Se
dovessimo disegnare un grafico in base all’indice di gradimento tra i Papi
degli ultimi sessant’anni avremmo, alternativamente, un picco in su e uno in
giù. I Papi che la nostra generazione ha conosciuto (Pio XII più per aver
sentito dire) sono stati riconosciuti come pilastri della cristianità, tanto che
tre di loro sono stati riconosciuti come santi: guarda caso due dal picco in su
(Papa Giovanni e Giovanni Paolo II) e uno dal picco in giù (Paolo VI).
L’ultimo
arrivato, si fa per dire, procede con passo spedito spiattellando al mondo i
difetti del cristiano, religioso e laico, richiamando tutti a un comportamento
ispirato dalla parola di Gesù, abbandonando l’attaccamento morboso a questo
mondo governato dal demonio. Una profonda umiltà evangelica che professa la
certezza della propria fede davanti al mondo come faro e non come pretesa di
fare ombra ad altri.
Questo
spirito ha fatto di Francesco un personaggio popolare, ascoltato e seguito in
tutti i continenti, anche se con finalità diverse.
Ma
è anche temuto da chi capisce che separando i difetti del cristiano, presenti
in ogni uomo, rimane il messaggio cristiano in tutta la sua bellezza di “inno
all’amore”, che nessun’altra religione possiede. Lo temono anche quei
consacrati che non capiscono quanto sia importante l’esaltazione del peccato
come “ERRORE” e temono che le chiese si svuotino per eccessiva rigidità o
perché nel peccato sono coinvolti tanti sacerdoti.
Una
cosa però pare certa: il Papa da solo non ce la può fare. Deve essere chiaro a
tutto il mondo che la Chiesa è l’insieme di tutti i credenti che le danno
credibilità attraverso la coerenza della propria fede, riconoscendo tutta
l’autorità dottrinale al Pontefice al quale tutta la gerarchia deve obbedienza.
Se
qualche cristiano ha percepito le parole del Papa come autorizzazione a gestire
la propria vita come meglio crede, facendo riferimento solo alla misericordia
di Dio senza passare dalla Chiesa, è caduto nel tranello di quelle forze che
generano una morbosa attenzione mediatica sul Papa per strumentalizzarne il
pensiero.
Per
i cristiani c’è un Catechismo che non è cambiato. Non è necessario essere
perfetti, perché solo Cristo è perfetto ed è morto per riscattare tutti i
nostri peccati, ma è indispensabile saper riconoscere quando si sbaglia; sono questi
cristiani che più di tutti devono fare un corpo solo con Francesco, perché sono
gli unici che possono dimostrare di averlo capito. Verità e determinazione
devono essere le qualità caratteristiche del cristiano di questi secoli: guardiamo
e impariamo dagli “extracomunitari” perseguitati e ammazzati in giro per il
mondo. Nessuna flessibilità è possibile sulle verità della fede dettate da
tutti e dieci i Comandamenti e dalla nostra professione di fede, il Credo.
Sono
certo che di cristiani veri ce ne siano ancora tanti, forse un po’ timidi, ma
pronti ad essere testimoni della loro fede. Del resto la Chiesa, per espressa
volontà di Gesù, non sarà mai sopraffatta da nessuno e continuerà ad esistere
fino alla fine del mondo, sta agli uomini farla fiorire o farla appassire.
Non
possiamo pensare che il dovere civile che porta molti di noi ad opporsi ai
divieti che sistematicamente sviliscono le nostre tradizioni religiose, bastino
a farci diventare cristiani: sarebbe un grande risultato civico se riuscissimo
a mantenerle, ma fino a quando? Un amico mi ha fatto notare che è il cristiano
che deve rappresentare il Crocifisso e se fanno togliere il simbolo sulle
pareti, rimane quello vivente. Questa è la vera Chiesa dei credenti. Mi sono permesso
solo di aggiungere però che la dignità di un uomo, anche se laico e non
credente, si misura anche dalla cultura e dalla memoria storica che si lascia
portar via da altre etnie.