domenica 6 dicembre 2020

IL COVID NON E' UNA GUERRA

 

Anche se meno, rispetto alla prima ondata, sento e leggo che il Covid è una guerra. E, nel sommo rispetto delle tragedie personali e familiari che tutti hanno toccato, sento che non è giusto.

Per fortuna la maggior parte di noi, viventi in una nazione occidentale, non sa cosa sia una guerra, però ci sono racconti, film, documenti e documentari, e, per chi ne ha avuto l’occasione e la forza, anche la presenza su uno dei numerosi fronti attuali.

In guerra non hai l’autocertificazione: esci di casa e non sai se torni; non mandi tuo figlio a portare a spasso il cane, ma a comprare il pane se c’è, dove c’è, e potresti non più rivederlo; il vicino di casa non ti sposta lo zerbino per dispetto, non litiga sui millesimi, ma ti tradisce facendoti fucilare; in guerra non ci sono i supermercati e negozi di alimentari a presenza contingentata, si fa la fame; in guerra il tuo ragazzo sente fischiar pallottole, non è prigioniero in una regione di diverso colore.

A rafforzare la precisazione, una recente intervista allo scrittore italo-sloveno  centosettenne Boris Phaor. Due volte al fronte, ammalato di TBC, contagiato dalla “spagnola”. Chiede l’intervistatore: “Differenze tra ieri e oggi?”. – “Mascherine? Non c’erano. Medici? Erano al fronte. Avevamo fame, fame nera. Una rosetta a testa con la tessera annonaria e bisognava andare sul Carso a cercare la polenta. La vita normale era segnata dalla fame.” Non dall’attesa del prossimo DPCM.

Roberto Bernardo

Giornale di Bs  6/12/2020