martedì 25 settembre 2012

LA "FUCINA" di PONTE TEGOLO

Nel 1997 il sindaco di allora Giovanni Merigo con la sua amministrazione, decise di acquistare l'immobile, ormai fatiscente, della famiglia Moretti al prezzo simbolico di 50 milioni di lire. L'immobile contiene l'antica fucina che nel 1600 aveva prodotto spade ed armi bianche di acciaio per la Repubblica Serenissima ad opera di Mathio Sassi (Ora purtroppo semidistrutta dalle piene del Garza del 1990-92).
L'idea era, da una parte quella di non disperdere la storia di quell'immobile e dall'altra quella di trasformarlo in un polo culturale che oltre alla trasformazione della "fucina" in museo, ospitasse la biblioteca e un centro servizi per le aziende della zona.
La trasformazione socio-economica e la costante diminuzione degli aiuti degli Enti sovra comunali, non ha agevolato le amministrazioni a decidere. Ma non e' bello e neppure produttivo usare quella scelta per attaccare l'avversario politico in qualche modo legato a colui che quella scelta fece. La mancanza di decisione e' da far risalire prevalentemente a chi guido' le amministrazioni successive che non hanno mai avuto il coraggio di decretarne la fine o l'utilizzo. Ora pare legittimo interpretare il rifacimento del tetto e i lavori di consolidamento operato dalle ultime due amministrazioni, come volontà di volerlo utilizzare o di venderlo. Ma dopo le belle sommette spese per tenere in piedi la storica "fucina", e' doveroso dire a tutta la popolazione di Caino che intenzioni ha l'amministrazione comunale, senza ricorrere alla solita scusa delle risorse: un piano programmatico o una chiara decisione non costa nulla e permette ai cittadini di partecipare alla sua attuazione.

mercoledì 12 settembre 2012

EMOZIONI E RADICI DI UN MONTANARO


Ogni bambino ha un sogno che vorrebbe, prima o poi, divenisse realtà. Questo sarà il breve racconto di un bambino di Caino già grande, che ha voglia d’incantarsi, di tornare bambino e sognare ad occhi aperti. Un padre che non vuole rinunciare ai sogni, che grida un messaggio ai suoi figli: non rinunciate a sognare. Un marito che ama la donna che si fida dei suoi sogni al punto di lasciarglieli vivere: grazie! Un pensiero lassù è stato rivolto a tutti, perché senza uno di voi io non sarei oggi quello che sono.

Agosto 2012
“Ciao Robi, tu quando sei libero?- verso la fine del mese- ok io l’ultima settimana…- ok allora ci sentiamo per quel discorso, una bella salita- ok! Bene, ciao.” Più o meno andava così la conversazione con la guida che mi avrebbe accompagnato verso il mio sogno, chissà... 
Mille pensieri si affollavano nella mia mente, ma mentre cercavo tra le proposte un’alternativa, sentivo con chiarezza che stavo fuggendo dal mio sogno. Niente scuse stavolta, su il telefono e: “Ciao Robi, ho deciso: Campanile Basso!- OK!” Abbasso il telefono e, non ci credo, stavolta ci siamo; solo il fatto di averlo nominato mi mette euforia, sono emozionato e un po’ spaventato; la mia prima ascensione in roccia.
Rimane da definire per che via; la vanità mi indurrebbe a tentare la “Fehrmann”, ma il buonsenso mi indurrà a scegliere la “Normale”.
Martedì 28 agosto 2012 si parte per passare la notte al rifugio Brentei; quella che fu la casa del Re di Brenta trasuda memoria appesa alle pareti, foto in bianco e nero e tutto il resto, ma mi sento un ospite indegno, un pivello. L’atmosfera è famigliare. La cena è abbondante, ma la tensione della sera prima, mi chiude lo stomaco, non parlo granchè sono teso e preoccupato; adesso siam qui, è tutto vero, mica fantasia ed ho paura di bloccarmi e di deludere il mio accompagnatore.”Robi senti, facciamo la Normale dai, voglio fare le cose bene e voglio arrivare in cima!”- “Non preoccuparti, per me ve bene quello che vuoi tu, siam qui apposta.” Mitico, e poi beh è vero, sono io che pago, che scemo.  Non mi sono mai sentito così deciso e lucido nell’affrontarmi, sono convinto e spaventato allo stesso tempo, ma voglio riuscire, si tratta di un sogno, mica una cosa qualunque.
La mattina si parte presto, con le pile siamo tra i primi per ovviare alla probabile folla(?) su verso la bocca di Brenta e poi per un tratto delle bocchette fino all’attacco.
Pochi minuti, manovre essenziali e via ormai ci siamo tra poco si parte. È un anno che sogno questo momento, calato 10kg, allenato e buon fiato, un mese in montagna come da un po’ non riuscivo ad andare, sto bene. SE NON ORA,QUANDO!?
Via allora. Robi attacca il primo tiro, facile, ma ci alziamo, significa che siamo partiti e sono sveglio.
Ci aspettano un po’ di tiri abbastanza vari da fare, ma ognuno sale e sale..e la paura? Cercherò di lasciarla per terra o ben sotto chiave. Un tiro dietro l’altro con calma neh... e piano piano, che chiudiamo una porta alla volta. “Ma stai già pensando alle doppie che non sei ancora partito!!”- “Eh si Robi, hai ragione! Una cosa alla volta.” Abbiamo un ritmo calmo, lui è un grande che mi mette sempre a mio agio; è preciso ed attento a tutto, una grande lezione per me. Il destino oggi però mi vuole fare un regalo doppio, anzi triplo:  dietro di noi una cordata speciale, una guida (Pedro) amico di Robi che mi raggiunge ad ogni tiro e mi parla calmo, mi fa stare bene. Sta salendo con un signore e un ragazzo credo... -“no è una femmina”- dice, “è mia figlia Sofia di 9 anni e mio suocero Lino!”
Sono senza parole.  È straordinario, una cosa così a volte fatichi a vederla in un rifugio, ma qui siamo sulla normale al Basso!
Abbiam fatto i primi tiri di III, poi uno di IV. Adesso la chiave di tutto(?) la “paretina pooli” un V; superata con determinazione(o incoscienza?), forse sono fresco, ma adesso, dice Robi, non si torna, solo avanti. Questo era il grado più alto, chiudi a chiave e via, allora. Tutto ok il ritmo è calmo e sono sereno, ma tornano i pensieri, i camini a Y. Andiamo a sinistra e ho il primo vero brivido, respiro la tensione che sembro il Pony Express; sto vuoto sotto le gambe aperte, proprio mi sa di farmela addosso, ma soffia e soffia, vado sempre avanti, un bel tiro lungo fin sullo “stradone provinciale”; abbiamo fatto circa 8 tiri credo. Non capisco il sangue freddo dove sono andato a scovarlo, o si passa o si passa. senza pensarci troppo su, sarà la paura di bloccarsi, forse si.
I tiri sono facili, ma qui non siamo in falesia.. ho le mie prime scarpette, le mithos, con tanto di buco sull’alluce, un guanto, ma siamo alti neh, altro  ci vorrebbe...
Ecco lo stradone, praticamente le bocchette senza cavo! Madonna mia!!(e uno) guardo su, la mitica “Via Preuss”, una parete dritta in vetta che il mago salì molto prima di “Manolo” slegato fino in cima, con la Sorella e l’amico Rilly ad aspettarlo qui. Noi ovviamente facciamo il giro. Poi su un altro camino: “albergo al sole”, piccola cengia e, ops calata inattesa(brivido), siamo sul “terrazzino del Re del Belgio”.
Il bello è qui, dove gli Italiani di Pooli si giocarono la vetta. Bloccati sopra la placca non escono, mentre gli austriaci inventano questo traverso a sinistra su una cengetta da brivido sulla verticale! Qui si gioca la storia. (anche la mia!)
Praticamente c’è posto per i piedi e le mani, c’è tutto, ma devi andare di lato col vuoto sotto, Maria!!! Ma ecco il miracolo, arriva Pedro e Sofia, mica vorrai farti vedere ad aver paura? Vado eh.. ce l’ho fatta!!!! Non mollo non mollo!!! Visto Robi?
Adesso su dritti la “parete Ampferer” l’ultima fatica, un IV schietto e verticale che ti fa soffrire fino alla fine.  Facile in falesia, ma qui siamo allo scoperto, sotto il terrazzino della sosta tutta la maestà del campanile senza sconti. La vuoi la vetta? Suda! E respira... e allora via che parte il treno a vapore: uff,uff,uff!!  mi sembra di avere le mani di gesso e i piedi, altro che guanti, sembrano scarponi... sosta. Fiuuuu!!
Ultimo tiro, un III(?) che sembra un V tanto sono ancora teso dal traverso in poi!!! Eppure sento dentro di me che non c’è quell’esitazione che mi contraddistingue, oggi non ho dubbi si va avanti. Anche perché è tutta la via che dietro di me arriva quella meraviglia di Sofia di 9 anni che vien su come se andasse a scuola: la faccia devo salvarla! Non tradisco la paura, me la tengo stretta come tengo la roccia, e la busso prima, mica vado a caso, non voglio tirare giù niente. Dentro sono scariche elettriche che mi attraversano, ma le mie mani non tremano, non capisco questo miracolo!
È la cosa più bella del mondo, il tiro mi scorre sotto le scarpe con fatica, sono rigido, ma perché so che cosa sta per succedere, infatti scavalcato l’ultimo gradone... il cielo, non più roccia sopra e davanti a coprire il resto del mondo, ci sto sopra adesso, mi sento così piccolo e tremo: è così grande lassù e un pianto sgorga liberatorio, non voglio fermarlo, una vita intera mi passa davanti, fatti persone, amici, ma su tutto la mia famiglia, tutta. Uno sguardo lassù che dura a lungo. Un discorso muto e intimo che mi strugge.
Un abbraccio con Robi, un amico e maestro che ha saputo condurre con delicatezza e eleganza, non solo una guida, un Uomo d’altri tempi. Arriva Sofia dopo Pedro e poi il Lino (il nonno!!).
Soli noi in cima sembriamo una famiglia per aver condiviso questa foto; parole, attimi che rimarranno scolpiti nel nostro cuore per sempre.
Il sogno è realizzato! Non ci credo ancora... stendo la bandiera del mio Paese per una foto simbolica. Porto in alto le mie origini con orgoglio.
Ma ora bisogna scendere!!!  Ahhh!!  Madonna mia!!(e due!)
Giù la prima corda doppia, che “pora”! Ma poi anche li mi scopro lucido, chissà?! Se, se, ma ogni volta che aspetto e guardo giù... “de le go de na? ma set mat!”  E poi giù di nuovo.
 La scena più bella? Due.
-Pedro che si cala in doppia con la bimba in braccio, mi viene da piangere dal bello, non la vedo più una cosa del genere.
-La calata nel vuoto del sottoscritto che mentre Robi da sotto chiama guarda giù pensa un catalogo di aggettivi indirizzati al caro amico ma vafffffff!! 
 Sosta. Ultima doppia e via. finito. E’ andata così.

Sul sentiero delle bocchette,guardo su continuamente, non vorrei lasciarlo il Basso, ma ho voglia di volare a casa a dire che sono felice, che ci sono riuscito, che...che...!!!!
Siamo davvero piccoli, è bello avere i piedi per terra!!
In questa valle osservo queste immense cattedrali e mi sembra appropriata la frase di Payer:
”Un uomo è solo un piccolo insetto; qualora quest’uomo fosse molto potente, sarebbe un insetto con le ali dipinte.”
  Lassù non si può barare, ma nemmeno dopo, altrimenti  non servirebbe a niente salire. 
 

Enrico.29 agosto 2012