venerdì 2 febbraio 2018

CHE PENSA DIO DI ME?

Ho appena finito di leggere “Silenzio” di Shusaku Endo confesso di essermi trovato profondamente imbarazzato e scosso dalle provocanti sottolineature del libro.
Si parla di un “gesuita” che per conoscere la verità sul suo “maestro” accusato di apostasia, decide di recarsi con un compagno nel Giappone del 1645, in piena persecuzione dei cristiani.

Questo testo interroga tutti noi occidentali fortunati che guardiamo alle vicende dei cristiani perseguitati, praticamente vicinissimi alle porte dell’Europa del benessere.
Essere credenti a parole non è come esserlo nei fatti. Le estreme conseguenze di una fede vissuta e rivendicata davanti a tutti, già nei nostri paesi liberi sono marcate da atti discriminatori o coercitivi, figuriamoci nelle nazioni fanatiche e radicalizzate.
Eppure d’innanzi alla più feroce persecuzione dei cristiani che si ricordi, con centinaia di migliaia di morti per opera di regimi prevalentemente islamici, si continua ad ostentare una tranquillità e una distanza indegna per un continente civile come l’Europa. Mi sorge un dubbio: col mio silenzio non divento anch’io persecutore?

I cristiani di oggi cercano prima di tutto il loro benessere, poi, in qualche momento di difficoltà, si ricordano di essere figli di Dio. “Non sono tutti così” mi sembra di sentire obiettare. Certo che no! Sarebbero finiti i Santi e le ancora tante persone di Dio. Però è vero o non è vero che dopo la Cresima o l’ultimo Sacramento del percorso dottrinale, con tutta naturalezza la maggior parte non partecipa alla Messa o vi partecipa quando ne ha voglia?
Senza voler insegnare niente a nessuno, basandomi esclusivamente su me stesso, mi sembra che ci sia stato un corto-circuito proprio nell’insegnamento della Dottrina e nella coerenza nel viverla. L’esigenza di amore che ognuno porta con se, nella gran parte dei casi, non è soddisfatta proprio dalla gente che fa parte della Chiesa locale. Quanti di noi incontrando una persona si interrogano su come si può sentire in quel momento o se può aver bisogno di qualcosa? Ma senza questa immedesimazione non si può parlare d’amore e non si costruisce ne la Chiesa ne una comunità.

Mi sono molto interrogato sul perché Padre Pio da Pietrelcina con le sue Messe da due ore e Confessioni drammatiche riuscisse a tenere in chiesa una gran massa di persone, mai mancata fino alla sua morte. La risposta, a mio parere, può essere una sola: nella Confessione, nella predicazione, nella coerenza della sua vita nella Fede è stato un faro per tutti quelli che l’hanno conosciuto che per questo si sentivano compresi, aiutati e sostenuti. Due ore di Messa o essere considerati sacrileghi non disarmava quelle persone affamate di Dio.

Questo succede ai nostri giorni? Mi auguro che in qualche chiesa succeda, ma nessuna che io conosca. So che tanti vorrebbero Papa Francesco come parroco e che tanti invocano le incombenze che lui non ha come giustificazione all’inefficienza pastorale e al continuo svuotamento delle chiese. Mi chiedo anche: perché le Chiese perseguitate presentano cristiani vibranti e pronti alla morte per Cristo? Accostati a loro, tanti di noi, per la nostra scarsa fede, assomigliamo a dei miscredenti. Mi si permetta un paragone irriverente: l’opulenza ha generato gli obesi ma per diventare modelli bisogna avere la volontà di dimagrire. Anche per essere cristiani bisogna volerlo e nessuna scorciatoia o ambiguità nell’applicazione delle regole morali riempirà i luoghi di culto, bensì la proclamazione della Parola da parte del sacerdote con fermo entusiasmo, accompagnato dalla sua amorevole presenza nelle case delle sue pecorelle.

Un parroco dovrebbe conoscere la situazione personale di ogni persona della sua comunità per poter svolgere il suo apostolato e cementare la fede di chi crede e per avere dei testimoni pronti a tutto. 

Quanti di noi sarebbero disposti ad andare in prigione (se non peggio) pur di non rinnegare la Trinità? Quanti di noi mancando il sacerdote saprebbero radunare la comunità in preghiera? 
Quando la Parola genera amore fraterno, la certezza dell’immortalità aumenta e si sostiene, cementando dei cristiani con la “C” maiuscola. E' allora che lo Spirito entra in ognuno di loro.