Ogni anno lo stesso copione!
Su tutte le piazze d’Italia si commemorano i caduti di tutte le guerre (è già
un miracolo di questi tempi), ma quale strazio nelle solite parole d’occasione pronunciate davanti ad una platea striminzita e fredda.
A Caino sono bastate due gocce di pioggia per ridurre i partecipanti a
un numero insufficiente a fare degna corona. Per fortuna, come
testimonianza militare c’era un nutrito gruppo di alpini e qualche fante. Che
tristezza! Come siamo lontani dal condividere il sacrificio dei morti che ogni
anno leggiamo sul monumento. Come siamo lontani dal sacrificio delle mamme e
nonne che salivano in ginocchio al santuario della “Madonna delle Fontane” per
implorare l’incolumità dei loro congiunti. Come siamo lontani in coerenza nel
parlare di pace dimenticando quello che costa in vite umane e distruzione la
guerra, assentandoci nel momento del ricordo. Come siamo lontani (e incoerenti
ancora una volta) allontanando i bambini delle scuole, salvo pochissime
eccezioni, dal monumento dei caduti; facciamo visitare le fattorie, amare gli
uccellini e i cani ma al monumento dei caduti non facciamo portare un fiore
durante l’anno scolastico. Come siamo lontani perfino dai nostri avi se
dimentichiamo che, se anche non compaiono nella lista dei caduti (grazie al
Cielo), hanno combattuto per difendere la nostra Patria. Come siamo lontani dall’avere
piena consapevolezza di avere una Patria comune da difendere dalle ostilità che
provengono da ogni parte, pur rimanendo aperti alla collaborazione con il mondo
intero per il bene dell’umanità.
Solo l’esempio e la convinzione nel ritenere che celebrare i caduti
non significa solo ricordare dei morti, ma ritrovarsi per mantenere viva la
fiaccola per una Patria libera, giusta e solidale (ancora lungi dal
realizzarsi), può contagiare questa società portandola all’autocelebrazione,
cioè una festa propria, una festa per ognuno di noi. A Caino con un po’ di
buona volontà si può.