lunedì 27 dicembre 2021

DISCORRENDO MI HANNO CHIESTO …

 

Credi in Dio?

In genere, prima ancora che venga posta la domanda, ho sentito alcuni intervistati rispondere: “Io sono cristiano” o “Io sono cattolico”. In questo modo la domanda viene “dribblata” con una non risposta. Infatti, con una simile affermazione si omette “il come” e “il perché” si professa il cristianesimo o il cattolicesimo.

Provo a rispondere per me. Si, io credo profondamente in Dio per tanti motivi, ma soprattutto per questi: il primo perché l’uomo è così perfetto nella sua costituzione ( così come gli animali secondo la loro specie) che affidarla al “caso” è veramente  ridicolo; secondo perché i Profeti ci hanno parlato di Lui e ci hanno annunciato l’arrivo di Suo Figlio sulla terra e la sua morte per salvarci dal tradimento dei nostri progenitori; terzo perché Gesù sin dall’inizio della sua predicazione ha confermato con ripetute prove del suo potere Divino quello che era stato annunciato dai profeti e il  motivo per cui sarebbe morto in croce, avvenimenti che puntualmente si sono verificati; quarto perché nessuno può confutare le apparizioni della Sua Mamma nelle quali (compiendo prodigi) ha preannunciato castighi a causa della nostra incredulità e per i nostri continui tradimenti; quinto perché solo mettendo in pratica i suoi insegnamenti riusciamo a trovare pace e serenità in mezzo a tutta la sofferenza che ognuno porta con se quotidianamente.

È necessario andare a Messa?

Da persone concrete, con la nostra natura umana, abbiamo bisogno di vivere e sentire sulla nostra pelle una presenza così Divina. Lui lo sapeva e nell’ultima cena ha istituito l’Eucaristia.

Questo è il mio corpo … Questo è il sangue sparso per voi … viene ripetuto durante l’elevazione.

A mio parere non c’è un più alto sentimento umano che quello di “toccare” un corpo donato per amore ricevendolo sulle mani e facendolo diventare parte di te. Tanti sacerdoti lo attestano; qualcuno ha dubitato e Dio è subito intervenuto per mettere le cose in chiaro.

La Messa non è solo un precetto o peggio una tradizione; è un atto di ringraziamento verso quel corpo che, nonostante il tempo trascorso, continuamente si dona agli uomini come me, perché senza quel contatto fisico saremmo travolti dal vortice della mondanità.

Vai a Messa perché credi o credi perché vai a Messa?

Mi hanno sempre detto che la Fede è un dono che Dio fa all’uomo. Io interpretavo tale dono come una infusione regalata e privilegiata per alcuni e non per altri cosiddetti “infedeli”. Sono cresciuto così nell’equivoco, accompagnato dalle formule del catechismo di Papa Pio X e dalle gare per dimostrare chi lo aveva studiato di più. Quelli della mia età ricordano ancora molte di queste domande e risposte: Chi è Dio? Dio è l’Essere perfettissimo creatore del cielo e della terra. Dov’è Dio? In cielo, in terra e in ogni luogo: Egli è l’eterno. Ecc.

Molto intuitivo ai fini della dizione e forse adatto alla categoria ragazzi che non erano pronti ad affrontare temi così elevati. Forse si doveva riprendere il medesimo catechismo, dai giovani in avanti, durante la “dottrina della Domenica pomeriggio”; forse però eravamo tutti dei “bei addormentati di paese” preoccupati di ben altre cose e quindi, per la maggior parte, io compreso, ci ritenevamo credenti perché andavamo a Messa la domenica.

Mi ci è voluto molto tempo, molte contestazioni e molte riflessioni per credere nella Santissima Trinità come credo oggi, ancora perfettibile, con continui sbagli, ma abbastanza saldo.

Sento la necessità di andare a Messa perché credo di trovare lì la forza per essere migliore e quindi di prepararmi su questa terra, attraverso le azioni sbagli e pentimenti, a meritarmi un angolino di eternità.

C’è una relazione tra Eucaristia e comunione fraterna?

Sono certo di si, basta volerlo. La Chiesa tutta proclama la fraternità in Cristo attraverso la Mensa Eucaristica, ma questa si realizza solo se riusciamo a concentrare la nostra attenzione sull’incontro che si sta realizzando. Se tutti abbiamo chiaro il perché ci troviamo riuniti in un luogo di culto, non possiamo che lasciar cadere a terra qualunque angustia ci stia tormentando e ogni pregiudizio o rivalità ci portiamo appresso. Maggiore è il numero che non vive l’incontro con il Cristo più fredda e sterile è la fraternità. Al contrario, maggiore è chi lo vive e più calda e viva è la relazione.

Non sono i canti o le preghiere o il numero delle persone che creano l’atmosfera, è la gioia e il desiderio di essere in quel posto insieme.

Mi è capitato spesso di affermare che non tutti i luoghi religiosi sviluppano la stessa atmosfera e ti inducono a pregare con la stessa intensità. In molti casi la risposta era: “Dio è in tutti i luoghi e quindi un posto vale l’altro”. Potrebbe ma non lo è! Qualcuno mi dovrebbe spiegare perché di norma ai pellegrinaggi mariani ci si trova sempre così bene tra fedeli. Questa atmosfera non deriva forse nel fatto che tutti riconoscono e sentono la maternità Divina di Maria in egual maniera? Questo sentimento non si ripete invece con la stessa intensità nella partecipazione alla Messa.

Per la partecipazione alla Messa il prete fa la differenza?

In qualche modo secondo me si, soprattutto se il suo comportamento con il suo gregge è coerente con i suoi insegnamenti dal pulpito; in questo caso qualcuno può essere indotto a partecipare per trarne ulteriori riflessioni o insegnamenti. Però non lo ritengo determinante.

Un cristiano maturo ha bisogno del prete in quanto Ministro di Dio e della Chiesa, ma ha le capacità di elaborare da sé stesso quello che è giusto per lui. Il sacerdote è uomo come noi e sbaglia come noi; è sbagliato pensare che siccome è prete non può sbagliare. Come succede per ognuno di noi, sbaglia, si pente e continua la sua strada. Gli alibi non ci aiutano a crescere. Se non vogliamo parlare o confessarci con un determinato prete rivolgiamoci serenamente ad un altro, intanto che ce ne sono vicini, sapendo che il loro insegnamento non ha ancora creato alcun “mostro”.

Gli avvenimenti, anche giudiziari, che hanno riempito le testate dei giornali dimostrano solo quanto sia aumentata la povertà umana nella quale facciamo media anche noi, non che la Chiesa non sia più necessaria. “… le porte degli inferi non prevarranno” - “… il cielo e la terra passeranno, le mie parole non passeranno” (Matteo: 16,18 e  24,34).

L’assoluzione dei peccati può essere comunitaria?

In alcuni momenti è data facoltà alla Chiesa di assolvere comunitariamente (Conflitti bellici, calamità o pandemia come quella che abbiamo attraversato) ma la forma comandata dalla Chiesa sulla base del messaggio evangelico (Matteo 18,15-20) rimane quella dell’accusa personale delle proprie mancanze. La Chiesa è tollerante sull’esposizione dei peccati, purchè ne sia chiara la natura.

I Sacramenti sono tutti importanti?

Confesso la debolezza delle mie argomentazioni e non contesto nulla, tuttavia preferivo il tempo in cui il Battesimo era alla nascita; a 6/7 anni ci veniva insegnato a confessarci e poi a incontrare Gesù Eucaristia; dopo un anno con la Cresima si diventava “soldati di Cristo”.

Prima di diventare “soldati” bisognava conoscere bene il catechismo. Dopo la Cresima solo pochi mancavano alle funzioni liturgiche. Mi sembrava che ci fosse un crescendo adeguato all’età, forse anche un po’ più di capacità di dialogare coi piccoli. Ma era tanto tempo fa.

Posso quindi esprimere solo qualche desiderio, l’indirizzo pastorale è competenza esclusiva del Vescovo.

Battesimo – Visto che sono contemplate varie forme di Battesimo legate a situazioni particolari, proporrei (per le famiglie cristiane) il Battesimo di desiderio subito dopo la nascita e il rinnovo del rito dopo la prima Confessione a 6/7 anni. A seguire la Comunione e la Cresima.

Matrimonio – Solo qualche incontro col parroco, ma determinante per comprendere se c’è l’intenzione di crescere una famiglia cristiana o fare una cerimonia teatrale.

Ordinazione – Obbligo di applicare un piccolo Crocifisso di riconoscimento sulla giacca o sulla camicia.

Estrema unzione – Porterei periodicamente ad ogni ammalato o persona molto anziana questo Sacramento previa ampia dottrina sul suo significato.

Cosa si potrebbe fare per ridurre lo svuotamento delle chiese?

Prima di tutto ammetterlo. Penso che non prendere atto del continuo svuotamento delle chiese senza tentare di frenarlo sia un grande errore. Ma questo processo non può essere interrotto senza porsi degli interrogativi: perché le persone non vanno più in chiesa? Perché i giovani dopo la Cresima spariscono? Perché gli oratori sono vuoti? Perché i parrocchiani non si curano delle necessità della loro chiesa locale? E ce ne sarebbero tante altre.

Prima di tutto, secondo me, è necessario alzare la voce quando si parla di peccati gravi, come si fa sottolineando una frase importante su uno scritto (alcuni sacerdoti hanno mostrato di non gradire questo suggerimento). Nell’insegnamento gli allievi devono apprendere le cose giuste tra le tante cose che sentono e quindi devono udire e ripetere per tante volte le cose che contano; i cristiani alla Messa, visto che non possono essere interrogati, devono far proprie le indicazioni che vengono dal Vangelo tramite la spiegazione del sacerdote per comprendere i propri errori. Ma tutto non può essere contenuto in un rapporto magistrale senza che ci sia un rapporto amicale, fraterno col pastore e con la comunità che frequenta: siamo umani e tutti abbiamo bisogno di amore, quindi bisogna favorire questo incontro.

Fino a quando la parola “fratello” farà parte di un rituale scritto da recitare in chiesa ma difficile da esprimere con naturalezza al di fuori, in mezzo alle persone, non saremo una famiglia cristiana compiuta.

Per i giovani di oggi è richiesta una famiglia più ristretta ma con le medesime caratteristiche, adiacente a quella naturale, cioè l’oratorio. Ma se non c’è la famiglia più grande sarà molto difficile animarne una che soddisfi le esigenze dei giovani sempre alla ricerca di nuove scoperte e di nuove sensazioni. Senza una grande passione si può solo “tirare a campare” incapaci di intercettare qualsiasi pensiero che passi nella mente di un giovane. Gli educatori dell’oratorio non si trovano per strada; sono papà, mamme e adulti che si occupano di chi passa di lì come se fossero figli propri. Altrimenti che oratorio è? Ma se qualcuno pensa che queste persone non abbiano bisogno loro per prime di sentirsi parte di una famiglia e che debbano impegnarsi solo perché è loro dovere morale, abbiamo un grosso problema originale. Il volontariato si regge solo su una grande passione di essere utili alla realizzazione di una finalità; al contrario si infrange davanti alla frustrazione dell’inutilità del proprio impegno.

Quindi se perdiamo i giovani le chiese continueranno a svuotarsi per effetto naturale.

 

Ci tengo a sottolineare che in qualche caso il mio pensiero è stato rigettato come “bigotto”. A me sembra rilevare invece che questi argomenti siano trattati con troppa superficialità e si basino su “teorie di convenienza” che si pongono addirittura fuori della dottrina cattolica. Forse dovremmo attingere maggiormente all’insegnamento di Papa Francesco come unico faro che illumina la nostra strada verso il “Regno”.