Sarà la vecchiaia che avanza, sarà la
manifesta impotenza a incidere in qualche modo nella vita dei nostri figli
(giustamente), fatto sta che sentiamo ogni giorno di più l’avvicinarsi del
nostro destino.
La nostra vita, già abbastanza
avanti, ci ha fatto toccare con mano la caducità dell’uomo e quanto possa
essere rapida la fine della nostra esistenza. Ma siamo così attaccati a questa
terra che istintivamente declassiamo la nostra fine a circostanza “eventuale”,
vale a dire, a un evento che può capitare: sempre più eventuale col decrescere dell’età.
Ma non è solo questo, da giovani tendiamo
a separare nettamente la nostra vita spirituale e sociale dal nostro “menage”
quotidiano.
Non dovrebbe esserci questa
separazione! Nella vita comunitaria è necessario che l’individuo dia il suo
contributo per sostenere la Nazione secondo le Leggi dello Stato e sia aperto
alla solidarietà senza attribuirsi il potere di decidere come e quando
osservarle.
Così per il credente: non può stabilire
da sè medesimo quali comandamenti obbedire e quali no.
Ma siamo umani, tentati dal diavolo,
continuiamo a sbagliare e non raggiungiamo mai quella serena pace del cuore,
tipico solo dei fanciulli.
A tale proposito mi viene in mente
una conclusione a cui era arrivato mio figlio all’età “dei perché”. Quel giorno
stavamo passeggiando nel Parco di Bussolengo e lui trotterellando a fianco
continuava a chiedermi di Dio, dov’è, che fa, chi lo ha visto, ecc.; dopo un po’
si ferma ed esclama: “Ma allora noi
siamo nella pancia di Dio!” Ho guardato
mia moglie incredulo che un bambino della sua età potesse arrivare a una
conclusione simile. Eppure, io che ascolto il Vangelo, avrei dovuto sapere
quanta permeabilità ha un bambino che cresce, avrei evitato così tanti errori
nell’essere padre; avrei dovuto ricordare le parole di Gesù: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è
come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non
accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». (Mc 10,13-16)
Dove non c’è malizia (cuore di
fanciullo) c’è pace e tranquillità, perché il cuore ha riconosciuto lo sbaglio e
lo ha ripudiato e non importa se ritorneremo a sbagliare: lo riconosceremo e lo
ripudieremo nuovamente.
Il credente ha qualcosa in più. Sa di
essere “nella pancia di Dio”, di essere seguito costantemente dal suo amore,
sempre pronto a perdonarlo perché desidera che si mantenga sulla “strada di
casa”, quella che lo porterà da Lui. Dovremmo essere sempre pronti come Lui ci
ha continuato a raccomandare, ma abbiamo veramente le “lucerne accese e ben
riforniti di olio”? Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per i nostri
fratelli? Penso che questo sia il più importante interrogativo che dobbiamo
porci, perché è quello che qualifica tutta la nostra esistenza.