lunedì 6 novembre 2017

TAPPARE I BUCHI O CAMBIARE COPERTA?


La coperta corta dell’INPS assomiglia molto al cane che si morde la coda. L’Istituto, tacendo sulla necessità di separare la “previdenza” dall’ “assistenza”, asseconda gli esecutivi nell’idea ottusa di mescolare interventi diversi che creano confusione e non permettono una corretta informazione sulla reale situazione dei conti e della sostenibilità della spesa pensionistica.
La differenza tra assistenza e previdenza nasce dall’articolo 38 della nostra Costituzione che identifica la prima nel capitolo 1 e la seconda nel capitolo 2.
L’assistenza ha come obiettivo quello di tutelare i soggetti in condizioni di bisogno ed è attuata direttamente dallo Stato, Regioni ed Enti Locali con risorse derivanti da imposte. Può esplicarsi in forme diverse: economiche o prestazioni sociali.
La previdenza si basa, invece, su prestazioni derivanti esclusivamente dai contributi versati durante l’attività lavorativa (da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro). Si tratta, in sostanza, di un salario “differito”.
Tutti devono poter vedere quanto sia falsa l’dea che il sistema di previdenza (cioè la raccolta dei contributi dei lavoratori impiegati per il pagamento delle pensioni regolari) sia in deficit, e quanto pesa invece l’assistenza per tutti gli altri interventi che sono stati appioppati all’Istituto, come la Cassa Integrazione, le integrazioni pensionistiche, l’invalidità civile, le indennità di accompagnamento e tante altre voci. Vogliamo affidare tutto all’Inps? Facciamolo pure, mantenendo però separate le gestioni in modo che ognuna sia sempre trasparente e quando si parla di pensioni si sappia sempre se sono sostenibili o per quanto non lo sono, lasciando alla fiscalità generale quello che non attiene al sistema.
Se tutta la propaganda a scapito dei pensionati fosse fatta a favore della trasparenza, nei fatti e non nelle parole, troveremmo molte più persone di buon senso a fare proposte affinchè i conti possano tornare e i problemi risolti.
In questo momento c’è sul tavolo dell’esecutivo la richiesta di bloccare l’automatismo che porta ad andare in pensione più tardi quando l’aspettativa di vita aumenta. Il presidente Inps se l’è cavata con un “…guardiamo il bicchiere mezzo pieno: campiamo di più”; se avesse fatto il camionista o l’addetto alle colate o il muratore quella battuta se la sarebbe risparmiata. I numeri non hanno sentimenti, sono freddi nella loro espressione e se si guardano senza tener conto da dove provengono e cosa devono generare tolgono qualsiasi contatto con la realtà e ai bisogni dei quali la società è permeata.
La spasmodica ricerca di voti, come sterco del diavolo, impedisce un civile confronto sulla “coperta disponibile” per cercare una soluzione che rispetti giustizia e solidarietà. La nostra è una società perversa nella quale non si può togliere a chi ha di più per dare a chi ha di meno senza sollevare ricorsi alla Corte di Strasburgo. Non si possono limitare i privilegi, che sono ancora tanti, senza che si alzi il grido “non si toccano i diritti acquisiti” ma ancora nessuno è riuscito a spiegare la differenza tra il grido dei ricchi e quello dei poveri elevatosi dopo la spietata Legge Fornero.
Buonismo, clientelismo, opportunismo, servilismo, disfattismo, insieme alla miopia dovuta alla gestione del potere, continuano ad impedire la risurrezione di una nazione come l’Italia che potrebbe benissimo vivere nel benessere assicurando giustizia e solidarietà. Si dà spesso la colpa alla burocrazia senza tener conto dell’opposizione che le forze politiche hanno frapposto ad ogni tentativo di semplificarla veramente.
A nessun giornale o testata televisiva, men che meno ai politici, interessa studiare la solidarietà offerta dagli italiani al terzo settore, solidarietà economica e prestazioni di volontariato; se lo facessero scoprirebbero quanto è viva l’aspirazione a una vita sociale moderna e rispettosa della dignità di ognuno. Ma questo traguardo di maturità pretende che le Istituzioni per prime diano l’esempio e abbandonino la sterile polemica politica per risolvere uno ad uno i problemi che sono sul tavolo: quello della previdenza è uno dei più importanti.
La richiesta di bloccare l’automatismo di uscita dal lavoro è fattibile? A mio parere in questa prima fase non è possibile se non per pochissime categorie usuranti, e anche in questo modo non è facile trovarne la copertura, ma ci si può arrivare. Come? Innanzitutto mettendo mano alla riforma della Giustizia per avere tempi certi (e corti) per ogni grado di giudizio. In secondo luogo le leggi dovrebbero poter essere applicate dai giudici immediatamente e non interpretate a seconda di una propria dottrina. Ogni rappresentante dei cittadini, eletto ad ogni livello, dovrebbe essere sospeso senza compenso subito dopo la condanna di primo grado; qualora fosse dimostrata la sua innocenza nei gradi successivi, dovrebbe aver diritto agli arretrati e all’integrazione nel suo ruolo per tutto il periodo di legislatura che gli è stato sottratto sottoponendosi alla procedura giudiziaria. Fatta una giustizia così non dovrebbe essere difficile passare a ulteriori passaggi legati a minori spese e a maggiori incassi. Le minori spese potrebbero essere, per esempio, l’abolizione dei bonus a pioggia, la riduzione delle detrazioni fiscali per interventi non strategici, la riduzione degli interventi militari all’estero e la dismissione di tutte le strutture militari non più necessarie a mantenere il grado necessario di difesa nazionale. Le maggiori entrate potranno essere assicurate da un maggiore controllo investigativo sui patrimoni per reprimere l’evasione, ancora molto elevata; un’altra fonte potrebbe derivare da un’imposta di solidarietà sui patrimoni più alti su base famigliare (come l’ISEE) e l’aumento del costo orario per i lavori prestati per breve periodo. Sicuramente le risorse non basteranno ancora, ma dopo queste iniziative la concertazione con le parti sociali saprebbe recuperare la differenza.
Mafia in genere e corruzione se debellate risanerebbero in breve l’Italia dal debito pregresso e la lancerebbe nell’Olimpo dei virtuosi. Ciò significa che maggiori controlli assicurano maggiori entrate a prescindere, oltre che a creare maggiore sicurezza. Maggiore sicurezza accompagnata da una snella burocrazia attirerebbe interesse internazionale e quindi ulteriori risorse.  Invece che migliorare la macchina dello Stato si continua a perseguire la riduzione delle spese nei servizi essenziali aggravandone il costo per il cittadino che si impoverisce, poi diamo il bonus per compensare quello che abbiamo tolto.

Riepilogando: se non si fanno controlli per recuperare imposte evase, non si ha coraggio di imporre solidarietà ai ricconi, si sperperano risorse pubbliche, non si ha una giustizia giusta e non si hanno politici esemplari è meglio fare fagotto e lasciare che altri si cimentino a guidare l’economia nazionale, perché matureremo la pensione dopo morti e vana sarà la speranza di trasformare il nostro paese in una macchina moderna studiata (ricerca), collaudata (aiutata) e produttiva (perfetto equilibrio tra ottimi servizi erogati e costi sostenuti).