lunedì 27 marzo 2023

L’EUROPA DI TUTTI E DI … NESSUNO

 
In tanti Stati del mondo è palesemente violato il diritto alla giustizia e alla pace mediante una crudele repressione delle persone che protestano contro la violenza e la sopraffazione.

Le nazioni occidentali, come l’Italia, nonostante i proclami, non incidono minimamente sui comportamenti degli autocrati che, oltre a non voler sentir ragioni su quello che loro considerano affari interni, continuano a sedersi tranquillamente nelle organizzazioni mondiali ed a tessere relazioni di ogni tipo in grado di procurar loro un qualche tornaconto (Russia, Cina, India, Corea del Nord, Gran parte dell’Africa, Iran, Arabia Saudita, Pakistan, ecc.).

Singolarmente ogni Stato che abbia a cuore la salvaguardia della democrazia e la salvaguardia dei diritti umani, non può che guardare impotente alle violenze e alle ingiustizie che ogni giorno opprimono una gran parte del mondo. Così continua a muoversi rassegnato a non contare nulla sullo scacchiere mondiale.

EUROPA

Il vecchio continente ha avuto tutto il tempo per trasformare gli interessi economici in forza propulsiva che potesse generare una federazione di Stati ben coordinati e che avesse una voce sola e non l’ha fatto: hanno prevalso supremazia, sospetti e distinzioni, con il risultato di avere un continente che non sa reggere la forza d’urto degli altri continenti.

Politica estera uguale a zero; politica sulla difesa uguale a zero (solo Nato a trazione americana); affari economici senza una visione comune; politica energetica ognuno per sé; politica sociale che non sa fare sintesi tra gli Stati membri.

L’assenza dell’Europa pesa moltissimo nelle decisioni che vengono prese per fronteggiare avvenimenti e “teste calde” nel mondo. Infatti, non è possibile dare per scontato che la Nato sia in grado di fronteggiare la complicatissima rete di rapporti commerciali e sociali di tutto il mondo. Questa organizzazione è sostenuta economicamente in maniera preponderante dagli Stati Uniti, come possiamo pensare che non abbiano un occhio di riguardo per i loro interessi, in assenza di un’unica voce dell’Europa? E poi, siamo sicuri che il tipo di relazioni che ha l’Europa con gli altri Stati sia sovrapponibile a quello americano?

Con questo non vogliamo togliere nulla all’importanza che assume per noi l’alleanza con gli Stati Uniti. Senza il loro aiuto noi oggi saremmo una colonia, non lo dobbiamo dimenticare mai, tuttavia, giustamente, gli americani sono stufi di morire per gli “altri” ed è più che logico che il loro agire sia legato non solo alla “gloria” ma anche alla conquista di qualche vantaggio nazionale.

 

MANI LEGATE

In questa situazione ci troviamo a dover scegliere tra la protesta (che sarebbe dovuta) e gli interessi economici nei quali sono interessate molte delle nostre imprese. Imprese di tutta Europa che lavorano in Stati canaglia che ci ingolosiscono con commesse di ogni genere, comprese le armi (vedi Egitto e caso Regeni).

La fame energetica è un’altra necessità frenante e la maggior parte degli Stati non sta a guardare se il fornitore è un buon padre di famiglia o un despota. Si adeguano di volta in volta in base alla necessità del momento (prima la Russia poi Libia, Algeria, Tunisia, che ci danno gas e petrolio, ma non ci aiutano a prendere gli scafisti).

È da addebitare agli Stati canaglia il crescente flusso migratorio; hanno meno persone da assistere e una capacità ricattatoria maggiore verso gli Stati che commerciano con loro materie prime essenziali. Anche in questo caso l’assenza di una comune politica migratoria dell’Europa ci espone non poco ai ricatti, anche di Paesi Nato (vedi Turchia che a seconda delle convenienze minaccia di aprire all’esodo i suoi confini). Come possiamo pensare di accusare una nazione alleata? Alleati e nemici contemporaneamente.

Nell’ONU e OCSE siedono anche rappresentanti che non brillano come tutori dei diritti umani, un tributo da pagare alla diplomazia che annaspa e non sa darsi delle regole certe per l’opposizione o il veto di qualcuno. La regola che impera pare sia sempre quella: per qualche dollaro sono disposto a scambiarti per un fautore della democrazia anche se hai le mani sporche di sangue.

Per la difesa dei diritti umani non ha regole precise l’Europa, che commette reati facendo soffrire persone che scappano dalle guerre e dalla fame, non hanno regole efficienti nemmeno gli organismi internazionali che al loro interno subiscono condizionamenti di ogni sorta.

Oriente e occidente si fronteggiano per predominare nel mondo e, se troveranno un’intesa, sarà un intervallo breve, il tempo per guadagnare qualche posizione, diplomatica o economica. Per avere una tregua prolungata bisognerebbe che la Russia, la Cina e molti Stati dell’Africa non governassero imprigionando i dissidenti. L’Africa, infine, non dovrebbe essere colonizzata dalla Cina, dalla Russia e … dalla Turchia. Si sta cercando di marcare nuovi confini nel mondo che di internazionale ha ben poco.  

 

TRIBUNALE INDIPENDENTE

La complessità e la delicatezza della diplomazia mondiale hanno partorito delle regole farraginose che consentono, ancora oggi, ai vincitori della II guerra mondiale + Cina di manovrare a loro piacimento a favore o contro qualcosa in base ai loro interessi. Questo non rende giustizia! Anche se cercare una qualche via di uscita rientra nel campo delle utopie, sarebbe auspicabile che all’interno dell’ONU venisse creato un Tribunale indipendente in grado di raccogliere prove e condannare (non solo a parole) i rappresentanti di quegli Stati che si fossero macchiati di reati contro l’umanità, penalizzando adeguatamente quelle nazioni. Simile alla Corte Internazionale dell’Aja, ma più allargato e reso più indipendente da regole uguali per tutti. Ma non ci crede nessuno.


domenica 26 febbraio 2023

IL SOLITO PROVOCATORE

 


Si sente parlare spesso di comunità, di cittadini, ma noi, ci conosciamo? Solo i ragazzi e i giovani si conoscono in tanti e abbastanza bene da condividerne idee e speranze, agli adulti è noto solo qualche anagrafica, e poco più.

Noi adulti abbiamo ereditato l’omertà e ci destreggiano tra i nostri simili cercando di mantenere sempre quel poco di vantaggio che ci permetta, tacendo, di ottenere qualche beneficio. Non occorre molto per dimostrarlo. I nostri politici locali, ad esempio, è da decenni che si presentano con un programma alle elezioni senza mai aver fatto sentire la loro voce durante il quinquennio (a parte qualche comunicato). Negli altri paesi è lo stesso. Quindi che ne sappiamo delle persone che chiedono il nostro voto? Tutti cercano di mostrare il loro specchietto delle allodole con lo scopo di coprire gli altri candidati che, presi uno ad uno, sconosciuti circa i loro interessi e le loro opinioni, non sarebbero mai eletti, ma dietro lo specchietto …

Non è forse vero che la nostra scelta elettorale si basa più sull’amicizia che sulle capacità? Sulla simpatia e non sulle idee? Sul possibile tornaconto anziché sul dinamismo propositivo del candidato?

Siamo ritornati ai tempi delle crociate! Ognuno è buono e gli altri sono cattivi. Ma ogni “buono” continua a fare errori, qualunque sia la sua casacca. Nessuno è buono se non è aiutato ad esserlo dagli altri, buoni e cattivi. Ma perché questa speranza si renda possibile è necessario che la famiglia e la scuola promuovano a pieni voti il confronto dialettico tra le persone come metodo salutare di integrazione, di rispetto e, quando possibile, di collaborazione.

Abbiamo promosso invece i social a mezzo di comunicazione di massa, col risultato di farci trascinare dall’onda dei like invece che da ragionamenti messi a confronto. Se oggi non c’è più un valido e battagliero Movimento studentesco” vuol dire che tutta la società si è seduta ad aspettare che il mondo politico torni ad infiammare i suoi elettori rimpossessandosi dei sani ideali dei quali è stato un tempo portatore. Infatti, sei elettori su dieci non vanno a votare.

Si dirà che votare è un dovere civile. Vero, ma non lo è altrettanto (e in modo maggiore) quello del politico di dare soluzioni ai problemi del proprio Comune e del proprio Paese? Non si dovrebbero preoccupare i politici della loro scarsa rappresentanza? Invece che fanno? Contenti di aver conquistato il “potere” fanno di tutto per conservarlo continuando le loro “beghe” e lasciando i problemi senza soluzione. Pensano forse che le persone non si rendano conto di quanto siano irrealizzabili talune promesse elettorali? Possibile che non comprendano che il cittadino ha bisogno di essere rassicurato da progetti concreti che tengano conto della nostra fragilità economica?

Ecco, quindi, che il nostro dovere sarebbe quello di sollecitare la Politica a trasformare i titoli in soluzioni, iniziando da quelli che hanno la priorità. Favorire le nascite significa agevolare le famiglie in modo adeguato con asili nido e sostegni; aumentare l’occupazione significa avvicinare la scuola professionale alle aziende favorendone l’integrazione con aiuti adeguati; sviluppare l’economia significa finanziare la ricerca e pagare meglio i ricercatori (per avere ricercatori validi occorre premiare le capacità e il merito degli studenti); avere una buona sanità significa avere medici in misura sufficiente per coprire la rete dei servizi; per evitare i disastri ecologici non basta la burocrazia ma i controlli sul territorio e interventi per mettere in sicurezza le zone a rischio; ecc…

Naturalmente queste cose sono note, ma la risposta lo è altrettanto: “Non ci sono i fondi”. Verrebbe da ridere, se non fosse tragico e fonte di tragedia per tante persone; nei programmi elettorali vengono spesso introdotte voci per spese aggiuntive (Flat tax, abbassamento dell’età pensionabile, asili gratuiti per tutti, riscatto gratuito della laurea, per esempio), oscurando i capitoli più importanti e prioritari per il cittadino medio.

Quando rivedremo i rappresentanti politici sedersi al tavolo tra i loro elettori a parlare del loro impegno riguardo ai punti del programma con il quale sono stati eletti, allora la speranza che il “Palazzo” si avvicini al cittadino sarà concreta. Fino ad allora, cari politici, non vi conosciamo!

domenica 19 febbraio 2023

DOTE DI ETERNITÀ

 


Ancora una volta la naturalezza della vita mi ha dato una lezione da non dimenticare. In mattinata (18/2/2023) mi sono recato all’Ospedale Civile di Brescia per partecipare all’inaugurazione di una nuova ala, finanziata dall’AIL attraverso i suoi sostenitori, per i pazienti affetti da malattie del sangue, leucemia, ma non solo. 

Camici bianchi e un buon numero di rappresentanti delle varie associazioni sostenitrici del progetto, si sono radunati nell’atrio del 4° piano della Scala 2 per la benedizione e il taglio del nastro da parte del Vescovo Pierantonio Tremolada. 

La presentazione da parte del dott. Navoni dei risultati ottenuti grazie alla generosità di molti, si è svolta in modo molto semplice e famigliare, come del resto tutta la cerimonia. Ma quello che più mi ha colpito è stata l’atmosfera che quell’evento ha portato con sé. Mi ha indotto a pensare che anche tutti gli altri momenti d’incontro tra queste persone (io faccio eccezione perché presente solo formalmente) ripeta le medesime sensazioni. Il sorriso, l’interessamento misto di leggera tristezza, ti fa sentire subito partecipe, uno di famiglia. 

Questo disinvolto atteggiamento si è reso possibile perché il dolore provocato dalla malattia di un congiunto (o per sé stessi) ha fatto cadere quelle barriere delle quali ci circondiamo per difenderci, o per non fare spazio agli altri. Il dolore ci rende tristi ma, nello stesso tempo, ci fa allargare lo sguardo sulle relazioni autentiche e ci apre il cuore verso chi è nel bisogno. È una forma di compensazione naturale, una sorgente di umanità, la ricerca di quello che è essenziale nella vita, che va oltre la malattia. 

Questo è l’insegnamento: bisogna vivere per quello che conta veramente. 

Un paziente oncologico, dopo aver osservato a lungo il comportamento delle persone, disse: “Vivono come se non dovessero morire mai!” Quanta verità in questa breve frase. Lui che sapeva di avere il tempo contato, aveva estratto dalla vita le cose essenziali: l’amore per chi era disposto a stargli accanto, il desiderio di trasmettere agli altri la propria voglia di vivere, la bellezza di un sorriso contagioso, la spontaneità dei bambini, le meraviglie della natura, afferrare a piene mani ogni momento che rimane da vivere. 

Dispiacerà alla categoria, ma se la maggior parte della popolazione mondiale imparasse a vivere così, psicanalisti e psichiatri chiuderebbero bottega. Inoltre, in mancanza di persone “perse” verrebbero a mancare i provocatori di guerre, piccole e grandi, e su tutto il pianeta splenderebbe un arcobaleno di pace. 

Utopie? No! È un sogno che solo le persone che hanno conosciuto il dolore realizzano dentro sé stessi, una dote di eternità.

lunedì 9 gennaio 2023

CRISTIANI D’EUROPA - Ciò che è rimasto

 

Che cosa è rimasto delle preghiere per la “Chiesa del silenzio” raccomandate in tutte le Diocesi negli anni ’50?

Sembra una domanda banale, ma in realtà segnala il progressivo allontanamento dei cristiani dalla solidarietà … almeno quella morale.

I cristiani sono perseguitati ovunque fuori dall’Europa, eppure sono in pochi a rispondere alle loro invocazioni. Esiste solo quello che gira intorno a noi, che condiziona la nostra vita quotidiana; bendiamo gli occhi per non sapere la storia del prodotto che ci viene offerto sugli scaffali del supermercato a un prezzo allettante.


“È la globalizzazione”, siamo portati a dire: ma perché non viene invocata la “globalizzazione dei diritti”?

È più comodo difendersi dietro allo Stato laico; in questo modo, anche dove i diritti più elementari non vengono rispettati, si può commerciare qualsiasi cosa, anche gli esseri umani che ci stanno dietro, o quelli che fuggono in cerca di una vita più decente per sé e per le loro famiglie. Non ci tocca più di tanto neppure il caso che qualche italiano incappi nelle mani della “ingiustizia” di qualche nazione amica (vedi Regeni per il quale non vengono più appesi i consueti striscioni gialli che l’Egitto non gradisce).

Siccome però non viviamo di utopie, non possiamo basarci su chi ci governa, loro devono far coincidere l’interesse nazionale con quello internazionale, quasi mai con un rapporto di forza a nostro favore; conteremmo molto di più se, il cosiddetto “popolo”, recuperasse un po’ di memoria e ricordasse quanto siamo stati umiliati grazie a certi “governi”.

I cristiani potrebbero dare molto per la costruzione di una cultura della consapevolezza, della memoria e del diritto nella giustizia. Se non lo fanno, non solo dissacrano la loro esistenza a favore del laicismo, che già ha avviluppato la maggioranza degli abitanti del vecchio continente, ma concorrono nell’erosione dei principi sacrosanti validi per tutto il mondo con conseguenze distruttive, specialmente per le giovani generazioni (già ne stiamo vedendo alcune manifestazioni nelle tante guerre, nelle disuguaglianze sociali, nelle tragedie dovute ai cambiamenti climatici).

Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla. (Ezra Pound)

domenica 8 gennaio 2023

LA NOSTRA SANITA'

 



Il servizio sanitario italiano fornisce ai cittadini una copertura universale, in gran parte gratuita, oltre a una serie di servizi per persone affette a malattie croniche, completamente coperti.

Il cittadino italiano contribuisce al costo delle prestazioni sanitarie pagando il ticket, introdotto nel 1982. Questa è la teoria. La realtà, nel nostro Paese, sta assumendo forme che guardano agli Stati Uniti, pur nella sostanziale differenza tra i due servizi sanitari.

In pratica, anche in Italia, la spesa sanitaria, quella che il cittadino deve pagare di tasca propria, è in costante ascesa. Dall’ultima rilevazione della Ragioneria generale dello Stato, risulta che gli italiani per curarsi, oltre al ticket, pagano direttamente oltre 37 miliardi di euro, con la Lombardia al primo posto. Elementi che confermano sempre più i timori e le preoccupazioni del cittadino per il suo futuro “sanitario” così come si prospetta all’orizzonte.

Rimane forte l’amarezza nel ritenere che la spesa di tasca propria sia la più grande forma di diseguaglianza nella sanità, poiché mette i cittadini nella condizione di accedere alle cure solo in ragione della propria capacità reddituale, facendo venir meno i principi alla base del Servizio Sanitario Nazionale. Quel Servizio nato nel 1978 e di cui amiamo farci vanto con il resto del mondo.

I principi vengono meno quando sei sostanzialmente costretto a pagare una visita o un esame diagnostico di tasca tua perché le prima data disponibile con il Servizio nazionale è al di là di ogni possibilità di attesa.

Vengono meno quando la spesa sanitaria riconosciuta agli anziani ospiti nelle RSA non è sufficiente a garantire prestazioni adeguate alla loro fragilità.

Vengono meno quando nelle stesse RSA convenzionate i posti letto non sono sufficienti a dare risposta in tempi ragionevoli e le famiglie, che non sono più in grado di affrontare il peso di un’assistenza che deve essere qualificata e devono ricorrere a strutture non convenzionate con costi proibitivi. E chi non ha un reddito adeguato deve arrangiarsi.

Chi mai dovrebbe portarci come esempio?

Tratto da un articolo di

Anna Della Moretta

sabato 26 novembre 2022

PACE, PACE, PACE!

 

Pace, pace, pace gridano le folle dalle piazze, i politici dai loro scranni, quei pacifisti che pensano che la pace la debbano fare sempre gli altri, scrittori, filosofi ed intellettuali che sulla pace hanno scritto di tutto. Molti si rifiutano di pensare con la propria testa perché hanno paura di non essere all’altezza di qualche eminente personaggio che va sbandierando la propria infallibilità.

 Ma la domanda è: che pace vogliamo?

Vogliamo una pace duratura che proviene da una mediazione internazionale che tiene conto delle ragioni e non della forza bruta o una pace basata sulla resa incondizionata a una prepotenza cosciente di essere più forte militarmente? E quando una parte non vuole sedersi a discutere di una pace che non sia quella che gli fa comodo, cosa fare? La stragrande maggioranza delle Nazioni assiste impotente alla morte di migliaia di persone e alla distruzione di gran parte di una nazione sovrana senza poter intervenire per non provocare una catastrofe umanitaria.

La minaccia e il ricatto di chi possiede armi nucleari sono da considerarsi elemento determinante per sopportare i soprusi degli Stati che la detengono?

Si alle armi all’Ucraina, no alle armi all’Ucraina è un continuo distinguersi tra personaggi che vivono nel burro della loro vita quotidiana e vogliono esprimere solo a parole il loro sostegno. Chi trovandosi una persona caduta si limita a dire: “Mi dispiace” e non l’aiuta invece a rialzarsi? Non ci siamo mai interessati delle armi fornite alla resistenza in vari Stati lontani del pianeta; ci siamo perfino dimenticati degli aiuti militari che abbiamo ricevuto noi italiani quando ci siamo trovati davanti a una prepotenza bellica brutale. Che ne sarebbe stato dell’Europa se l’America non fosse intervenuta a difenderci?

Nello stesso modo dobbiamo chiederci: che ne sarebbe dell’Europa se lasciassimo che le brutali forze militari russe conquistassero l’Ucraina?

Pace, pace, pace, ma chi vuole veramente la pace? L’Ucraina! Lei sola vuole la pace, gli altri la vorrebbero, ma per motivi diversi. Ci sono al mondo solo tre attori in grado di fermare Putin, se si coalizzassero: la Cina, l’India e gli Stati Uniti. L’Europa, con poca convinzione e tante divisioni, aiuta l’Ucraina con le armi e la solidarietà, ed è già molto, ma non ha voce in capitolo. Le difficoltà vere ad ottenere la pace vengono dagli attori principali che non vogliono rinunciare ad esercitare la loro influenza nel mondo (Cina e America) e chi ha tutto da perdere scaricando la Russia (India). Ma questi “grandi” stanno giocando col fuoco. Come possiamo escludere che un banale incidente sviluppi un fuoco nucleare mondiale? Il buon senso ha impedito che il missile (ucraino?) caduto in Polonia diventasse una miccia, ma ha anche dimostrato come sia possibile che l’incidente avvenga. Se Cina, Stati Uniti e India si accordassero su alcuni punti chiave della convivenza mondiale ed isolassero la Russia per quello che sta facendo in Ucraina, il cessate il fuoco sarebbe raggiunto in poco tempo. Altri intermediari capaci di influenzare un despota non ce ne sono. In assenza di validi mediatori la guerra continua, uccidendo e devastando qualsiasi cosa che possa fiaccare la resistenza ucraina. Insieme alle vittime di guerra, l’inverno porterà con sé la morte di molti anziani impossibilitati a difendersi dal freddo a causa della distruzione delle centrali elettriche, senza che noi possiamo fare nulla per impedirlo. Sento dire che inviando le armi peggioriamo la situazione. Siamo ciechi? Senza le armi dell’Occidente la nazione Ucraina non esisterebbe più! Le fosse comuni non sarebbero state scavate solo a Bucha e Cherson ma in tutto il territorio ucraino. Questo sì che porterebbe alla fine della guerra e alla pace voluta da Putin. Allora sarebbe più onesto e coerente ammettere che degli ucraini non ci importa nulla, né dei vivi né dei morti.

Tra i tanti insegnamenti che questo conflitto assurdo ci ha impartito, ce ne sono alcuni che la nostra Europa dovrebbe aver ben imparato e dovrebbe mettere in pratica prima che sia troppo tardi:

1)  Realizzare gli Stati Uniti d’Europa dove le decisioni in materia di Difesa e di politica estera siano prese a maggioranza vincolando tutti gli Stati membri;

2)  2)   La solidarietà come base della convivenza europea facilitando lo sviluppo dei paesi membri e la soluzione di problematiche inerenti alla posizione geografica;

3)  3) Favorire il raggiungimento dell’autonomia energetica all’interno dell’Unione come patrimonio comune da distribuire al giusto prezzo.

Il non aver raggiunto la stessa unità d’intenti nella gestione comune delle problematiche del continente, rende di fatto ininfluente il peso politico dell’Europa nella guerra Russia-Ucraina, e questo nonostante le sanzioni verso l’aggressore siano state accettate (o sopportate) da tutti gli Stati membri. Quanto contiamo nello scacchiere lo dimostra la risposta che gli hacker russi hanno dato alla risoluzione europea di considerare la Russia nazione che usa metodi terroristici: hanno mandato in tilt i server di tutti gli apparati del Palazzo. Quasi a dire:” Attenti a quello che fate o dite”.

Come uscirne?

La situazione è talmente complessa da vedere ben pochi spiragli per un cessate il fuoco. Come si diceva le due nazioni che potrebbero fare la differenza tengono le loro carte coperte e non prendono posizione lasciando solo gli Stati Uniti a fare la voce grossa; in questo modo Putin rimane attivo nelle relazioni internazionali e le sue “casse” resistono agli attacchi degli oppositori.

Singoli stati europei sono usati a piacimento dalla Russia come tentativo di seminare discordia nell’Unione che già naviga per suo conto in acque non molto tranquille.

Mi chiedo, se la maggior parte delle nazioni UE non fosse nella NATO, avrebbe ugualmente sostenuto la resistenza ucraina? Eppure, sono i confini europei ad essere minacciati.

Quando sparliamo della NATO dovremmo pensare anche a questi passaggi, perché visti i tanti sfilacciamenti europei, senza almeno l’unione di facciata, saremmo delle bandierine al vento, strappate al primo temporale.

Il “Generale inverno” sarà il primo ostacolo importante. La disperazione della popolazione ucraina potrebbe portare ad azioni che Putin potrebbe considerare insopportabili tali scatenare tutta la potenza rimasta (se ancora ne ha) e devastare quella terra fino alla resa. Da parte sua, la Russia, potrebbe parzialmente sabotare la Centrale Nucleare di Saporiska dando la colpa all’Ucraina e avviare l’uso di armi sporche fino alla destabilizzazione politica e alla resa. Dio illumini la mente di chi governa questo conflitto.

Gli inguaribili ottimisti potrebbero dire: “E’ ormai questione di ore. Poi si siederanno ad un tavolo e si accorderanno sulla definizione dei confini”. Almeno fosse così! Ma chi li farebbe sedere al tavolo?

E noi che ruolo giochiamo in questa guerra?

Intanto quello di manifestare apertamente che l’oligarchia russa ha commesso una gravissima violazione alla integrità nazionale dell’Ucraina. Chi dice il contrario non esprime il suo pensiero, si mette dalla parte del despota perché vorrebbe un regime simile.

Possiamo continuare ad essere solidali coi profughi facilitando la loro vita lontano dai propri cari e dalla propria patria.

Possiamo riconoscerci più umani e compiere gesti di pace tra noi che non siamo in quella situazione.

Potremmo fare pressione perché si arrivi presto a una Europa forte.

Potremmo pregare molto perché Dio faccia quello che gli uomini non sanno fare.

mercoledì 16 novembre 2022

GESÚ VOLEVA DIRE QUELLO CHE HA DETTO?

         “Uscito sulla strada, un tale gli si avvicinò e gli disse: - Maestro, che cosa devo

 fare di buono per avere la vita eterna? – Gli disse Gesù: - Perché mi interroghi

su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i

comandamenti – Gli chiese: - Quali? – Gesù rispose: non uccidere, non com-

mettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua

 madre e amerai il prossimo tuo come te stesso – Il giovane gli disse: - Maestro,

tutte queste cose le ho osservate; cosa mi manca? – Gli disse Gesù: - Se vuoi

 essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro

nel cielo; poi vieni e seguimi! – Udite queste parole, il giovane se ne andò triste;

possedeva infatti molte ricchezze.

Gesù allora disse ai suoi discepoli: - In verità io vi dico, difficilmente un ricco

entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per

la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio – A queste parole i disce-

poli rimasero molto stupiti e dicevano: - Allora chi può essere salvato?

– Gesù li guardò e disse: - Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è

 possibile –

Matteo,19-16,26

 

Gesù voleva dire veramente quello che ha detto, o era una provocazione per farci capire quanto dobbiamo sentirci staccati dalla ricchezza?

Nel discorso della montagna vi è, purtroppo per noi uomini, pieni di noi stessi, la conferma che le sue parole non sono semplice provocazione ma consigli esistenziali. Questo discorso, così preciso e particolareggiato, ci pone davanti a una scelta: o il Regno o la distruzione.

 

“… Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un

uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono

i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché

era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in prati-

ca, sarà simile ad un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la

pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa

cadde e la sua rovina fu grande.

Matteo,7-24,27”

 

Molte altre letture del Vangelo conducono alla medesima conferma, all’indicazione precisa di quello che siamo chiamati a fare su questa terra.

E adesso? Cosa facciamo dopo questo insegnamento? Dare tutto ai poveri? Non ci riusciremo mai senza il Suo aiuto.

 

“Ma ogni persona è chiamata a sentirlo e a viverlo nel modo che Dio dispone, unico per ciascuno, secondo le situazioni e secondo la grazia fornita da Dio. E noi dovremmo procedere lentamente, pregando, ragionando e prestando attenzione all’influenza possibile delle nostre scelte sugli altri.

Nel braccio della morte di Dale Recinella”

Abbiamo però alcuni punti di forza da sfruttare: primo, l’abbandonarsi fiduciosi a Dio perché sia Lui a lavorare in noi; secondo, dedicarci alla preghiera, in qualsiasi modo rivolta, purché sia con trasporto e amore; terzo, un po’ di digiuno può purificare spiritualmente e renderci più attenti ai segni che ci manderà; quarto, Spirito Santo vieni in nostro aiuto, sia la giaculatoria più ricorrente.

Quindi, stabilito che Gesù ha voluto dire proprio quello che ha detto, abbandonati a Lui saremo portati a compiere le gesta che di volta in volta ci indicherà. Dobbiamo solo avere fede e prestare ascolto ai segnali che troveremo lungo il nostro cammino.