sabato 14 gennaio 2017

VOCE NEL DESERTO ...

Siamo al culmine di un fenomeno d’immigrazione che ci ha colti del tutto impreparati ad affrontarlo e, quindi, ad approntare le misure necessarie per renderlo digeribile alla stragrande popolazione europea.
All’interno della UE addirittura ci sono stati contrasti al “calor bianco” tra le nazioni favorevoli a gestire il fenomeno e quelle contrarie ad ogni tipo di ingresso nel proprio territorio.
All’interno dell’Unione si è creata un’anarchia che rischia di condurla al disfacimento; i governi si sentono in diritto di contestare le decisione che il parlamento europeo decide a maggioranza; vengono innalzati muri, anche vicino ai nostri confini.
Gli inglesi, non disponibili ad accogliere i profughi, sono i primi a trarne le conclusioni e con un referendum decidono di lasciare la UE. Quello che è meno comprensibile al contribuente è come mai siedano ancora in quell’istituzione godendo dei relativi privilegi. Alcuni stati dell’est hanno invece incassato il loro gruzzolo e poi si sono messi di traverso alle decisioni prese in sede esecutiva. Comunque sia, l’Italia, priva di un vero e proprio sostegno economico e politico, continua ad addossarsi con grande fatica il peso dei salvataggi nel Mediterraneo.
In questa situazione è molto difficile pensare europeo. I politici continuano a non capire quanto sia pericolosa la disattenzione che dimostrano nei confronti dei cittadini europei. La stragrande maggioranza di questi è favorevole a una federazione di stati europei, ma vuole riconosciuta la propria identità, vuole contare, e vuole soprattutto vedere istituzioni che funzionano e che sono vicine ai problemi reali di ogni stato; vede invece una moltitudine di persone sfruttare la posizione di un’unione che non funziona ma che vuole accentrare su di sé potere e privilegi ottenuti col consenso di governi nazionali forti. Continuare ad ignorare il sentimento dei cittadini rendendoli impotenti e ininfluenti nelle sedi europee porterebbe ad ingrossare le fila degli anti europeisti e a vedere l’uscita di altri stati.
Cosa può fare l’Italia in simili condizioni? Innanzitutto dimostrare che in “casa sua” sa farsi rispettare. Gli stranieri richiedenti asilo devono essere tutti identificati:
se delinquono o creano danni importanti devono essere immediatamente espulsi, a costo di accompagnarli con nave militare;
se mostrano di odiare lo Stato o rifiutano le sue regole devono essere espulsi;
nell’insieme delle persone accolte secondo le regole europee devono essere inclusi anche i cittadini italiani senza tetto;
il trattamento delle famiglie accolte o degli extracomunitari già presenti non deve essere diverso da quello usato per la famiglia italiana;
è necessario creare una banca dati degli immigrati affinchè si possa verificare se i minori non accompagnati siano stati volutamente abbandonati;
la quota attribuita ad ogni comune in rapporto ai suoi abitanti, deve comprendere la popolazione extracomunitaria preesistente;
gli immigrati maggiorenni non dediti allo studio devono svolgere un servizio obbligatorio nel comune ospitante;
i simboli, le funzioni, l’arte, i canti e soprattutto l’insegnamento religioso sono quelli della cultura italiana e possono essere cancellati solo col consenso della maggioranza dei genitori di ogni plesso scolastico;
alla prima classe elementare devono essere ammessi solo gli alunni che, riguardo alla lingua, sono in grado di seguire la lezione, fatta eccezione per i disabili per i quali dovrebbe esserci la presenza di un insegnante di sostegno: sarebbe interessante favorire l’apprendimento veloce della lingua con uno spazio apposito fuori dalle lezioni;
fissare per i minori dei momenti obbligatori di integrazione con gli altri bambini della comunità in luoghi protetti.
Si dirà: ma questo ha un costo. Si ce l’ha! Infatti il nostro futuro è legato a quanto ognuno di noi è disposto a pagare per la sua sicurezza. L’Europa vuol farci diventare un enorme campo profughi, magari pagandoci il disturbo. Spero che tutto il popolo italiano condivida: No grazie!
Ma per far cassa bisogna anche sradicare una classe politica che è molto simile (fatte salve le solite eccezioni) a quella UE sostituendola con una che però all’orizzonte non si vede, e questo purtroppo significa non vedere investire somme importanti in progetti indispensabili al nostro Paese. Significa inoltre perseverare negli sprechi e nella corruzione e non occuparsi del patrimonio, più o meno importante, che rimane nel disinteresse e nell’oblio.
Se per un po’ abbandonassimo tutti la difesa d’ufficio di un partito o di un movimento che alla conoscenza dei fatti è per tutti indifendibile, e cercassimo invece di far sentire la nostra voce e le nostre idee, forse riusciremmo a rivitalizzare qualche progetto o qualche tendenza positiva sopra cui si sono seduti i nostri politici.
Se dovesse essere l’Europa a sanare le divisioni e mettere ordine prima che noi promuoviamo una qualche iniziativa, pagheremmo ben più caro prezzo, economico e politico.
L’Europa è stata una grande intuizione, ma doveva essere subito incanalata sul binario della federazione delle nazioni, dove c’è un esecutivo che si occupa dei “pilastri portanti” dell’unione, mentre ai singoli stati, nell’ambito di una Costituzione federale, viene lasciata una propria autonomia gestionale.
L’ottusità di alcuni stati che non vogliono dimenticare la loro presunta grandezza di un tempo che fu e la ricerca di un tornaconto economico, ha impedito e continua ad impedire che si costituisca una vera Federazione Europea, con tutto quello che comporta per essere solida e coesa.
Nel mondo attuale ci sono tantissime guerre e conflitti e ancora tanta fame: impossibile quindi impedire che chi sta male cerchi di raggiungere un minimo di pace e benessere.

Cessino quindi il pietismo, il buonismo e i discorsi di circostanza che lasciano agli altri la soluzione dei problemi. Servono progetti compatibili con le nostre risorse, minimi ma attuabili; non possiamo distribuire appartamenti a costo zero. Ci insegna l’esperienza del terremoto: quote di migranti in ogni paese e, dove non ci fossero locali da mettere a disposizione, costruire casette in legno a spese della comunità, recuperabili dal rimborso europeo.