lunedì 21 dicembre 2020

ITALIA, PAESE MAL RAPPRESENTATO

 È veramente ripugnante vedere la politica speculare in ogni momento sull’estremo stato di debolezza del nostro Paese. Ricatti, invidie, sgambetti, divergenze, ostilità, opposizioni, ipocrisie. E sono compresi tutti in questo gioco perverso. Innanzitutto il Governo che non vuole riconoscere alla sincerità il ruolo importante che ha nella comunicazione: non si può continuare a dire che nessuno sarà lasciato solo o che è già stato erogato un determinato contributo quando tanti cittadini non hanno visto il minimo segno di solidarietà. Bisogna avere il coraggio di dire che i soldi non ci sono e la macchina burocratica fa acqua da tutte le parti. Che dire poi dei timori di una “governance” che guidi la spesa dei fondi europei? Se davvero fosse attribuito ad una sola persona la responsabilità di spendere in fretta il denaro ricevuto sulla base di un piano definito congiuntamente dal Governo, da sottoporre all’esame del Parlamento, non potrebbe che ottenere il plauso di tutti gli elettori italiani che vedrebbero almeno uno a cui attribuire le colpe. Invece no! Tutte le componenti politiche dell’esecutivo vogliono assistere e decidere sulla “spartizione” per potere poi attribuirsi il merito davanti al proprio elettorato. Intanto il tempo passa. Le decisioni rimandate, i progetti ancora in buona parte da costruire, mentre la nostra economia non accenna a riprendersi, anzi, davanti all’incertezza del momento brucia risorse e chiude tante attività. Come se non bastasse il virus continua a dilagare mietendo un numero di vittime impressionanti. E l’opposizione? Potrebbe fare un piano alternativo (realizzabile) e presentarlo alla stampa se non accolto, invece: “abbiamo fatto le nostre proposte in parlamento e non sono prese in considerazione”; certo, se a tasche vuote si chiede il rimborso totale del reddito perduto e la riduzione delle imposte che prima o poi dovranno essere adeguate allo stato di necessità in cui ci troviamo, sono proposte irricevibili. Vedono le urne come unica possibilità di ritornare a un governo che abbiamo già visto e cercano tutti i modi per alimentare polemiche e creare ostacoli alla maggioranza per sfiancarla e farle gettare la spugna. “Fanno il loro lavoro” dice qualcuno. Si sì potrebbe dire così in tempi normali non davanti a una economia che crolla e che ci può condurre al default tipo Grecia o Argentina. Andiamoci pure alle urne, vinceranno i partiti di opposizione, ma a causa dell’eccesso di litigiosità a perdere saremo tutti noi cittadini di un Paese meraviglioso ma assai mal rappresentato.

mercoledì 9 dicembre 2020

UN NUOVO ANNO SANTO

 Il Papa ha indetto un Anno Santo dal 8 dicembre 2020 al 8 dicembre 2021 dedicato a S. Giuseppe. Rivolgendo una preghiera al Santo con le dovute disposizioni si potrà beneficiare dell'Indulgenza Plenaria. Un grande regalo per i credenti concesso dalla Chiesa per mezzo di questo grande Pastore, Papa Francesco.

domenica 6 dicembre 2020

IL COVID NON E' UNA GUERRA

 

Anche se meno, rispetto alla prima ondata, sento e leggo che il Covid è una guerra. E, nel sommo rispetto delle tragedie personali e familiari che tutti hanno toccato, sento che non è giusto.

Per fortuna la maggior parte di noi, viventi in una nazione occidentale, non sa cosa sia una guerra, però ci sono racconti, film, documenti e documentari, e, per chi ne ha avuto l’occasione e la forza, anche la presenza su uno dei numerosi fronti attuali.

In guerra non hai l’autocertificazione: esci di casa e non sai se torni; non mandi tuo figlio a portare a spasso il cane, ma a comprare il pane se c’è, dove c’è, e potresti non più rivederlo; il vicino di casa non ti sposta lo zerbino per dispetto, non litiga sui millesimi, ma ti tradisce facendoti fucilare; in guerra non ci sono i supermercati e negozi di alimentari a presenza contingentata, si fa la fame; in guerra il tuo ragazzo sente fischiar pallottole, non è prigioniero in una regione di diverso colore.

A rafforzare la precisazione, una recente intervista allo scrittore italo-sloveno  centosettenne Boris Phaor. Due volte al fronte, ammalato di TBC, contagiato dalla “spagnola”. Chiede l’intervistatore: “Differenze tra ieri e oggi?”. – “Mascherine? Non c’erano. Medici? Erano al fronte. Avevamo fame, fame nera. Una rosetta a testa con la tessera annonaria e bisognava andare sul Carso a cercare la polenta. La vita normale era segnata dalla fame.” Non dall’attesa del prossimo DPCM.

Roberto Bernardo

Giornale di Bs  6/12/2020

domenica 1 novembre 2020

COSA BISOGNA FARE PER RIDURRE IL CONTAGIO DEL CORONAVIRUS

 

Coronavirus e Covid-19: cosa bisogna fare per ridurre il rischio di ammalarsi o di contagio

 

Come è possibile ridurre il rischio di contrarre la malattia durante il lavoro, la scuola, gli spostamenti sui mezzi e le attività normali come fare la spesa? Ecco alcuni consigli e i fattori di rischio da considerare nella vita di tutti i giorni.

 

 

Eliminare il rischio di contrarre il coronavirus Sars-CoV-2 e di ammalarsi di Covid-19 è impossibile, ma è possibile limitarlo al minimo. Come è possibile ridurre il rischio di contrarre il coronavirus durante il lavoro, la scuola, gli spostamenti sui mezzi e le attività normali come fare la spesa? Finora sappiamo che i luoghi dove si verifica il contagio sono, con diverse percentuali di possibilità, la casa, il lavoro, i trasporti pubblici, i locali e i pubblici esercizi. E che i posti chiusi e i luoghi affollati aumentano questa possibilità. 

 

Coronavirus e Covid-19: cosa bisogna fare per ridurre il rischio di ammalarsi 

 

Ma ci sono anche altri fattori da considerare: per esempio il tempo di permanenza nei luoghi a rischio. Oppure le stesse attività: alcune sono più a rischio di altre. Ecco allora che i primi tre fattori da considerare sono essenzialmente questi. Ovvero:

  • mantenere le distanze sociali; 
  • lavare o igienizzare le mani il più possibile;
  • indossare la mascherina.

Il quotidiano spagnolo "El Pais" ha provato a calcolare il rischio di infezione in un ambiente chiuso utilizzando un modello di calcolo sviluppato dal professor José Luis Jiménez dell’Università del Colorado. Non si tratta di un metodo infallibile, premette il quotidiano, ma probabilmente abbastanza accurato per capire come il virus "lavora" negli ambienti chiusi, anche laddove viene rispettata la distanza di sicurezza di due metri. 

 

Scenario 1: "El Pais" ipotizza che nel nostro soggiorno di casa (le dimensioni non sono note) ci siano 6 persone, di cui una infetta da SARS-COV-2. In un caso del genere, indipendentemente dalla distanza di sicurezza, senza mascherine e una ventilazione adeguata l'infetto potrebbe essere in grado di trasmettere il virus a tutti gli altri presenti nel giro di 4 ore. Se tutti indossassero le mascherine, le infezioni si ridurrebbero da 5 a 4 ma il contagio ci sarebbe comunque perché con una esposizione molto prolungata neppure i dispositivi di protezione sono in grado di fermare il virus. In casi del genere solo areare l'ambiente e dimezzare la durata dell'esposizione (da 4 ore a 2) permette di ridurre in maniera significativa il rischio a meno di una persona infetta. A patto però di indossare i dispositivi di protezione individuale. Secondo "El Pais" in Spagna il 31% dei casi di infezione è legato a questo tipo di situazioni. 

 

Scenario 2: in un bar ci sono 15 persone che consumano e tre dipendenti. Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica. Ebbene, nel peggiore dei casi, senza prendere nessuna misura di sicurezza, dopo quattro ore tutti i 14 clienti sarebbero infettati dal virus. Se tutti indossassero i dispositivi di protezione i contagi si ridurrebbero ad 8. Con le mascherine, una ventilazione adeguata e un tempo di esposizione dimezzato (da 4 a 2 ore), le probabilità di contagio calano invece drasticamente: il virus sarebbe capace di infettare solo una persona.  

 

Scenario 3: un'aula scolastica con 24 alunni. La situazione più pericolosa si verifica in una classe non ventilata in cui la persona infetta è l'insegnante. In un caso del genere, senza misure di sicurezza al virus bastano 2 ore per contagiare 12 persone. Anche in questo caso l'uso delle mascherine riduce drasticamente il rischio di contagio (da 12 a 5 persone infettate) ma non lo elimina del tutto. Dimezzando il tempo di esposizione (da 2 ore ad 1 ora) e areando adeguatamente l'aula il virus sarebbe invece in grado di infettare solo una persona. "El Pais" specifica che a differenza di quanto si può pensare, nelle situazioni reali la distribuzione dei contagi è casuale, poiché senza ventilazione "gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza". 

La regola dei 15 minuti

Poi c'è la regola dei 15 minuti: il ministero della Salute ha stabilito due parametri molto rigidi che regolano il funzionamento dell’app Immuni: l’allerta scatta solo se ci si trova  a meno di due metri da un contagiato per almeno 15 minuti. Ma da dove arriva la "regola" dei 15 minuti? Il commissario all'emergenza Domenico Arcuri, nel presentare l'App aveva affermato che "gli scienziati ci dicono che il tempo minimo certo per essere a rischio contagio in caso di contatto con una persona positiva è di 15 minuti. La distanza considerata a rischio oscilla fra un metro e due metri. Ma è bene considerare il limite massimo". 

Erin Bromage, immunologo all'Università del Massachusetts Dartmouth, ha riassunto tutto con un’equazione: infezione = esposizione al virus x fattore tempo. "L’esposizione al virus, moltiplicata per il tempo, rappresenta la formula basilare che consente di rintracciare i contatti" spiegava  Bromage  in un articolo sul "Corriere della Sera". "Chiunque si intrattenga a parlare con voi per oltre 10 minuti, faccia a faccia, rischia il contagio. Chiunque condivida con voi un ambiente chiuso (l’ufficio, per esempio) per un periodo prolungato, rischia il contagio”.

Cosa fare per limitare i rischi di contrarre il coronavirus nella vita di tutti i giorni

Oggi invece il Corriere della Sera pubblica un vademecum che spiega cosa fare per limitare i rischi di contrarre il coronavirus nella vita di tutti i giorni. A cominciare dalla scuola, dove sarebbe buona abitudine indossare la mascherina anche in classe quando si è seduti al proprio posto, ricordandosi che parlare ad alta voce, urlare o cantare sono attività ritenute a forte rischio contagio.

Sotto la lente, più che la trasmissione in aula, c’è il tempo prima e dopo le lezioni. Che cosa si può permettere? I bambini possono giocare tra loro all’aria aperta in un contesto distanziato, senza accalcarsi e tenendo le mascherine.

Poi ci sono le raccomandazioni sui parenti fragili e gli anziani in generale: 

Possiamo vedere i parenti fragili e chiacchierare con loro, magari fare una passeggiata. Meglio evitare baci e abbracci e possiamo scegliere di andare a turno, uno alla volta, facendo salutare i nipotini solo in videochiamata.

Sui mezzi pubblici, il consiglio è di evitare quelli affollati. La distanza altri resta l’arma migliore: oltre a non salire su mezzi troppi pieni, possiamo evitare di parlare ad alta voce e non dobbiamo abbassare la mascherina se siamo al telefono. Infine, i negozi: un supermercato affollato dove si passano tanti minuti in coda rappresenta una situazione di pericolo, specie perché è un luogo chiuso e non per forza ampio. È sempre possibile fare la spesa online, farsela portare, oppure ridurre la permanenza nei negozi a una volta la settimana, fare scorta o non entrare negli orari di punta. 


Brescia To Day 31/10/2020

 

venerdì 9 ottobre 2020

LIBERO PENSARE SULL’AMORE

 

Quando si legge “Amoris Laetitia” non c’è più bisogno di cercare altre riflessioni perché l’esortazione apostolica offre un quadro preciso e universale dell’amore. Non a tutti però è congeniale una lettura così ricca da apparire pesante da intendere. Per questo ho voluto estrapolare il mio pensiero sull’argomento, col mio modo di ragionare, grossolano ma elementare. Lungi da me il tentativo di confrontare la meravigliosa filosofia di Papa Francesco con il mio pensiero scarabocchiato.

La riflessione ebbe inizio improvvisamente in chiesa, il luogo che dovrebbe strapparti dalla terra per unirti al cielo, a conferma che il diavolo c’è e spesso dove c’è l’acqua santa.

Non è la prima volta che mi capita e spesso mi assalgono all’improvviso pensieri sulla mia comunità, su come potrebbe essere e cosa io potrei fare. Mi capita anche di chiedermi cosa ci facciamo lì se poi, una volta usciti, manco ci salutiamo. Siamo tutti dei bigotti che si sentono obbligati ad ascoltare la Messa la Domenica? Dal raccoglimento di qualcuno deduco che non è così, almeno non lo è per tutti.

Ma a me rimane la convinzione che, oggi, fare i cristiani sia un optional con una assenza totale di sentimento. Se davvero sentissimo nel nostro intimo che un uomo è morto per noi per pagare il debito di Adamo ed Eva, non potremmo fare a meno di mettere in pratica le sue raccomandazioni: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.

Amatevi. L’amore è la parola più abusata dei nostri tempi. Quello che è certo è che tutti abbiamo un gran bisogno di riceverlo ma pochi sanno donarlo. Amiamo tutto, purché non ci porti via niente e non costi nulla, ne fatica ne denaro. Amiamo tanto un animale quanto un umano concedendo a entrambi gli stessi diritti. Spesso trattiamo i nipoti come giocattoli e poi li viziamo perché non ci disturbino.

L’amore rimane un sentimento molto complicato che richiede abbandono nell’amato ma anche un leale confronto quotidiano. Nessuna gabbia deve custodire “il proprio bene” o fatalmente lo soffocherà. Eppure non c’è niente di più bello che vivere nell’amore.

Amore di coppia

Nel tempo (ma ancora adesso in alcune nazioni) si è fatta violenza a questo sentimento, con costrizioni e abusi, con matrimoni basati sulla convenienza o l’interesse, che hanno ridotto la donna al ruolo di semplice marionetta, se non solo a quello di procreare figli.

Oggi, coi tempi che potrebbero consentire ampiamente lo sviluppo dell’amore, i nostri figli e nipoti sfidano la natura con esperienze di ogni genere all’insegna del diritto alla propria libertà. Non si rendono conto che così facendo rendono complicatissimo quel l’aspetto dell’amore che si chiama “abbandono nell’amato” senza il quale viene a mancare la fiducia piena e la quotidiana disponibilità al dialogo e al perdono, i soli mezzi che conservano l’amore.

Non varrà per tutti, perché l’uomo ha delle capacità incredibili se vuole usarle, ma la superficialità con la quale tantissime coppie si mettono assieme producono il risultato che è sotto gli occhi di tutti: coppie che scoppiano dopo poco tempo per assenza di amore. Se aggiungiamo poi la “grande” memoria che ha il genere maschile nel ricordare le leggerezze femminili, possiamo capire anche quanto sia ingabbiata oggi la fiducia nella donna; questo spiegherebbe in buona parte la facilità con la quale si accede alla “convivenza” e quanto invece sia diventato difficile arrivare all’altare. Sembra che il richiamo della carne abbia il sopravvento su tutti i ragionamenti e purtroppo non sempre l’attrazione è diretta alla scelta come compagno/a di vita. I tempi moderni, insieme al maschilismo (che in parte ancora rimane) hanno scardinato il sapiente pensiero femminile di donarsi solo al proprio sposo. Moltissime donne, supportate e stimolate dalle loro mamme e nonne, lo affermavano esplicitamente. Oggi il solo proporlo ti fa guadagnare derisione e scherno.

Amore cristiano

Il vincolo, soprattutto quello religioso, è molto importante per la formazione di quella cellula della società che nel tempo sarà determinante nella formazione delle nuove famiglie.  L’insegnamento della religione cristiana è stata protetta dallo Stato fino a non molti anni fa, e il prete era una autorità civile insieme al Sindaco, al maestro, al dottore e al farmacista. Allora si credeva ciecamente che quello che diceva il sacerdote era per il nostro bene, tanto che polli e conigli spesso allietavano la tavola del religioso. Ora non è più così. Complice il desiderio di impedire lo svuotamento delle chiese il clero ha addolcito i suoi insegnamenti col risultato di essere meno credibile. Sono convinto infatti che tutti gli uomini abbiamo bisogno di amore e comprensione e niente gli dia questa sensazione più del parlare chiaro e definitivo: paletti da non scavalcare per rimanere nella fede. La Parola portata nelle famiglie da un padre pastore alla ricerca di ferite da rimarginare e sentimenti da rinforzare. Se la chiesa si svuota bisogna portare la chiesa nelle case è ormai da lì che può iniziare il ritorno. Dov’è l’amore cristiano dei pochi che vanno in chiesa? Ci salutiamo coi musi lunghi e non facciamo relazione: è questo il cristianesimo? Come possiamo far conoscere l’amore se noi per primi non sappiamo che cos’è? Va tutto bene? No!!! Se in una famiglia ci sono dei malumori o dei disaccordi cosa si fa? Ci si siede a tavola e se ne parla. Ma per parlarne abbiamo bisogno che ci sia un pastore che è di famiglia, che la conosce sapendola stimolare, che sa starle a fianco senza superiorità con tutta la sua comprensione aiutandola a superare qualche difficoltà incontrate sul cammino.

Fino a quando questo non accadrà i nostri figli berranno la nostra vita riversandolo nella società che avremo contribuito a costruire anche coi nostri demeriti.

Ho osservato il grest al mio paese in questo anno reso difficile dalla pandemia. Sono stati prodotti degli sforzi encomiabili per coronare questo impegno importante e tutto nella sua semplicità è andato bene. Ma alla Messa della domenica (quantunque facoltativa) i ragazzi mancavano quasi tutti. Perché? Penso che la causa principale stia nella poca importanza che tanti genitori danno alla Messa, ma anche al fatto che sia gli educatori che i sacerdoti non sanno trasmettere il significato “dell’andare a Messa” che è la scoperta più importante che un cristiano può fare. Mi rendo conto delle difficoltà nel voler realizzare questo “miracolo”, ma senza questa maturazione saremo sempre cristiani a metà. Le chiese si riempiono per due distinti motivi: o per bigotteria o per amore, amore a Gesù crocifisso. Sorvolando sul primo caso che non è di questi tempi, solo nel secondo caso abbiamo la possibilità di realizzarci come uomini/donne e come cristiani. Lontani da Gesù c’è solo fumo e confusione dove è molto difficile la condivisione dello stesso messaggio cristiano, del medesimo stile di vita, della crescita di una mentalità comune, della solidarietà e la coltura degli stessi valori. Ma amarsi tra persone è possibile? Personalmente credo di si ma riuscirci è dono di pochi. Durante la mia infanzia, per fortuna, ho conosciuto momenti che mi hanno avvicinato al “Crocifisso”, ma tali insegnamenti non hanno più avuto seguito nella gioventù e nell’età adulta con la conseguenza che, nel “fumo” delle forti convinzioni giovanili e post, non ho tenuto sempre aperta quella porticina verso il “prossimo” proprio per aver separato la mia vita cristiana dalla mia vita sociale. Questo limite impedisce di avere relazioni sempre serene; come potrebbe realizzarsi l’amore? Separare l’amore cristiano e la “vocazione” di fede dalla vita di tutti i giorni comporta automaticamente la distorsione del messaggio evangelico e il conseguente svuotamento delle chiese.

Tuttavia chi non si rassegna a vivere nel “fumo” sa che la Chiesa di Pietro non cesserà mai di esistere, nonostante gli sbagli dei suoi fedeli e dei suoi pastori, il Papa rimarrà un faro illuminante sul nostro cammino e continuerà a donarci la certezza che anche se cadremo sotto il peso dei nostri sbagli, potremo rialzarci e continuare la ricerca in noi stessi dell’autentico amore che sorregge il mondo e la nostra vita.

mercoledì 29 gennaio 2020

MI VERGOGNO


Se il giorno della memoria fosse lo stesso amaro ricordo per tutti, vivremmo in un mondo diventato migliore. Ma così non è! Molti, per nascondere il loro povero razzismo, si nascondono dietro i misfatti dei comunisti, che pure ne hanno fatto di vittime, e non solo quelle delle foibe che sono ricordate saggiamente il 10 febbraio nella festa del ricordo. Anche se è vero che il giorno della memoria del 27 gennaio è mondiale mentre le stragi comuniste non lo sono diventate (a ricordare quanto pesi la Russia sulle decisioni del pianeta), questo non assolve chi non considera entrambi gli avvenimenti (come altri nel mondo) gravi ferite inferte a tutta l’umanità. Non assolve neppure l’appartenenza a un’ideologia fascista o comunque vicina a quella nazista. Anche gli italiani sono stati in gran parte fascisti, ma solo una piccola parte di facinorosi ha esercitato violenza gratuita ed ha partecipato ai misfatti compiuti in Italia rendendosi complici dello sterminio di uomini, donne e bambini nei campi di concentramento. Sembra non bastare mai la documentazione precisa e dettagliata messa a punto con metodica precisione dagli aguzzini. Non si vuole credere alla testimonianza dei pochi sopravvissuti. Sembra che non conti nulla la montagna di cadaveri ritrovati nei campi.
Fa male rivedere i documenti che i nazisti non sono riusciti a distruggere e fa male sentire dalla bocca dei sopravvissuti l’inferno in cui erano costretti a vivere.  Mi vergogno per chi, ora come allora, rimane indifferente alle teste spaccate ai bambini, ai prigionieri usati come bersaglio al tiro a segno, a quelli che hanno subito esperimenti di ogni genere sul proprio corpo, quelli che ogni giorno della loro permanenza al campo hanno subito ogni sorta di violenza fisica, quelli che sono stati soppressi dopo aver raggiunto il massimo dello sfinimento a causa della fatica e della fame e quelli che ogni giorno venivano selezionati per essere mandati nelle camere a gas con lucida premeditazione.
Siamo liberi di avere le nostre idee e le nostre simpatie, ma proprio per questo dovremmo sentire dentro di noi il dolore e anche il ribrezzo per le azioni raccapriccianti rivolte ad ogni essere umano. Perché questo sentimento non è uguale per tutti? Perversione? Diavoleria? Lavaggio del cervello? Degrado umano?
Mi vergogno anche per la timidezza e la paura a parlare apertamente e liberamente, che tanti di noi hanno rispetto ai crimini contro l’umanità perpetrati in ogni momento della nostra storia.
Ogni volta che ci voltiamo dall’altra parte quando un uomo (o una donna) subisce violenza, fuggiamo dalle nostre responsabilità e ci rendiamo colpevoli dell’avvento di una società governata dalla violenza.
Abbiamo bisogno di guardare negli occhi i bambini, capire quanto hanno bisogno della nostra protezione e soffrire al solo pensiero che qualcuno possa fare loro del male. Se potessimo allontanarci per un po’ di tempo dal rumoroso caos quotidiano e dedicarci in assoluto silenzio alle riflessioni su questi temi e al valore della nostra breve esistenza, Dio ci aiuterebbe certamente a diventare più umani e più solidali.

Josef Mengele, lo squartatore dei bambini, è stato protetto e aiutato a sottrarsi ogni volta all’arresto, ma alla fine la natura ha fatto il suo corso e a 67 anni ha incontrato la morte per un banale infarto.