Quante
volte abbiamo sentito giustificazioni e determinazioni in nome del “popolo”, ma
di quale popolo si tratti lo si vede dai risultati: la popolazione più povera
diventa sempre più povera. Nessun partito è esente da responsabilità: tutti infatti
hanno parlato bene e razzolato male in nome di un potere che hanno cercato in
tutti i modi di tenersi stretto, lasciando inascoltate le richieste provenienti
da una gran parte di società che invocava aiuto. Dal 4 marzo, le forze che volevano il cambiamento, hanno ricevuto una delega pesante in termini di voti,
ma con numeri insufficienti per governare da soli. I due partiti principali,
costretti a stare insieme con programmi differenti, hanno così potuto
constatare quanto sia difficile passare dalle parole ai fatti.
“In nome
del popolo italiano” stanno minando quel minimo di stabilità che aveva bisogno
si di una sana revisione, ma non di un salto nel buio che ci sta conducendo
verso il baratro. E noi, nonostante questa manovra disastrosa, nonostante i
lamenti che si alzano da una grossa fetta della popolazione italiana che fatica
a mettere assieme il pranzo con la cena, tranquilli che quelle scelte vadano
bene per noi, continuiamo, come prima, a riempire le cabine delle navi da
crociera, ristoranti e pizzerie, senza fiatare, come se fossimo la nazione più
benestante al mondo.
Dove è
finita la solidarietà e la giustizia sociale? Dove sono quelle politiche che
servono ad aumentare l’efficienza dello Stato, ad aumentare davvero la
sicurezza, ad aiutare i più deboli, a sconfiggere l’evasione fiscale, a
eliminare gli sprechi, migliorare la sanità e fare in modo che la scuola
faciliti l’ingresso nel lavoro dei giovani? Tutte queste cose sarebbero
possibili solo con il recupero di risorse per mezzo di controlli a tutti i
livelli da parte della Guardia di Finanza, dai Carabinieri e dalla Polizia in
grado di poter assolvere al proprio compito con un numero adeguato di personale
da poter individuare a campione chiunque sia da ostacolo alla formazione di una
solida ed efficiente finanza statale basata sul rispetto delle regole. Questo dispiegamento
di forze ha un costo non indifferente che però è in grado di ripagarsi
ampiamente. Ma bisogna volerlo. Paradossalmente sono in pochi ad auspicare che
questo avvenga. Il lavoro nero trionfa in ogni dove e riguarda tutti da vicino.
Grazie anche alla miopia e i cattivi esempi di buona parte della classe
politica, oggi non esiste una diffusa etica statale bensì un’etica narcisistica
che cerca prima di tutto il proprio tornaconto.
Si ripete
quello che sta avvenendo nell’ambiente: chi non è toccato dall’inquinamento che
uccide non si scomoda per chi viene avvelenato; non protesta. L’evasione
fiscale, come l’ambiente, ci avvelena; è il nostro più grande problema, quello
che ci condanna a non avere soldi per dare risposte giuste ai cittadini in
difficoltà; che ci spinge ad offrire alibi alla cattiva politica distruggendo
la convivenza civile.
Nonostante
il giornalismo d’inchiesta ci metta sotto il naso ogni giorno ogni sorta di
imbroglio, continuiamo ad affidarci a coloro i quali si definiscono salvatori
della patria (di ogni colore vestiti) anche quando ci fanno del male in modo
palese.
Viviamo
nell’ipocrisia quotidianamente e la maggior parte di noi è rassegnata a
conviverci perché la mancanza di etica da parte dei singoli impedisce di vedere
l’onestà e la determinazione di qualcuno che non si rassegna a veder calpestati
i diritti dei più deboli e si industria per smascherare i “pupari” e le loro
marionette. Se non riusciamo a scorgere quello che è bene e quello che è male
per i nostri figli e per i nostri nipoti rimarremo schiacciati nelle nostre
case con i nostri piccoli interessi. Già siamo riusciti a condizionarli nella
loro legittima aspirazione ad esprimere in piazza il loro pensiero in nome
della difesa di un “buon comportamento”, il nostro, (come sono lontane le
stagioni della protesta degli studenti), poi ci pensiamo noi a difenderli dagli
insegnanti se sono piccoli o lasciamo che lo facciano loro se sono grandi.
Ipocrisia e mala politica vanno a
braccetto! Guardiamo negli occhi i nostri figli e chiediamoci se meritano quello
che gli stiamo preparando.