Spesso
mi chiedo perché così tanti cristiani in Italia non facciano sentire la loro
voce e le loro proposte davanti all’avanzata di teorie e ideologie che vanno
sempre più scalzando il senso umanitario e solidaristico del nostro vivere
quotidiano (aborto ed eutanasia, per esempio, ma non solo). Non ho una risposta
sicura a tutto questo, ma siccome il mio faro, la sola voce che riesco a
sentire è quella di Papa Francesco, avversato persino in “casa sua”, cerco di
capire perché nemmeno dai sacerdoti arrivi lo stimolo a difendere "calorosamente" i valori
importanti che riguardano tutta la nostra vita cristiana. Col battesimo abbiamo
ricevuto il “diritto” di ritenerci “figli redenti” ma non quello di dire a Dio “pensaci
Tu”. È vero che se non ci abbandoniamo a Lui noi non possiamo salvarci con le
sole nostre forze, ma è altrettanto vero che accettando di diventare cristiani
siamo diventati testimoni che Gesù è morto per noi dopo averci lasciato un
grande insegnamento (Vangelo) e fatti attori principali della Sua
missione. Allora perché non facciamo sentire la nostra voce
quando viene messo in ridicolo il Suo messaggio?
Una prima motivazione viene dalla
nostra fragilità, dalla consapevolezza dei nostri difetti, dei nostri peccati: come
posso io criticare e contestare nelle mie condizioni? Sapere come si sta
spiritualmente è importante perché significa che la Coscienza risponde e quindi
è aperta alle comunicazioni che Dio continua a mandarci. Serve però un piccolo
atto di coraggio: l’umiltà di ritenerci fragili davanti a Dio e davanti agli
uomini (confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato…),
ma nello stesso tempo convincerci e professare che possiamo veramente contare
sull’aiuto di Dio per essere migliori rimanendo comunque sempre fedeli
difensori della Sua Parola è strumento per migliorare la società. Anche se
siamo i peggiori abbiamo il dovere di testimoniare che Cristo è morto per noi,
è Risorto e ci aspetta per festeggiare con Lui.
La
seconda motivazione viene dalla nostra superbia: la presunzione di non aver
bisogno di Dio per vivere la nostra vita. Ciò è grave perché ci relega a una
esistenza animale (a volte peggiore) privandoci di un futuro di eternità nel
quale godere il giusto premio per aver riempito la nostra vita terrena di
aspirazioni, amore e testimonianza della nostra fede in Cristo. Ci riduciamo
così quando non crediamo nella potenza dell’amore e non lo cerchiamo neanche.
Il più delle volte ciò deriva da un’infanzia infelice, da traumi che abbiamo
subito da piccoli impedendoci di sperimentare serenamente la dolcezza di questo
sentimento. Costretti a cercare da soli le motivazioni della nostra esistenza,
finiamo col farci guidare istintivamente da persone e da messaggi che ci
sostengono, che invece hanno un progetto ahimè ben definito, non certo quello
di favorire la nostra crescita umana e spirituale. Ecco il punto: umanità e
spiritualità, sono i sostegni basilari di ogni persona che entra in difficoltà
ogni qualvolta prevale l’uno a danno dell’altro.
C’è
una terza motivazione, forse più banale ma non meno colpevole: vivere la
religione in modo infantile. Se uno non crede a Dio ma ne cerca la traccia,
probabilmente finirà nelle sue braccia misericordiose. Ma un credente che non
farà del suo meglio per mettere in pratica i suoi Comandamenti è destinato a un
giudizio molto severo.
Pare
che nessuno si accorga della freddezza con la quale si celebrano tante
liturgie, la Messa con canti che sono anche bellissime preghiere, ma con ritmi
musicali privi di festa; letture fatte in fretta, a volte lette in maniera incomprensibile;
prediche che a volte servono solo a chi le fa; l’intercalare poco raccoglimento;
poca enfasi ai momenti più importanti. Se non riusciamo a vivere la Messa come
vicinanza a Cristo e al suo sacrificio per noi e le altre funzioni liturgiche
come lode festosa a Dio Padre o allo Spirito Santo, allora dobbiamo iniziare
tutto daccapo, da quando eravamo bambini. Per essere buoni cristiani bisogna
amarsi come comunità ed essere felici di trovarsi insieme a lodare Dio. La
fretta di lasciare il Tempio indica che quei credenti hanno bisogno di un
missionario.
Un’ultima
motivazione in base a quanto ho notato è la vergogna di farsi riconoscere come
cristiani. Per me è gravissimo! Nella maggior parte del mondo i cristiani sono
perseguitati, uccisi, umiliati e sopportano ogni sorta di soprusi; non è né
comprensibile né accettabile che in uno Stato come il nostro, con tutte le
libertà e tutele possibili, un cristiano abbia vergogna di mostrarsi tale. Se
nelle nostre chiese si trovasse il tempo di leggere un qualche grido di aiuto
dei nostri fratelli perseguitati riportati sui settimanali/mensili dei
missionari, sempre dimenticati dalla stampa nazionale se non nei momenti delle
grandi tragedie, allora, forse, ci sarebbe qualcuno in più a farsi pubblicamente
il segno di croce, come dire: io ci sono.