Questa riflessione è
rivolta a chi crede fermamente che il Papa è il vicario di Cristo, Pastore e
guida della Chiesa di Dio. Chi si erge a giudice del Papa non è in sintonia coi
miei concetti: si possono avere dubbi e perplessità, ma guai a diventare nemici
dell’unità della Chiesa escludendo il Papa.
Non importa se la
maggioranza del clero o non prende le sue difese o è palesemente contraria ai
suoi insegnamenti e alle sue direttive e lo manifesta apertamente arrivando ad
affermare che parecchi punti dell’Amoris Laetitia possono essere
interpretati come eretici (*). Grande è la loro responsabilità: lo scontro tra
favorevoli e contrari a Francesco non solo divide i cattolici ma li consegna
allo sconforto e alla confusione.
L’apertura verso i
divorziati risposati, la tolleranza zero verso sacerdoti, vescovi e cardinali
che hanno coperto gli abusi sessuali, o li hanno essi stessi compiuti, non ha
creato il giusto imbarazzo com’era logico che fosse ma bensì odio e
risentimento per essere stati ridimensionati nel potere e chiamati a rispondere
dei propri comportamenti (*) (nessun altro Papa ha mai ridotto allo stato
laicale o privato cardinali dalla porpora come Francesco). Le accuse pesanti di
mons. Viganò rappresentano solo la punta dell’iceberg della lotta interna alla
Chiesa per esautorare Papà Francesco. Neanche Paolo VI, nel suo burrascoso e
contestato pontificato, ha mai raggiunto un così alto clima di ostilità.
Sacerdoti,
vescovi e cardinali esprimono apertamente le loro critiche al Pontefice in nome
di una dottrina tradizionale che non è più adatta al tempo che viviamo. Non
aver accolto il suo insegnamento ha condotto a una disgregazione dei fedeli con
una visione del mondo basata essenzialmente sui messaggi raccolti sul web.
È
la mancanza di un’unica voce ecclesiale la causa principale della confusione e
della metamorfosi dei cattolici, una voce che dovrebbe partire dal pulpito producendo
le eco dei vescovi e dei cardinali. Succede invece che, o per non apparire in
disaccordo col proprio vescovo o per obbedienza alla propria lobby, molti
sacerdoti tacciono sugli argomenti raccomandati dal Papa. Così i cattolici sono
spaccati sull’immigrazione, sull’apertura ai divorziati risposati,
sull’apertura alle donne per il diaconato, sulla infallibilità del Papa in
materia dottrinale, sul clero gay, sull’obbedienza al Pontefice, sull’etica
politica e sulla necessità di esercitarla come servizio, sull’aborto, sul fine
vita, sull’utilizzo degli embrioni, e tanto altro. Con queste divisioni ci
sentiamo autorizzati a condividere comportamenti razzisti, a fare la Comunione
anche se non in grazia di Dio, di andare a Messa quando ne abbiamo voglia, di
odiare chi non ci piace, evadere il fisco a piacimento, non curarci di
comportamenti criminosi, non curarci di chi è nel bisogno vicino a noi,
scartare a priori il dialogo con altre religioni.
Paolo
Paganella, parroco di Gorino, interrogato sui fatti che l’hanno portato ad
erigere barricate coi suoi parrocchiani per impedire l’arrivo di 12 giovani
donne africane ha risposto: “Il Papa risponde di se stesso. Sono io che devo
rispondere davanti a Dio.(*)
Poi
ci sono i cattolici integralisti, quelli che hanno sposato in pieno le teorie salviniane
sull’accoglienza, come Socci che proclama: “Noi cattolici siamo con don Salvini”.
Salvini stesso che afferma: “Il mio Papa è Benedetto” (*), come se le
dimissioni del primo ammettessero due linee guida. Questi “salvatori” della
religione cristiana fanno parte di quella schiera che considerano dannosi i
tentativi di Francesco di mantenere il dialogo con i musulmani in nome di una
supremazia cattolica che di fatto non c’è, grazie al laicismo imperante che
governa tutti gli eventi. Quindi, anche se i fedeli della religione islamica sono
da seguire con attenzione, a maggior ragione il dialogo attenua il pericolo di
una pericolosa radicalizzazione.
La
resistenza passiva a Bergoglio è testimoniata tutt’oggi là in quelle nazioni
dove non si vuole scoperchiare la rete degli abusi secondo la tolleranza zero
chiesta dal Pontefice. Tranne in alcune nazioni, la stragrande maggioranza
delle conferenze episcopali non ha organizzato nessun tipo di struttura a cui
possano rivolgersi le vittime per denunciare e ottenere giustizia (*).
Cosa
riservi il futuro al popolo di Dio è difficile immaginare, quello che è probabile
è un logorante braccio di ferro tra i cardinali della curia; se è vero che “le
porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa”, sarà lo Spirito a
decretarne l’esito.
(*)Fonte:
LA SOLITUDINE DI FRANCESCO di Marco Politi – Editori Laterza