Molti ritengono che non sia possibile un confronto aperto e costruttivo su face book e, proprio per questo, se ne guarda bene dal partecipare alle discussioni. Una prima analisi può portare in effetti a questa conclusione; dovremmo pero' ricordare che i post sono scritti da noi, siamo noi che ci offriamo per quello che siamo e mi verrebbe da dire: siamo un piccolo specchio della società.
Face book e' come un grande acquitrino dove convivono silenziosi e composti uccelli acquatici e un gran numero di anatre starnazzanti. Si sono dati appuntamento senza un preciso legame, hanno seguito la corrente ed ora cercano di parlarsi. Ma parlare di cosa? Cosa li accomuna? In verità sono molte le cose di cui parlare che ci riguardano, solo che la partecipazione e' inversamente proporzionale alla distanza che c'è tra l'argomento e noi. Più e' lontano ( l'Europa, la politica, i profughi, ecc.) più la partecipazione e' accesa; se invece e' vicino (parrocchia, amministrazione comunale, confronto su problemi etici, ecc.), ecco che ce ne stiamo buoni a cuccia per essere certi di non urtare nessuno; non importa se ne sta parlando il Papa o il Presidente della Repubblica o il nobel della scienza, noi non c'entriamo.
Per fortuna ci sono quegli "acquatici" composti che, pur coi loro limiti, mettono a disposizione il loro pensiero e si offrono al dialogo perché quelli che vi partecipano possano crescere insieme a loro nella speranza di un mondo migliore e nella condivisione delle tante difficoltà umane che spesso sono vicino a noi. Proprio la presenza vicino a noi di un drogato, un omosessuale, un alcolizzato, un divorziato, ecc. , dovrebbe indurci a confrontarci su questi stati per capire e comportarci in modo adeguato, specialmente in questo tempo in cui le "assemblee a tema" non vanno più di moda.
Accompagnarsi alle "anatre starnazzanti" scoraggia chi si affaccia a face book, impedisce la formazione di una comune identità e ci fa credere che tutti gli insegnamenti che abbiamo ricevuto dai nostri genitori siano frutto della loro ingenuità, di quello che oggi viene chiamato "retaggio culturale".
Fino a quanto la paura di comprometterci impedirà a face book di essere uno strumento di elevazione culturale non e' dato di sapere, ma nella vita viene sempre un momento che ci costringe ad uscire dal "buco" e farci riconoscere per quello che siamo.