È veramente ripugnante vedere la politica speculare in ogni momento sull’estremo stato di debolezza del nostro Paese. Ricatti, invidie, sgambetti, divergenze, ostilità, opposizioni, ipocrisie. E sono compresi tutti in questo gioco perverso. Innanzitutto il Governo che non vuole riconoscere alla sincerità il ruolo importante che ha nella comunicazione: non si può continuare a dire che nessuno sarà lasciato solo o che è già stato erogato un determinato contributo quando tanti cittadini non hanno visto il minimo segno di solidarietà. Bisogna avere il coraggio di dire che i soldi non ci sono e la macchina burocratica fa acqua da tutte le parti. Che dire poi dei timori di una “governance” che guidi la spesa dei fondi europei? Se davvero fosse attribuito ad una sola persona la responsabilità di spendere in fretta il denaro ricevuto sulla base di un piano definito congiuntamente dal Governo, da sottoporre all’esame del Parlamento, non potrebbe che ottenere il plauso di tutti gli elettori italiani che vedrebbero almeno uno a cui attribuire le colpe. Invece no! Tutte le componenti politiche dell’esecutivo vogliono assistere e decidere sulla “spartizione” per potere poi attribuirsi il merito davanti al proprio elettorato. Intanto il tempo passa. Le decisioni rimandate, i progetti ancora in buona parte da costruire, mentre la nostra economia non accenna a riprendersi, anzi, davanti all’incertezza del momento brucia risorse e chiude tante attività. Come se non bastasse il virus continua a dilagare mietendo un numero di vittime impressionanti. E l’opposizione? Potrebbe fare un piano alternativo (realizzabile) e presentarlo alla stampa se non accolto, invece: “abbiamo fatto le nostre proposte in parlamento e non sono prese in considerazione”; certo, se a tasche vuote si chiede il rimborso totale del reddito perduto e la riduzione delle imposte che prima o poi dovranno essere adeguate allo stato di necessità in cui ci troviamo, sono proposte irricevibili. Vedono le urne come unica possibilità di ritornare a un governo che abbiamo già visto e cercano tutti i modi per alimentare polemiche e creare ostacoli alla maggioranza per sfiancarla e farle gettare la spugna. “Fanno il loro lavoro” dice qualcuno. Si sì potrebbe dire così in tempi normali non davanti a una economia che crolla e che ci può condurre al default tipo Grecia o Argentina. Andiamoci pure alle urne, vinceranno i partiti di opposizione, ma a causa dell’eccesso di litigiosità a perdere saremo tutti noi cittadini di un Paese meraviglioso ma assai mal rappresentato.
lunedì 21 dicembre 2020
mercoledì 9 dicembre 2020
UN NUOVO ANNO SANTO
Il Papa ha indetto un Anno Santo dal 8 dicembre 2020 al 8 dicembre 2021 dedicato a S. Giuseppe. Rivolgendo una preghiera al Santo con le dovute disposizioni si potrà beneficiare dell'Indulgenza Plenaria. Un grande regalo per i credenti concesso dalla Chiesa per mezzo di questo grande Pastore, Papa Francesco.
domenica 6 dicembre 2020
IL COVID NON E' UNA GUERRA
Anche se meno, rispetto alla prima ondata,
sento e leggo che il Covid è una guerra. E, nel sommo rispetto delle tragedie
personali e familiari che tutti hanno toccato, sento che non è giusto.
Per fortuna la maggior parte di noi,
viventi in una nazione occidentale, non sa cosa sia una guerra, però ci sono
racconti, film, documenti e documentari, e, per chi ne ha avuto l’occasione e
la forza, anche la presenza su uno dei numerosi fronti attuali.
In guerra non hai l’autocertificazione:
esci di casa e non sai se torni; non mandi tuo figlio a portare a spasso il
cane, ma a comprare il pane se c’è, dove c’è, e potresti non più rivederlo; il
vicino di casa non ti sposta lo zerbino per dispetto, non litiga sui millesimi,
ma ti tradisce facendoti fucilare; in guerra non ci sono i supermercati e
negozi di alimentari a presenza contingentata, si fa la fame; in guerra il tuo
ragazzo sente fischiar pallottole, non è prigioniero in una regione di diverso
colore.
A rafforzare la precisazione, una
recente intervista allo scrittore italo-sloveno centosettenne Boris Phaor. Due volte al
fronte, ammalato di TBC, contagiato dalla “spagnola”. Chiede l’intervistatore: “Differenze
tra ieri e oggi?”. – “Mascherine? Non c’erano. Medici? Erano al fronte. Avevamo
fame, fame nera. Una rosetta a testa con la tessera annonaria e bisognava
andare sul Carso a cercare la polenta. La vita normale era segnata dalla fame.”
Non dall’attesa del prossimo DPCM.
Roberto Bernardo
Giornale di Bs 6/12/2020
domenica 1 novembre 2020
COSA BISOGNA FARE PER RIDURRE IL CONTAGIO DEL CORONAVIRUS
Coronavirus e Covid-19: cosa bisogna fare per ridurre
il rischio di ammalarsi o di contagio
Come è
possibile ridurre il rischio di contrarre la malattia durante il lavoro, la
scuola, gli spostamenti sui mezzi e le attività normali come fare la spesa?
Ecco alcuni consigli e i fattori di rischio da considerare nella vita di tutti
i giorni.
Eliminare il rischio di contrarre il coronavirus Sars-CoV-2 e di ammalarsi
di Covid-19 è impossibile, ma è possibile limitarlo al minimo. Come è possibile
ridurre il rischio di contrarre il coronavirus durante il lavoro, la scuola,
gli spostamenti sui mezzi e le attività normali come fare la spesa? Finora
sappiamo che i luoghi dove si verifica il contagio sono, con diverse
percentuali di possibilità, la casa, il lavoro, i trasporti pubblici, i locali
e i pubblici esercizi. E che i posti chiusi e i luoghi affollati aumentano
questa possibilità.
Coronavirus e Covid-19: cosa bisogna fare per ridurre il rischio di
ammalarsi
Ma ci sono anche altri fattori da considerare: per esempio il tempo di
permanenza nei luoghi a rischio. Oppure le stesse attività: alcune sono più a
rischio di altre. Ecco allora che i primi tre fattori da considerare sono
essenzialmente questi. Ovvero:
- mantenere le distanze
sociali;
- lavare o igienizzare le mani il
più possibile;
- indossare la mascherina.
Il quotidiano spagnolo "El Pais" ha provato a calcolare il
rischio di infezione in un ambiente chiuso utilizzando un modello di calcolo
sviluppato dal professor José Luis Jiménez dell’Università del Colorado. Non si
tratta di un metodo infallibile, premette il quotidiano, ma probabilmente
abbastanza accurato per capire come il virus "lavora" negli ambienti
chiusi, anche laddove viene rispettata la distanza di sicurezza di due
metri.
Scenario 1: "El Pais" ipotizza che nel nostro soggiorno di casa (le
dimensioni non sono note) ci siano 6 persone, di cui una infetta da SARS-COV-2.
In un caso del genere, indipendentemente dalla distanza di sicurezza, senza
mascherine e una ventilazione adeguata l'infetto potrebbe essere in grado di
trasmettere il virus a tutti gli altri presenti nel giro di 4 ore. Se tutti
indossassero le mascherine, le infezioni si ridurrebbero da 5 a 4 ma il
contagio ci sarebbe comunque perché con una esposizione molto prolungata
neppure i dispositivi di protezione sono in grado di fermare il virus. In casi
del genere solo areare l'ambiente e dimezzare la durata dell'esposizione (da 4
ore a 2) permette di ridurre in maniera significativa il rischio a meno di una
persona infetta. A patto però di indossare i dispositivi di protezione
individuale. Secondo "El Pais" in Spagna il 31% dei casi di infezione
è legato a questo tipo di situazioni.
Scenario 2: in un bar ci sono 15 persone che consumano e tre dipendenti. Le porte
sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica. Ebbene, nel peggiore dei casi,
senza prendere nessuna misura di sicurezza, dopo quattro ore tutti i 14 clienti
sarebbero infettati dal virus. Se tutti indossassero i dispositivi di
protezione i contagi si ridurrebbero ad 8. Con le mascherine, una ventilazione
adeguata e un tempo di esposizione dimezzato (da 4 a 2 ore), le probabilità di
contagio calano invece drasticamente: il virus sarebbe capace di infettare solo
una persona.
Scenario 3: un'aula scolastica con 24 alunni. La situazione più pericolosa si
verifica in una classe non ventilata in cui la persona infetta è l'insegnante.
In un caso del genere, senza misure di sicurezza al virus bastano 2 ore per
contagiare 12 persone. Anche in questo caso l'uso delle mascherine riduce
drasticamente il rischio di contagio (da 12 a 5 persone infettate) ma non lo
elimina del tutto. Dimezzando il tempo di esposizione (da 2 ore ad 1 ora) e
areando adeguatamente l'aula il virus sarebbe invece in grado di infettare solo
una persona. "El Pais" specifica che a differenza di quanto si può
pensare, nelle situazioni reali la distribuzione dei contagi è casuale, poiché
senza ventilazione "gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta
la stanza".
La regola dei 15 minuti
Poi c'è la regola dei 15 minuti: il
ministero della Salute ha stabilito due parametri molto rigidi che regolano il
funzionamento dell’app Immuni: l’allerta scatta solo se ci si trova a
meno di due metri da un contagiato per almeno 15 minuti. Ma da dove arriva la
"regola" dei 15 minuti? Il commissario all'emergenza Domenico Arcuri,
nel presentare l'App aveva affermato che "gli scienziati ci dicono che il
tempo minimo certo per essere a rischio contagio in caso di contatto con una
persona positiva è di 15 minuti. La distanza considerata a rischio oscilla fra
un metro e due metri. Ma è bene considerare il limite massimo".
Erin Bromage, immunologo all'Università
del Massachusetts Dartmouth, ha riassunto tutto con un’equazione: infezione =
esposizione al virus x fattore tempo. "L’esposizione al virus,
moltiplicata per il tempo, rappresenta la formula basilare che consente di
rintracciare i contatti" spiegava Bromage in un articolo sul
"Corriere della Sera". "Chiunque si intrattenga a parlare con
voi per oltre 10 minuti, faccia a faccia, rischia il contagio. Chiunque
condivida con voi un ambiente chiuso (l’ufficio, per esempio) per un periodo
prolungato, rischia il contagio”.
Cosa fare per limitare i rischi di
contrarre il coronavirus nella vita di tutti i giorni
Oggi invece
il Corriere della Sera pubblica un vademecum che spiega cosa
fare per limitare i rischi di contrarre il coronavirus nella vita di tutti i
giorni. A cominciare dalla scuola, dove sarebbe buona abitudine indossare la
mascherina anche in classe quando si è seduti al proprio posto, ricordandosi
che parlare ad alta voce, urlare o cantare sono attività ritenute a forte
rischio contagio.
Sotto
la lente, più che la trasmissione in aula, c’è il tempo prima e dopo le
lezioni. Che cosa si può permettere? I bambini possono giocare tra loro
all’aria aperta in un contesto distanziato, senza accalcarsi e tenendo le
mascherine.
Poi ci sono
le raccomandazioni sui parenti fragili e gli anziani in generale:
Possiamo
vedere i parenti fragili e chiacchierare con loro, magari fare una passeggiata.
Meglio evitare baci e abbracci e possiamo scegliere di andare a turno, uno alla
volta, facendo salutare i nipotini solo in videochiamata.
Sui mezzi pubblici, il consiglio è di evitare quelli affollati. La distanza
altri resta l’arma migliore: oltre a non salire su mezzi troppi pieni, possiamo
evitare di parlare ad alta voce e non dobbiamo abbassare la mascherina se siamo
al telefono. Infine, i negozi: un supermercato affollato dove si passano tanti
minuti in coda rappresenta una situazione di pericolo, specie perché è un luogo
chiuso e non per forza ampio. È sempre possibile fare la spesa online, farsela
portare, oppure ridurre la permanenza nei negozi a una volta la settimana, fare
scorta o non entrare negli orari di punta.
Brescia To Day 31/10/2020
venerdì 9 ottobre 2020
LIBERO PENSARE SULL’AMORE
Quando si legge “Amoris Laetitia”
non c’è più bisogno di cercare altre riflessioni perché l’esortazione
apostolica offre un quadro preciso e universale dell’amore. Non a tutti però è
congeniale una lettura così ricca da apparire pesante da intendere. Per questo
ho voluto estrapolare il mio pensiero sull’argomento, col mio modo di
ragionare, grossolano ma elementare. Lungi da me il tentativo di confrontare la
meravigliosa filosofia di Papa Francesco con il mio pensiero scarabocchiato.
La riflessione ebbe
inizio improvvisamente in chiesa, il luogo che dovrebbe strapparti dalla terra
per unirti al cielo, a conferma che il diavolo c’è e spesso dove c’è l’acqua
santa.
Non è la prima volta che
mi capita e spesso mi assalgono all’improvviso pensieri sulla mia comunità, su
come potrebbe essere e cosa io potrei fare. Mi capita anche di chiedermi cosa
ci facciamo lì se poi, una volta usciti, manco ci salutiamo. Siamo tutti dei
bigotti che si sentono obbligati ad ascoltare la Messa la Domenica? Dal
raccoglimento di qualcuno deduco che non è così, almeno non lo è per tutti.
Ma a me rimane la
convinzione che, oggi, fare i cristiani sia un optional con una assenza totale
di sentimento. Se davvero sentissimo nel nostro intimo che un uomo è morto per
noi per pagare il debito di Adamo ed Eva, non potremmo fare a meno di mettere
in pratica le sue raccomandazioni: amatevi gli uni gli altri come io ho amato
voi.
Amatevi. L’amore è la
parola più abusata dei nostri tempi. Quello che è certo è che tutti abbiamo un
gran bisogno di riceverlo ma pochi sanno donarlo. Amiamo tutto, purché non ci
porti via niente e non costi nulla, ne fatica ne denaro. Amiamo tanto un
animale quanto un umano concedendo a entrambi gli stessi diritti. Spesso
trattiamo i nipoti come giocattoli e poi li viziamo perché non ci disturbino.
L’amore rimane un
sentimento molto complicato che richiede abbandono nell’amato ma anche un leale
confronto quotidiano. Nessuna gabbia deve custodire “il proprio bene” o
fatalmente lo soffocherà. Eppure non c’è niente di più bello che vivere
nell’amore.
Amore di coppia
Nel tempo (ma ancora
adesso in alcune nazioni) si è fatta violenza a questo sentimento, con
costrizioni e abusi, con matrimoni basati sulla convenienza o l’interesse, che
hanno ridotto la donna al ruolo di semplice marionetta, se non solo a quello di
procreare figli.
Oggi, coi tempi che
potrebbero consentire ampiamente lo sviluppo dell’amore, i nostri figli e
nipoti sfidano la natura con esperienze di ogni genere all’insegna del diritto
alla propria libertà. Non si rendono conto che così facendo rendono
complicatissimo quel l’aspetto dell’amore che si chiama “abbandono nell’amato”
senza il quale viene a mancare la fiducia piena e la quotidiana disponibilità
al dialogo e al perdono, i soli mezzi che conservano l’amore.
Non varrà per tutti,
perché l’uomo ha delle capacità incredibili se vuole usarle, ma la superficialità
con la quale tantissime coppie si mettono assieme producono il risultato che è
sotto gli occhi di tutti: coppie che scoppiano dopo poco tempo per assenza di
amore. Se aggiungiamo poi la “grande” memoria che ha il genere maschile nel
ricordare le leggerezze femminili, possiamo capire anche quanto sia ingabbiata oggi
la fiducia nella donna; questo spiegherebbe in buona parte la facilità con la
quale si accede alla “convivenza” e quanto invece sia diventato difficile
arrivare all’altare. Sembra che il richiamo della carne abbia il sopravvento su
tutti i ragionamenti e purtroppo non sempre l’attrazione è diretta alla scelta
come compagno/a di vita. I tempi moderni, insieme al maschilismo (che in parte
ancora rimane) hanno scardinato il sapiente pensiero femminile di donarsi solo
al proprio sposo. Moltissime donne, supportate e stimolate dalle loro mamme e
nonne, lo affermavano esplicitamente. Oggi il solo proporlo ti fa guadagnare
derisione e scherno.
Amore cristiano
Il vincolo, soprattutto
quello religioso, è molto importante per la formazione di quella cellula della
società che nel tempo sarà determinante nella formazione delle nuove famiglie. L’insegnamento della religione cristiana è
stata protetta dallo Stato fino a non molti anni fa, e il prete era una
autorità civile insieme al Sindaco, al maestro, al dottore e al farmacista.
Allora si credeva ciecamente che quello che diceva il sacerdote era per il
nostro bene, tanto che polli e conigli spesso allietavano la tavola del
religioso. Ora non è più così. Complice il desiderio di impedire lo svuotamento
delle chiese il clero ha addolcito i suoi insegnamenti col risultato di essere
meno credibile. Sono convinto infatti che tutti gli uomini abbiamo bisogno di
amore e comprensione e niente gli dia questa sensazione più del parlare chiaro
e definitivo: paletti da non scavalcare per rimanere nella fede. La Parola
portata nelle famiglie da un padre pastore alla ricerca di ferite da
rimarginare e sentimenti da rinforzare. Se la chiesa si svuota bisogna portare
la chiesa nelle case è ormai da lì che può iniziare il ritorno. Dov’è l’amore
cristiano dei pochi che vanno in chiesa? Ci salutiamo coi musi lunghi e non
facciamo relazione: è questo il cristianesimo? Come possiamo far conoscere
l’amore se noi per primi non sappiamo che cos’è? Va tutto bene? No!!! Se in una
famiglia ci sono dei malumori o dei disaccordi cosa si fa? Ci si siede a tavola
e se ne parla. Ma per parlarne abbiamo bisogno che ci sia un pastore che è di
famiglia, che la conosce sapendola stimolare, che sa starle a fianco senza
superiorità con tutta la sua comprensione aiutandola a superare qualche
difficoltà incontrate sul cammino.
Fino a quando questo non
accadrà i nostri figli berranno la nostra vita riversandolo nella società che avremo
contribuito a costruire anche coi nostri demeriti.
Ho osservato il grest al
mio paese in questo anno reso difficile dalla pandemia. Sono stati prodotti
degli sforzi encomiabili per coronare questo impegno importante e tutto nella
sua semplicità è andato bene. Ma alla Messa della domenica (quantunque
facoltativa) i ragazzi mancavano quasi tutti. Perché? Penso che la causa
principale stia nella poca importanza che tanti genitori danno alla Messa, ma
anche al fatto che sia gli educatori che i sacerdoti non sanno trasmettere il
significato “dell’andare a Messa” che è la scoperta più importante che un
cristiano può fare. Mi rendo conto delle difficoltà nel voler realizzare questo
“miracolo”, ma senza questa maturazione saremo sempre cristiani a metà. Le
chiese si riempiono per due distinti motivi: o per bigotteria o per amore,
amore a Gesù crocifisso. Sorvolando sul primo caso che non è di questi tempi, solo
nel secondo caso abbiamo la possibilità di realizzarci come uomini/donne e come
cristiani. Lontani da Gesù c’è solo fumo e confusione dove è molto difficile la
condivisione dello stesso messaggio cristiano, del medesimo stile di vita,
della crescita di una mentalità comune, della solidarietà e la coltura degli
stessi valori. Ma amarsi tra persone è possibile? Personalmente credo di si ma
riuscirci è dono di pochi. Durante la mia infanzia, per fortuna, ho conosciuto
momenti che mi hanno avvicinato al “Crocifisso”, ma tali insegnamenti non hanno
più avuto seguito nella gioventù e nell’età adulta con la conseguenza che, nel “fumo”
delle forti convinzioni giovanili e post, non ho tenuto sempre aperta quella
porticina verso il “prossimo” proprio per aver separato la mia vita cristiana
dalla mia vita sociale. Questo limite impedisce di avere relazioni sempre serene;
come potrebbe realizzarsi l’amore? Separare l’amore cristiano e la “vocazione”
di fede dalla vita di tutti i giorni comporta automaticamente la distorsione
del messaggio evangelico e il conseguente svuotamento delle chiese.
Tuttavia chi non si
rassegna a vivere nel “fumo” sa che la Chiesa di Pietro non cesserà mai di
esistere, nonostante gli sbagli dei suoi fedeli e dei suoi pastori, il Papa rimarrà
un faro illuminante sul nostro cammino e continuerà a donarci la certezza che
anche se cadremo sotto il peso dei nostri sbagli, potremo rialzarci e
continuare la ricerca in noi stessi dell’autentico amore che sorregge il mondo
e la nostra vita.