lunedì 17 marzo 2014

DOVE ANDIAMO? SERVE UNA BUSSOLA!


Quando sento parlare Papa Francesco mi sento una cosa sola con la Chiesa che lui vorrebbe, nonostante gli schiaffoni evangelici che ogni giorno distribuisce a tutto il mondo con l’immancabile sorriso. Calandomi invece nella realtà quotidiana vedo tutti i limiti che lui denuncia evidenziati superbamente da quei cristiani che avrebbero le qualità per guidare il gregge di Cristo, siano essi laici o consacrati, e quelli che spesso concorrono a impedire che i credenti raggiungano una piena unità frapponendo dei distanziatori nel rapporto con le persone, che consistono il più delle volte in giudizi o pre-giudizi sull’operato altrui (non ho la presunzione di salvare nemmeno me stesso da questa colpa). Vedo inoltre banalizzare il comportamento del Papa da persone che servono all’altare del Signore e a me non pare che ciò aiuti a fare della parrocchia una famiglia (1).
Può venir facile pensare che la cosa migliore sia quella che ognuno faccia la sua parte; certamente nei secoli questa teoria potrebbe portare i suoi frutti, ma nel frattempo ci sono persone che sono sopraffatte dal bisogno e muoiono. Si muore di fame, si muore di solitudine. I cristiani cosa offrono? La Caritas! Vale a dire l'ultimo anello che lega la persona bisognosa con la comunità cristiana. Fortuna che c'è la Caritas, ma che tristezza. Quando ero ragazzo c'erano molte guide: c'era il Parroco che faceva della "dottrina" uno stimolo perché il cristiano si desse da fare; c'era l'Azione Cattolica che cercava di tenerti nel solco della Religione; c'erano le ACLI che ti preparavano a fare la tua parte nella società; c'era la DC che era l'unico partito che non fosse in conflitto con quello che professavi. Ora tutto questo sembra svanito per far posto alla libertà personale di esprimersi, di decidere secondo coscienza, senza essere influenzati dalla Fede o dagli insegnamenti della Chiesa, quindi anche dal Papa.
Quanti preti invece di copiare quelli che sono in “prima linea” sono diventati amministratori che hanno il loro ufficio in Canonica e solo lì svolgono i loro compiti come un qualsiasi impiegato (2).
Mi pare sacrosanta l'esortazione del Papa quando raccomanda a questi sacerdoti di uscire incontro alle loro pecore, che tanto hanno bisogno di loro (3). L'unica speranza infatti che ha questa società, sempre più smarrita, viene dai sacerdoti. Più usciranno dalle canoniche e più saranno fautori di concordia e propulsori di iniziative catalizzanti che sapranno indirizzare i laici su strade col medesimo fine. Oggi invece non sappiamo dove siamo diretti, cosa ci aspetta e con chi stiamo viaggiando.
Dicono che non ci sono più le ideologie: balle. Forse che il liberalismo e il laicismo comunista non sono ideologie? Forse in FI non sono rappresentati i primi e nel PD i secondi? Cari cristiani, se è vero che i sacerdoti stanno esaurendosi, è altrettanto vero che i laici dovranno sostituirli ascoltando l'insegnamento del Papa: basterebbe far propri alcuni passi della sua "Evangelii Gaudium" che riguardano i laici per sentirsi spronati a fare di più ed a unire le forze (4).
Ma lasciatemi dire che le forze devono prima di tutto convergere sulla Fede e sulle verità principali che riguardano la vita umana: fuori da questo non c'è cristianesimo e neppure la volontà di continuare ad esserlo combattendo ogni giorno contro le debolezze che ognuno si porta dentro; c'è probabilmente invece l'ambizione di ricoprire degli incarichi istituzionali o sociali cavalcando la debolezza e la divisione di un popolo che ha perso la "spina dorsale".
So di essere un cristiano con tanti limiti, ma sono anche uno che non ha mai fatto mancare (apertamente, non con le lettere anonime), la sua opinione, ed è per questo che offro ai lettori questa provocazione: il pensiero (e il ragionamento) è l'unica cosa che nessuno ci può togliere, nessuna persona e nessuna autorità.


(1) Esortazione Papa Francesco Cap. 4° – 179
(2) Esortazione Papa Francesco Cap. 2° – 78
(3) Esortazione Papa Francesco Cap. 1° – 28
(4) Esortazione Papa Francesco Cap. 4° - 183

giovedì 6 marzo 2014

EUROPA - UCRAINA

Senza voler scomodare le antiche ideologie, mi piacerebbe sentire o leggere qualcuno di Caino a commentare gli avvenimenti in Ucraina. Nel 2014 dobbiamo assistere al triste spettacolo di carri armati stranieri che impediscono una evoluzione culturale di un popolo che ha dovuto versare il sangue con più di 30 morti e un numero imprecisato di feriti: tutto per una questione  di  egemonia politica. Il paradosso e' che in Ucraina si muore per il diritto di essere liberi di poter sciegliere di far parte della Comunita' Europea; noi europei esercitiamo la nostra libertà cercando di minarne la forza e la coesione per finalità non sempre edificanti. Intendiamoci, che ci sia la necessita' di rivendicare con forza che in Europa non si debba guardare solo ai risultati di bilancio e' più che legittimo ed auspicabile, potrebbe servire ad evitarci con l'Ucraina la brutta figura che abbiamo fatto coi Balcani e un po' anche quella con la Libia, per non andare troppo lontani. Ma e' indubbio che l' Europa rappresenta l'unico baluardo per derive finanziarie mondiali che fino ad ora non siamo mai riusciti ad arginare a dovere per le divisioni interne alimentate da una visione miope delle crisi e interessi commerciali di certe nazioni. Dobbiamo riconoscere che l'Italia ha portato in Europa le idee migliori per una sana coesione comunitaria: ma non e' stata ascoltata. Non e' stata ascoltata  perche'  non ha saputo farsi valere diventando una nazione economicamente forte; non ha potuto diventare forte perché la nostra classe politica, dal '70 in poi, ha sperperato una immensa e incalcolabile ricchezza.
Quindi non solo l'Europa e' poco credibile nel mondo, ma anche l'Italia, e lo sarà fino a quando qualche importante promessa del Governo di turno sarà mantenuta con un minimo di equità.
Dovrebbe farci riflettere la difficile situazione dei maro' bloccati in India. Inizialmente siamo stati scaricati prima dall'ONU e poi dal Consiglio Europeo. Ora, dopo aver lasciato intravvedere la possibilità di non rinnovare gli impegni per le missioni militari all'estero, pare siano venuti a più miti consigli: staremo a vedere.
Ecco perché a mio avviso l'Europa deve trovare la massima unita' nel difendere l'Ucraina  adoperandosi al massimo con la sua diplomazia, che potrebbe non bastare. Non farlo sarebbe come accettare che altri carri armati occupassero una delle nostre nazioni.

domenica 2 marzo 2014

IL ROCCOLO

La pratica dell’uccellagione risale, secondo documenti storici, al 1400 e gli aristocratici prima, la borghesia dopo, hanno sempre ritenuto un privilegio l’avere un roccolo. Anche Giuseppe Zanardelli, statista bresciano, rimarcava la grande importanza dell’industria delle reti sia da pesca che per l’uccellagione. Allora si gioiva del benessere che questa tipologia di caccia portava alla popolazione, sulla tavola e nell’industria tipica. Non ha visto alcuna riduzione delle specie volatili fino all’avvento dei pesticidi e sulle tavole di tante famiglie bresciane e bergamasche ha prevalso questo cibo a buon mercato e tanto … succulento.
Il roccolo veniva costruito sui pendii, affinchè i volatili, spaventati dallo “spauracchio” e dal fischio che simulava il verso del falco, potessero precipitarsi il più basso possibile per salvarsi dal predatore e finire nella rete. La rete di cattura stava in mezzo ad altre due più robuste e di maglia larga, ben tese lungo il perimetro. Veniva costruito a ferro di cavallo con un diametro di 20-30 metri con il “casello” al centro che fungeva di cabina di regia.
La mia generazione ha conosciuto due roccoli nel circondario del paese che ormai non esistono più: quello del “Viglio” sulle colline in fondo a Val Bertone e “Baglioni” salendo da S. Eusebio verso la Corna Lunga. Nel primo si trovavano i richiami di tutte le specie cacciabili; nel secondo prevalentemente tordi, merli e cesene. Prelevati dalle gabbie venivano inserite nelle calze di nylon che ci portavamo appresso e che permettevano agli uccelli di respirare durante il tragitto.