domenica 26 febbraio 2023

IL SOLITO PROVOCATORE

 


Si sente parlare spesso di comunità, di cittadini, ma noi, ci conosciamo? Solo i ragazzi e i giovani si conoscono in tanti e abbastanza bene da condividerne idee e speranze, agli adulti è noto solo qualche anagrafica, e poco più.

Noi adulti abbiamo ereditato l’omertà e ci destreggiano tra i nostri simili cercando di mantenere sempre quel poco di vantaggio che ci permetta, tacendo, di ottenere qualche beneficio. Non occorre molto per dimostrarlo. I nostri politici locali, ad esempio, è da decenni che si presentano con un programma alle elezioni senza mai aver fatto sentire la loro voce durante il quinquennio (a parte qualche comunicato). Negli altri paesi è lo stesso. Quindi che ne sappiamo delle persone che chiedono il nostro voto? Tutti cercano di mostrare il loro specchietto delle allodole con lo scopo di coprire gli altri candidati che, presi uno ad uno, sconosciuti circa i loro interessi e le loro opinioni, non sarebbero mai eletti, ma dietro lo specchietto …

Non è forse vero che la nostra scelta elettorale si basa più sull’amicizia che sulle capacità? Sulla simpatia e non sulle idee? Sul possibile tornaconto anziché sul dinamismo propositivo del candidato?

Siamo ritornati ai tempi delle crociate! Ognuno è buono e gli altri sono cattivi. Ma ogni “buono” continua a fare errori, qualunque sia la sua casacca. Nessuno è buono se non è aiutato ad esserlo dagli altri, buoni e cattivi. Ma perché questa speranza si renda possibile è necessario che la famiglia e la scuola promuovano a pieni voti il confronto dialettico tra le persone come metodo salutare di integrazione, di rispetto e, quando possibile, di collaborazione.

Abbiamo promosso invece i social a mezzo di comunicazione di massa, col risultato di farci trascinare dall’onda dei like invece che da ragionamenti messi a confronto. Se oggi non c’è più un valido e battagliero Movimento studentesco” vuol dire che tutta la società si è seduta ad aspettare che il mondo politico torni ad infiammare i suoi elettori rimpossessandosi dei sani ideali dei quali è stato un tempo portatore. Infatti, sei elettori su dieci non vanno a votare.

Si dirà che votare è un dovere civile. Vero, ma non lo è altrettanto (e in modo maggiore) quello del politico di dare soluzioni ai problemi del proprio Comune e del proprio Paese? Non si dovrebbero preoccupare i politici della loro scarsa rappresentanza? Invece che fanno? Contenti di aver conquistato il “potere” fanno di tutto per conservarlo continuando le loro “beghe” e lasciando i problemi senza soluzione. Pensano forse che le persone non si rendano conto di quanto siano irrealizzabili talune promesse elettorali? Possibile che non comprendano che il cittadino ha bisogno di essere rassicurato da progetti concreti che tengano conto della nostra fragilità economica?

Ecco, quindi, che il nostro dovere sarebbe quello di sollecitare la Politica a trasformare i titoli in soluzioni, iniziando da quelli che hanno la priorità. Favorire le nascite significa agevolare le famiglie in modo adeguato con asili nido e sostegni; aumentare l’occupazione significa avvicinare la scuola professionale alle aziende favorendone l’integrazione con aiuti adeguati; sviluppare l’economia significa finanziare la ricerca e pagare meglio i ricercatori (per avere ricercatori validi occorre premiare le capacità e il merito degli studenti); avere una buona sanità significa avere medici in misura sufficiente per coprire la rete dei servizi; per evitare i disastri ecologici non basta la burocrazia ma i controlli sul territorio e interventi per mettere in sicurezza le zone a rischio; ecc…

Naturalmente queste cose sono note, ma la risposta lo è altrettanto: “Non ci sono i fondi”. Verrebbe da ridere, se non fosse tragico e fonte di tragedia per tante persone; nei programmi elettorali vengono spesso introdotte voci per spese aggiuntive (Flat tax, abbassamento dell’età pensionabile, asili gratuiti per tutti, riscatto gratuito della laurea, per esempio), oscurando i capitoli più importanti e prioritari per il cittadino medio.

Quando rivedremo i rappresentanti politici sedersi al tavolo tra i loro elettori a parlare del loro impegno riguardo ai punti del programma con il quale sono stati eletti, allora la speranza che il “Palazzo” si avvicini al cittadino sarà concreta. Fino ad allora, cari politici, non vi conosciamo!

domenica 19 febbraio 2023

DOTE DI ETERNITÀ

 


Ancora una volta la naturalezza della vita mi ha dato una lezione da non dimenticare. In mattinata (18/2/2023) mi sono recato all’Ospedale Civile di Brescia per partecipare all’inaugurazione di una nuova ala, finanziata dall’AIL attraverso i suoi sostenitori, per i pazienti affetti da malattie del sangue, leucemia, ma non solo. 

Camici bianchi e un buon numero di rappresentanti delle varie associazioni sostenitrici del progetto, si sono radunati nell’atrio del 4° piano della Scala 2 per la benedizione e il taglio del nastro da parte del Vescovo Pierantonio Tremolada. 

La presentazione da parte del dott. Navoni dei risultati ottenuti grazie alla generosità di molti, si è svolta in modo molto semplice e famigliare, come del resto tutta la cerimonia. Ma quello che più mi ha colpito è stata l’atmosfera che quell’evento ha portato con sé. Mi ha indotto a pensare che anche tutti gli altri momenti d’incontro tra queste persone (io faccio eccezione perché presente solo formalmente) ripeta le medesime sensazioni. Il sorriso, l’interessamento misto di leggera tristezza, ti fa sentire subito partecipe, uno di famiglia. 

Questo disinvolto atteggiamento si è reso possibile perché il dolore provocato dalla malattia di un congiunto (o per sé stessi) ha fatto cadere quelle barriere delle quali ci circondiamo per difenderci, o per non fare spazio agli altri. Il dolore ci rende tristi ma, nello stesso tempo, ci fa allargare lo sguardo sulle relazioni autentiche e ci apre il cuore verso chi è nel bisogno. È una forma di compensazione naturale, una sorgente di umanità, la ricerca di quello che è essenziale nella vita, che va oltre la malattia. 

Questo è l’insegnamento: bisogna vivere per quello che conta veramente. 

Un paziente oncologico, dopo aver osservato a lungo il comportamento delle persone, disse: “Vivono come se non dovessero morire mai!” Quanta verità in questa breve frase. Lui che sapeva di avere il tempo contato, aveva estratto dalla vita le cose essenziali: l’amore per chi era disposto a stargli accanto, il desiderio di trasmettere agli altri la propria voglia di vivere, la bellezza di un sorriso contagioso, la spontaneità dei bambini, le meraviglie della natura, afferrare a piene mani ogni momento che rimane da vivere. 

Dispiacerà alla categoria, ma se la maggior parte della popolazione mondiale imparasse a vivere così, psicanalisti e psichiatri chiuderebbero bottega. Inoltre, in mancanza di persone “perse” verrebbero a mancare i provocatori di guerre, piccole e grandi, e su tutto il pianeta splenderebbe un arcobaleno di pace. 

Utopie? No! È un sogno che solo le persone che hanno conosciuto il dolore realizzano dentro sé stessi, una dote di eternità.