscimento alla storia del Gruppo locale
e, soprattutto, per il gran numero di donazioni che offre; i Gnari della Valle
di Bertone sono impegnati nel presidiare la valle e nel renderla godibile anche
culturalmente oltre alle bellezze naturali; il Gruppo Pensionati col suo
progetto “Böta vià niènt” si è presentato con una graziosa vetrinetta di
oggetti antichi e attrezzi da fabbro e muratore, vuole raccomandare ai
compaesani di non buttare via niente di quello che può rappresentare un ricordo
dei tempi passati; per la gioia dei bambini il Peo ha portato pecore e capre,
per i grandi ha portato invece la sorprendente moglie Meris, ricca di ingegno, che
ci ha fatto conoscere le sue opere e da esperta cesellatrice del legno qual’è si
è esibita in uno sgrossamento di un tronco con la motosega.
Intorno a queste
associazioni vendita di prodotti tipici come il marrone, il miele, il
cinghiale, il salame, il formaggio e articoli artigianali vari di hobbistica.
Purtroppo non tutte le
associazioni hanno avuto lo spazio che meritavano, “la diretta va di fretta”,
ma certo è che tutti quelli che hanno visitato gli stand hanno apprezzato la
disponibilità e lo sforzo profuso ed ora le conoscono un po’ meglio.
Sotto il tendone sono
state servite 240 porzioni di spiedo dai volontari sotto la supervisione di Gianni
Crippa, responsabile della “sagra” per Caino, mentre sul palco si esibivano i
“Selvaggi Band”.
mercoledì 6 settembre 2017
ATTENTI AI TRE
La
parola più diffusa al mondo penso che sia “amore”. Ma questo sentimento, così
ricercato, è sfuggente come un’anguilla: quando credi di possederlo ti scappa
via senza che tu possa fare nulla per trattenerlo. Tutto per colpa di almeno tre
organi del nostro corpo: gli occhi, la bocca e le mani. I genitori non
insegneranno mai abbastanza ai loro figli l’esercizio dei muscoli che li
azionano.
Gli
occhi.
Gli
occhi sono lo specchio dell’anima. Possono essere trasparenti o impenetrabili;
innocenti o colpevoli; sereni o misteriosi. L'espressione deriva dalla
personalità, da come l’individuo è abituato a guardare la realtà quotidiana.
La
bocca.
La
bocca è l’organo che forma il sorriso, la più bella risorsa di una persona.
Anche questo deriva dalla personalità ed abbonda sulla bocca di chi è stato
educato alla positività della vita.
Le
mani.
Le
mani non sono solo il mezzo per servire il proprio corpo, sono anche un mezzo
di comunicazione. Una stretta di mano calorosa non parla allo stesso modo di una
stretta fugace; una mano incoraggiante sulla spalla di un amico scalda il
cuore; le carezze sono segno di affetto; e comunque tutti i contatti che le
mani hanno nei confronti delle persone segnalano un avvicinamento, un affinità;
al contrario la resistenza al contatto segnala freddezza e distacco verso
l’altro.
L’incontro
con una persona dagli occhi sereni che con un grande sorriso ti stringe
calorosamente la mano è senz’altro quello di un amico che ti può toccare il
cuore.
L’assenza
di uno dei “tre”, invece, obbliga a un maggiore approfondimento: tristezza,
paura, timidezza, dolore possono essere i sintomi più comuni; ma anche
cattiveria, egoismo, superbia, avarizia e discriminazione. Occhio ai tre! Impariamo
ad osservarli per … capire la persona o le persone con le quali vogliamo
camminare.
domenica 9 luglio 2017
IL CAMMINO DI SANTIAGO: UNA MODA?
Tornando da Santiago
mi sono imbattuto in affermazioni come questa: il cammino di Santiago è
diventata una moda.
Fermo restando che le impressioni, le esperienze e il beneficio ricevuto da questo camminare è mio
personale e lo voglio condividere solo con chi vuole veramente sapere cosa
succede a fare 800 km con uno zaino in spalla, mi sorgono spontanee alcune
domande da porre a chi non sa calarsi dentro quello che senza giustificazione
alcuna viene considerato una “moda”.
Innanzitutto:
1. che moda è faticare a camminare per
un mese con situazioni climatiche spesso pesanti per il cammino e spesso per il
morale?
2.
che
moda è quella di dormire in camerate promiscue dove tutte le notti sono
disturbate da pellegrini che russano?
3.
che
moda è quella di mangiare un panino a mezzogiorno per un mese di seguito?
4.
che
moda è quella di lavarsi i panni tutti i giorni e attendere pazientemente che
asciughino?
5.
che
moda è quella di rischiare di essere vittima di animali indesiderati annidati
in materassi o coperte usati da migliaia di persone prima di subire un
lavaggio?
6.
che
moda è quella assicurarsi poche o tante vesciche ai piedi o rischiare tendiniti
che difficilmente si dimenticano di te?
7.
che
moda è quella di portarsi con sè problemi propri e degli altri fino alla fine
del cammino?
8. è per moda che taluni si trascinano a
piccoli passi con tendiniti, ferite e piedi gonfi fino alla Cattedrale di
Santiago?
E poi:
è vero che tra i
presunti pellegrini ci sono opportunisti, turisti, e persone che vogliono
compiere un’”impresa” lunga 800 km cercando un record, ma sono una piccola
minoranza, che non deve distogliere l’attenzione sulla maggioranza che cammina
determinata a raggiungere una meta, quella dell’Apostolo martire, ognuno per
capire sè stesso o implorare per altri.
Reputo una fortuna
aver avuto la possibilità di fare il Cammino di Santiago”, non tutti hanno la
salute per poterlo fare o non ne hanno il tempo.
Pertanto cerchiamo di
non cadere nella quotidiana e goffa abitudine di vedere nero anche dove c’è
bianco; le persone che popolano il Cammino sono aumentate in proporzione ai
disagi di cui loro o altri sono stati vittime nel tempo in questo tipo di
società e vogliono tempi e spazi per riflettere.
Si può pensarla
diversamente ma con una precisa riserva: quella di provare a fare il Cammino di
Santiago.
lunedì 17 aprile 2017
SI SENTE MA NON SI VEDE ...
Da
noi è rimasto un detto: “C’è un’atmosfera che si taglia col coltello”. Spiega
molto efficacemente come una persona capitata per caso in un ambiente pieno di
tensione ne sia a sua volta coinvolto per averne avuta la percezione. Stiamo
parlando di quell’energia impalpabile che è intorno a noi e dentro di noi e che
condiziona ogni nostro comportamento quotidiano. Tutti i nostri sensori,
attraverso le parti del corpo, si collegano al sistema nervoso, al cervello
(che noi un po’ eufemisticamente chiamiamo cuore), e quest’ultimo prende delle
decisioni.
E’
questa energia che crea il “clima” e può essere favorito da persone che siano
protagoniste o spettatrici. Qualche esempio: vedere un papà o una mamma giocare
col proprio bambino rasserena il cuore e favorisce l’incontro; viceversa vedere
un bambino maltrattato (da chiunque) rende incandescente e carico di tensione
la partecipazione a questo momento. Meno pesante, ma eloquente, il fastidio
prodotto dalla prepotenza di una persona che ne umilia un’altra; effetto di
piacere si ha nel vedere uno che aiuta un altro, con passione e con impegno, a
superare un problema. Quindi anche i vizi e i difetti influiscono sulla
percezione.
Anche
chi va in chiesa con fede “respira” un’atmosfera raccolta e devota oppure
distratta e formale, a seconda dei casi. Perfino nei luoghi di pellegrinaggio mariano
si avvertono sensazioni diverse, e i pareri raccolti dai partecipanti lo
attestano. Mi son sentito chiedere spesso: se la Madonna è una sola non è
uguale ricordarla in un posto solo e non in tutti i posti dove è apparsa? Ho
frequentato diversi luoghi di apparizioni mariane e posso assicurare che il
cuore non è sempre lo stesso. Neanche i luoghi dove la Chiesa ha negato ci sia
stata veramente un’apparizione fanno eccezione. Medjugorje, per esempio,
continua a vedere numerosissime conversioni. Quelli che sono andati in Terra
Santa possono affermare di essere rimasti indifferenti sui luoghi calpestati da
Gesù?
Nelle
nostre relazioni con la società e con la natura viviamo sensazioni sempre
diverse che ci fanno stare bene o male e che testimoniano la “misura” della
nostra umanità. Se qualcuno ha avuto la fortuna di avere un colloquio col
Vescovo o addirittura col Papa, non potrà affermare di essere rimasto
indifferente. Chi si immerge nella natura incontaminata prova una pace
profonda, al contrario di chi è costretto a stare nel traffico. Chi ascolta la
musica è portato a sentire un rilassante benessere, al contrario dell’udire il
suono sguaiato di persone che litigano. E tante situazioni ancora.
Il
nostro futuro lo costruiamo anche cercando di privilegiare l’ascolto dell’atmosfera
intorno a noi, sfuggendo quella che riconosciamo falsa e superficiale a favore
di quella densa di relazioni autentiche.
domenica 2 aprile 2017
AUMENTA LA TARI
La situazione finanziaria dei Comuni non accenna a migliorare, grazie anche ai giochi politici portati all'estremo pur di conservare una visibilità, a scapito degli interessi dei tartassati cittadini.
Rimane tuttavia difficile da comprendere la facilità con la quale le amministrazioni locali ricorrono all'aumento delle imposte e delle tasse. Sulla TARI (o tassa rifiuti che dir si voglia) la passata amministrazione aveva già aumentato le tariffe per far fronte alla costruzione dell'Isola Ecologica; ora l'attuale ha inglobato gli incassi di quell'aumento, passati e futuri, nel nuovo servizio ma nel frattempo ha aggiunto un altro aumento che il cittadino dovrà pagare ringraziando la lungimiranza dei suoi amministratori. Non è che per la sistemazione della "Scalinata" ci verrà richiesto di pagare l'Addizionale Comunale? E che tasse dovremo pagare per finire il cimitero? E per tutte le altre opere promesse nelle campagne elettorali, mai mantenute?
Pensiamo davvero che bastino le sagre e tutti gli incontri promossi dall'assessorato alla cultura per soddisfare le esigenze dei cainesi? Possiamo indurli a capire che le casse sono vuote, difficilmente ad accettare nuove gabelle nel momento in cui molte famiglie faticano a tirare avanti.
Scaricare le colpe sulle amministrazioni precedenti non paga: anche l'attuale ha privilegiato delle scelte anzichè altre destinando risorse ad un settore piuttosto che un altro scontentando qualcuno.
Purtroppo fatico a vedere amministrare come un "buon padre di famiglia" e forse l'amarezza e lo scontento passa da qui. Se mi sbaglio qualcuno mi "corigerà".
mercoledì 22 febbraio 2017
COSCIENTICIDIO
Le
parole appena espresse da Dario Franceschini nel suo PD in fibrillazione,
“Fermiamoci”, sarebbero da gridare al mondo intero. Libero da ogni seria regolamentazione
dei comportamenti sociali l’individuo si sta lanciando in esibizioni inumane e
anti-sociali che ci stanno portando inesorabilmente verso il baratro. Il
baratro consiste in una nuova “Babele” dove nessun popolo riesce a dialogare
con l’altro rivaleggiando fino alle estreme conseguenze. Il conteggio è già
iniziato, in nome di un presunto “legittimo” diritto ad avere la precedenza, che
nasce da un egoismo “vero”, molti oppongono una ingiustificabile resistenza
alla solidarietà verso una moltitudine di concittadini bisognosi e tanti popoli martoriati e disperati, gli stessi popoli
che fuggono dai soprusi e dalle violenze perpetrati da mostri del terrore. I
più indifesi muoiono in gran numero nell’indifferenza di tanta buona gente. E
questo succede perché già all’interno di ogni famiglia si annida
l’incomprensione, l’egoismo, l’invidia e i genitori paiono impotenti a indirizzare
sul binario giusto l’educazione dei propri figli. Tutto deve essere permesso a
tutti, senza che alcuno possa intervenire per limitarne la perversità: solo al
povero, all’indifeso, al perseguitato, allo sfruttato non è concesso nulla.
Guadagnare
in modo illegale, rubare, corrompere, evadere i tributi, imbrogliare, sfruttare
è da molti considerata una forma legittima di difesa contro i soprusi della
Pubblica Amministrazione; la colpa non è mai personale. Infatti è gioco facile
scagliarsi contro il potere che si arricchisce a dismisura e senza pudore, ma sono
le stesse persone che abbiamo eletto perché ci promettevano molti “benefici”,
scartando invece coloro che ci prospettavano il cambiamento basato sulla
giustizia sociale. C’è l’incapacità dell’individuo di entrare in una fase
“rigeneratrice” basata sulla difesa dei più deboli (che non significa appagare
i parassiti) attraverso risorse ricavate dalla solidarietà; prova ne è la
strenua opposizione alla solidarietà perfino da coloro che, come rappresentanti
politici e amministrativi, hanno goduto di privilegi che mal si conciliano con
l’attuale condizione di tanti concittadini.
Ci
serve una scuola elementare che ci istruisca e ci obblighi al rispetto e alla
solidarietà verso gli altri, in famiglia e nella società, pagando il dovuto per
avere servizi efficienti organizzati da “persone” efficienti (Pubblica
Amministrazione e Potere politico). Ci serve una nuova coscientizzazione che ci
ridia il discernimento e la voglia di essere società ben organizzata e attenta
ai bisogni reali dei suoi componenti. Femminicidio, razzismo, pedofilia,
bullismo, corruzione sono il segno evidente che abbiamo ucciso il “cuore”, la
coscienza che troppo spesso non sa distinguere il giusto dall’ingiusto e che
nei bambini e nei ragazzi già si comincia a vedere sui bus. Fermiamoci prima
che sia troppo tardi!
martedì 7 febbraio 2017
DEVE SENTIRSI SOLO?
Mi
chiedo quanto serva lo sdegno per un’azione platealmente vile, si, ma allo
stesso tempo da mettere in conto, a fronte dei grandi passi con i quali ci
precede Papa Francesco guidandoci verso la tolleranza e l’amore. Infatti il
livore dell’anticlericalismo oggi non sarebbe comprensibile davanti all’opera
di pulizia intrapresa da Francesco all’interno della Chiesa; è invece
perfettamente logica se si giudica tutto questo opera del demonio. Lui crea il
male e le lacerazioni all’interno dei ministri della Chiesa (e tra noi stessi)
e poi si delizia a tormentare le loro e nostre miserie, ma soprattutto se la
prende con chi ha capito la sua strategia e cerca in ogni modo di contrastarla.
Non è una novità, i Santi ne sanno qualcosa.
Ci
sarebbe piuttosto da chiedersi: ma noi, riflettiamo veramente su quello che il
Papa va dicendo? O ci facciamo abbindolare dai soliti “dispensatori di verità”
che sanno vedere solo i difetti del clero e mai i loro o quelli di chi li
rappresenta? Costoro sono quelli che guardano l’avvicendarsi degli avvenimenti
sociali e politici tifando or per un leader or per l’altro, sbagliando sempre,
accumulando delusione e rabbia in continuazione. Il sistema politico e sociale italiano
è rimasto fermo con i suoi gravi e conclamati difetti da decenni, mentre la
Chiesa, con gli ultimi papi, ha riconosciuto i propri errori e chiesto
perdono a Dio e ai fratelli; Papa Benedetto e Papa Francesco hanno iniziato a
pulire “l’aia” della Chiesa cercando di ricondurre le finalità delle variegate
componenti il mondo cattolico all’unità con i fratelli. Si può ritenere che ci
sia molta strada da fare, ma è l’unica istituzione ad aver fatto dei “veri” progressi
verso tutta la società contemporanea. Riordiamoci sempre che il Papa è
ritornato a ricoprire il ruolo che Gesù ha affidato a San Pietro, e non è quello
di gendarme.
Un
piccolo spunto su cui riflettere (fa bene anche ricordare): gli unici in
Germania a battersi contro Hitler e le sue teorie ariane sono stati pochi cristiani
coraggiosi della Chiesa confessante (guidati
da Bonhoeffer) che hanno pagato con la vita la loro indisponibilità a tradire
il messaggio evangelico. Sono stati abbandonati da tutti in cambio della “tranquillità”.
Questa
era la bandiera degli altri cristiani: cristiani tedeschi
Stiamo
ripetendo gli stessi errori: in cambio di “tranquillità” ci accodiamo all’andazzo
attaccando ogni messaggio di speranza, di solidarietà e di amore che persone di
coraggio (numerosi parroci di paese, rappresentanti delle Congregazioni
religiose, esorcisti, laici impegnati) non si stancano di ripetere in nome di
una società da salvare dall’abisso; ci lascia del tutto indifferenti perfino che
i cristiani siano i più perseguitati al mondo. E cosa sono, dei puri? Certo che
no, sono umani e come tutti noi sono insieme bene e male, cercano di seguire
coerentemente un percorso e ostinatamente rimangono sulla stessa strada
perseguendo i loro ideali. Ma ad onor del vero a sacrificarsi per i bisognosi loro
ci sono.
Non
dobbiamo preoccuparci dunque di un manifesto (a sottolinearne l'immoralità è la
sua commercializzazione in internet, e la viltà degli autori è attestata dalla
difesa di numerosi quotidiani) ma quanto crediamo nell’opera di papa Francesco
e quanto vogliamo che non si senta solo nel compierla.
venerdì 3 febbraio 2017
CAINO SENZA PRETESE
Il
1968 con le lotte operaie, il Movimento Studentesco e il rifiorire di partiti e
associazioni, sembra tanto lontano nel tempo da far sorridere chi fosse indotto a parlarne. Quel periodo, come tutti i periodi della Storia, non ha
risparmiato errori, anche gravi, ma sicuramente un pregio l’ha avuto: quello di
uscire dalla rassegnazione e puntare alla tutela della persona umana nella
società. Effetto che è rimasto per diversi anni dopo quegli avvenimenti. Quello
che la mia generazione non è riuscita a capire è l’ipocrisia delle “cicale” andate
ad accodarsi alla “rivoluzione culturale” di quel periodo come “guru” della
nuova democrazia e che dovevano trasformare quello che era stato detto sulle
piazze e nelle fabbriche in leggi, che non è stato fatto. Fino agli anni 80
anche Caino dibattè sulla necessità di avere una vera giustizia sociale, basata
naturalmente sulle risorse disponibili. In quell’epoca Ermanno Gorrieri scrisse
un “libro bianco” sull’argomento. Istanze come quelle non vennero mai
considerate dalla classe politica, non potevano seguire la coerenza degli
eventi, oggi più che mai, capiamo il perché: il “potere” si regge sugli
interessi e senza il sostegno delle lobby non c’è potere. Certamente ci furono
dei politici avveduti e onesti e non sono certo io in grado di giudicare se la
loro permanenza sugli “scranni” per manifestare la propria opinione abbia o no
giovato al miglioramento della politica.
Quello
che è evidente oggi è che è andato approfondendosi il fossato tra il politico e
il cittadino. Vuol dire che i tentati golpe, le stragi fasciste, le BR hanno
reso il “potere” intoccabile. Ci mancava la precarietà causata dalla crisi
economica a mettere il bavaglio a tante singole espressioni per la paura di
ritorsioni o per il timore che il proprio parere possa lasciare traccia.
Mi
siamo veramente in queste condizioni? A meno che le espressioni di face-book
non contino nulla, direi proprio di no. Allora perché sui temi più importanti
della nostra vita attuale, la povertà, il lavoro, il territorio sempre più
devastato, investimenti, l’immigrazione i partiti e le associazioni non si
schierano? Tutto tace. La politica si fa con i talk schow per mostrare nuovi (o
soliti) volti e poi metterli sul “mercato”. Questa non è Politica. I
terremotati, appena ieri (2 febbraio 17), hanno incontrato a Roma i presidenti
di Camera e Senato per invocare maggiore celerità nella ricostruzione; poche
ore dopo, la discussione in senato sullo snellimento delle operazioni
burocratiche, avveniva con solo 11 presenze. Questa si chiama mancanza di
rispetto. E voi rappresentanti politici non vi vergognate a non prendere
apertamente posizione su questi comportamenti?
Ma
se vero che tutto parte dal basso (???) basta osservare quanto partiti e
associazioni (culturali) sanno esprimere il proprio pensiero a Caino. Penso che
dai manifesti murali della Fenotti & Comini non ci sia stato più alcun
segno di espressione politica di nessun partito. Gli unici (per una sola volta)
a parlare di come un cattolico deve fare politica, sono stati i Salesiani. In
nome della cultura si vanno presentando libri, spettacoli ed altro, mai di un
vero problema (in questo momento quelli
amministrativi, pur importanti, non sono paragonabili, per esempio, al lavoro).
Cosa pensa il PD, FI, Fratelli d’Italia, 5 Stelle e gli altri concretamente,
per esempio, della povertà? E non occorre portare l’ascoltatore in sala: basta
portare la sala all’ascoltatore, con un sito o blog web o con un volantino;
faremmo un gran servizio alla comunità che non vive solo di rifiuti o di sport.
Caino
appare rassegnata, in balia a piccoli problemi resi difficili nella
realizzazione a causa della mancanza di fondi, della burocrazia e spesso dalle
idee. Caino sembra non campare pretesa alcuna, se anche il paese è pieno di
giovani è già vecchio perché dove non si confrontano idee lì non nasce nulla. Tanti
aspettano il momento migliore, ma per dire che? Le solite baggianate elettorali
di candidato alle prossime amministrative che non mostreranno mai quale individuo
abbiamo davanti. Noi abbiamo invece bisogno di giovani che non si nascondono,
anzi li vogliamo trasparenti, perché è da loro che dipenderà il nostro futuro.
sabato 14 gennaio 2017
VOCE NEL DESERTO ...
Siamo
al culmine di un fenomeno d’immigrazione che ci ha colti del tutto impreparati
ad affrontarlo e, quindi, ad approntare le misure necessarie per renderlo
digeribile alla stragrande popolazione europea.
All’interno
della UE addirittura ci sono stati contrasti al “calor bianco” tra le nazioni
favorevoli a gestire il fenomeno e quelle contrarie ad ogni tipo di ingresso
nel proprio territorio.
All’interno
dell’Unione si è creata un’anarchia che rischia di condurla al disfacimento; i
governi si sentono in diritto di contestare le decisione che il parlamento
europeo decide a maggioranza; vengono innalzati muri, anche vicino ai nostri
confini.
Gli
inglesi, non disponibili ad accogliere i profughi, sono i primi a trarne le
conclusioni e con un referendum decidono di lasciare la UE. Quello che è meno
comprensibile al contribuente è come mai siedano ancora in quell’istituzione
godendo dei relativi privilegi. Alcuni stati dell’est hanno invece incassato il
loro gruzzolo e poi si sono messi di traverso alle decisioni prese in sede
esecutiva. Comunque sia, l’Italia, priva di un vero e proprio sostegno
economico e politico, continua ad addossarsi con grande fatica il peso dei
salvataggi nel Mediterraneo.
In
questa situazione è molto difficile pensare europeo. I politici continuano a
non capire quanto sia pericolosa la disattenzione che dimostrano nei confronti
dei cittadini europei. La stragrande maggioranza di questi è favorevole a una
federazione di stati europei, ma vuole riconosciuta la propria identità, vuole
contare, e vuole soprattutto vedere istituzioni che funzionano e che sono
vicine ai problemi reali di ogni stato; vede invece una moltitudine di persone
sfruttare la posizione di un’unione che non funziona ma che vuole accentrare su
di sé potere e privilegi ottenuti col consenso di governi nazionali forti. Continuare
ad ignorare il sentimento dei cittadini rendendoli impotenti e ininfluenti
nelle sedi europee porterebbe ad ingrossare le fila degli anti europeisti e a
vedere l’uscita di altri stati.
Cosa
può fare l’Italia in simili condizioni? Innanzitutto dimostrare che in “casa
sua” sa farsi rispettare. Gli stranieri richiedenti asilo devono essere
tutti identificati:
se
delinquono o creano danni importanti devono essere immediatamente espulsi, a
costo di accompagnarli con nave militare;
se
mostrano di odiare lo Stato o rifiutano le sue regole devono essere espulsi;
nell’insieme
delle persone accolte secondo le regole europee devono essere inclusi anche i
cittadini italiani senza tetto;
il
trattamento delle famiglie accolte o degli extracomunitari già presenti non
deve essere diverso da quello usato per la famiglia italiana;
è
necessario creare una banca dati degli immigrati affinchè si possa verificare
se i minori non accompagnati siano stati volutamente abbandonati;
la
quota attribuita ad ogni comune in rapporto ai suoi abitanti, deve comprendere
la popolazione extracomunitaria preesistente;
gli
immigrati maggiorenni non dediti allo studio devono svolgere un servizio
obbligatorio nel comune ospitante;
i
simboli, le funzioni, l’arte, i canti e soprattutto l’insegnamento religioso sono
quelli della cultura italiana e possono essere cancellati solo col consenso
della maggioranza dei genitori di ogni plesso scolastico;
alla
prima classe elementare devono essere ammessi solo gli alunni che, riguardo
alla lingua, sono in grado di seguire la lezione, fatta eccezione per i
disabili per i quali dovrebbe esserci la presenza di un insegnante di sostegno:
sarebbe interessante favorire l’apprendimento veloce della lingua con uno
spazio apposito fuori dalle lezioni;
fissare
per i minori dei momenti obbligatori di integrazione con gli altri bambini
della comunità in luoghi protetti.
Si
dirà: ma questo ha un costo. Si ce l’ha! Infatti il nostro futuro è legato a
quanto ognuno di noi è disposto a pagare per la sua sicurezza. L’Europa vuol
farci diventare un enorme campo profughi, magari pagandoci il disturbo. Spero
che tutto il popolo italiano condivida: No grazie!
Ma
per far cassa bisogna anche sradicare una classe politica che è molto simile
(fatte salve le solite eccezioni) a quella UE sostituendola con una che però all’orizzonte
non si vede, e questo purtroppo significa non vedere investire somme importanti
in progetti indispensabili al nostro Paese. Significa inoltre perseverare negli
sprechi e nella corruzione e non occuparsi del patrimonio, più o meno
importante, che rimane nel disinteresse e nell’oblio.
Se
per un po’ abbandonassimo tutti la difesa d’ufficio di un partito o di un
movimento che alla conoscenza dei fatti è per tutti indifendibile, e cercassimo
invece di far sentire la nostra voce e le nostre idee, forse riusciremmo a
rivitalizzare qualche progetto o qualche tendenza positiva sopra cui si sono
seduti i nostri politici.
Se
dovesse essere l’Europa a sanare le divisioni e mettere ordine prima che noi
promuoviamo una qualche iniziativa, pagheremmo ben più caro prezzo, economico e
politico.
L’Europa
è stata una grande intuizione, ma doveva essere subito incanalata sul binario
della federazione delle nazioni, dove c’è un esecutivo che si occupa dei
“pilastri portanti” dell’unione, mentre ai singoli stati, nell’ambito di una
Costituzione federale, viene lasciata una propria autonomia gestionale.
L’ottusità
di alcuni stati che non vogliono dimenticare la loro presunta grandezza di un
tempo che fu e la ricerca di un tornaconto economico, ha impedito e continua ad
impedire che si costituisca una vera Federazione Europea, con tutto quello che comporta
per essere solida e coesa.
Nel
mondo attuale ci sono tantissime guerre e conflitti e ancora tanta fame:
impossibile quindi impedire che chi sta male cerchi di raggiungere un minimo di
pace e benessere.
Cessino
quindi il pietismo, il buonismo e i discorsi di circostanza che lasciano agli
altri la soluzione dei problemi. Servono progetti compatibili con le nostre
risorse, minimi ma attuabili; non possiamo distribuire appartamenti a costo
zero. Ci insegna l’esperienza del terremoto: quote di migranti in ogni paese e,
dove non ci fossero locali da mettere a disposizione, costruire casette in
legno a spese della comunità, recuperabili dal rimborso europeo.
Iscriviti a:
Post (Atom)