domenica 19 febbraio 2023

DOTE DI ETERNITÀ

 


Ancora una volta la naturalezza della vita mi ha dato una lezione da non dimenticare. In mattinata (18/2/2023) mi sono recato all’Ospedale Civile di Brescia per partecipare all’inaugurazione di una nuova ala, finanziata dall’AIL attraverso i suoi sostenitori, per i pazienti affetti da malattie del sangue, leucemia, ma non solo. 

Camici bianchi e un buon numero di rappresentanti delle varie associazioni sostenitrici del progetto, si sono radunati nell’atrio del 4° piano della Scala 2 per la benedizione e il taglio del nastro da parte del Vescovo Pierantonio Tremolada. 

La presentazione da parte del dott. Navoni dei risultati ottenuti grazie alla generosità di molti, si è svolta in modo molto semplice e famigliare, come del resto tutta la cerimonia. Ma quello che più mi ha colpito è stata l’atmosfera che quell’evento ha portato con sé. Mi ha indotto a pensare che anche tutti gli altri momenti d’incontro tra queste persone (io faccio eccezione perché presente solo formalmente) ripeta le medesime sensazioni. Il sorriso, l’interessamento misto di leggera tristezza, ti fa sentire subito partecipe, uno di famiglia. 

Questo disinvolto atteggiamento si è reso possibile perché il dolore provocato dalla malattia di un congiunto (o per sé stessi) ha fatto cadere quelle barriere delle quali ci circondiamo per difenderci, o per non fare spazio agli altri. Il dolore ci rende tristi ma, nello stesso tempo, ci fa allargare lo sguardo sulle relazioni autentiche e ci apre il cuore verso chi è nel bisogno. È una forma di compensazione naturale, una sorgente di umanità, la ricerca di quello che è essenziale nella vita, che va oltre la malattia. 

Questo è l’insegnamento: bisogna vivere per quello che conta veramente. 

Un paziente oncologico, dopo aver osservato a lungo il comportamento delle persone, disse: “Vivono come se non dovessero morire mai!” Quanta verità in questa breve frase. Lui che sapeva di avere il tempo contato, aveva estratto dalla vita le cose essenziali: l’amore per chi era disposto a stargli accanto, il desiderio di trasmettere agli altri la propria voglia di vivere, la bellezza di un sorriso contagioso, la spontaneità dei bambini, le meraviglie della natura, afferrare a piene mani ogni momento che rimane da vivere. 

Dispiacerà alla categoria, ma se la maggior parte della popolazione mondiale imparasse a vivere così, psicanalisti e psichiatri chiuderebbero bottega. Inoltre, in mancanza di persone “perse” verrebbero a mancare i provocatori di guerre, piccole e grandi, e su tutto il pianeta splenderebbe un arcobaleno di pace. 

Utopie? No! È un sogno che solo le persone che hanno conosciuto il dolore realizzano dentro sé stessi, una dote di eternità.