Per i cristiani una
lezione dal Papa da non dimenticare. Il buonismo di chi non si ribella all'ateismo
imperante che vuole togliere ogni segno della cristianità giustificandolo come
rispetto delle altrui credenze, porta con se tutta la responsabilità per un
dovere non compiuto. Il cristiano ha infatti il dovere di attestare il suo “credo”
e di essere credibile e coerente, ma ha anche quello di difendere i segni e i
simboli della propria fede senza i quali non c’è più nemmeno la Festa: il
Natale o la Pasqua senza Cristo è un giorno lavorativo qualsiasi della
settimana. Potremmo anche arrivarci un giorno, ma almeno non sia per demerito
dei cristiani.
mercoledì 27 dicembre 2017
giovedì 23 novembre 2017
NON FACCIAMO LE CORNA - Riflessioni
La morte è un
argomento che, al solo accenno, a un buon numero di persone fa muovere
automaticamente la mano in segno di scongiuro, anche se il parlarne non ha mai
abbreviato la vita a nessuno.
Se ne dovrebbe parlare
sin dalla prima infanzia, perché i bambini costruiscono con logica i loro
ragionamento, meglio di noi adulti. Il tenerli lontano dalla morte dei nostri
parenti non li aiuta a crescere nella consapevolezza che la nostra vita ha un
limite.
Sin dalla nascita
siamo educati e cresciamo come se la nostra vita avesse durata illimitata. Questo
“peccato originale”, rubandoci la consapevolezza del tempo limitato di cui
disponiamo, inquina i nostri rapporti umani togliendoci gran parte della gioia
e serenità che ci sarebbe toccata.
Sappiamo tutti che non
è facile immergerci ogni momento nella consapevolezza della nostra caducità.
Non è facile per uno che crede in Dio e non lo è per chi non crede a nulla.
Per il credente il
trapasso dovrebbe essere un fatto del tutto naturale, la realizzazione di un atto
di fede.
Per una tipologia di non
credente (positivo) basta un comportamento corretto e onesto con le persone per
la miglior convivenza possibile su questa terra; per un’altra (negativo) è lo sfruttare
tutte le occasioni piacevoli che si presentano perché con la morte si
esauriscono tutte le possibilità.
In ogni caso per
essere sempre pronti “con la valigia in mano” dovremmo essere Santi. E non è
un’ affermazione di scoraggiamento o di impotenza bensì la presa di coscienza
di essere imperfetti e di aver bisogno, i credenti, della misericordia di Dio
per poter guadagnare la vita eterna, un equilibrio psico-fisico basato su ciò
che è bene e ciò che è male, per i non credenti.
I non credenti (positivi)
potrebbero dire: io sono onesto e vivo d’amore e d’accordo con tutti e faccio
una vita serena fino alla fine dei miei giorni: il dopo non mi riguarda.
Sappiamo però che nessuno è capace di non compromettere mai alcuna relazione
per tutta la vita; e poi, quando è il momento, davanti al nulla, è così
tranquillo il passaggio?
Lo strappo del
distacco da questo mondo genera un sentimento di paura dell’ignoto, un
sentimento umano che attesta la nostra fragilità: per mancanza di fede o perché
la presunta razionalità non è in grado di spiegare questo mistero.
Solo una grande fede
può alleviare il passaggio alla vita eterna. “Io invidio voi che credete nell’aldilà
perché avete una speranza che io non ho” ebbe a dirmi un’amica un po’ di tempo
fa. Questa è ciò che differenzia i credenti dai non credenti: la speranza che,
sostenuta dalla fede, ci concede di prepararci, con trepidazione si, ma con la
sicurezza sul nostro futuro. Tutto questo sarebbe automatico se fossimo davvero
seguaci di Cristo; ma siccome siamo lontani dall'essere “trafitti” dalla sua passione,
abbiamo paura della morte e continueremo ad averne fino a quando avremo
accettato di averla a fianco sul cammino della nostra vita.
Infatti “prima di
essere credenti dobbiamo essere credibili” ci diceva P. Abramo agli esercizi
spirituali, e per essere credibili bisogna essere esemplari col proprio comportamento
quotidiano.
Se la morte ci
accompagnasse come un Angelo custode potremmo anche scherzarci insieme e, come
nella barzelletta, dirle: “Diga al Signur che ta met mia troat”. Potremmo
scoprire che a non demonizzarla riusciamo a campare di più.
lunedì 20 novembre 2017
L'ITALIA UNA FAMIGLIA
Vorrei che l’Italia fosse come una famiglia.
Flessibile nel chiedere soldi in base alle necessità, e in base al
reddito “famigliare”.
Più determinata a difendere il cittadino disponendo di adeguate
risorse, umane e tecniche.
Più determinata ad individuare coloro che le tasse non le vogliono
pagare.
Più determinata a difendere la famiglia.
Più determinata e più celere nell’affermare la giustizia.
Più determinata ad espellere dal proprio territorio tutti gli
stranieri che costituiscono un pericolo per la collettività o che palesemente
non ne accettano le regole.
Più determinata a procedere sulla via della ricerca, consapevoli che è
la sola nostra arma vincente per la nascita di nuove imprese.
Più determinata nel conservare e mettere a disposizione il grande
patrimonio museale e turistico che possediamo favorendo la nascita di
infrastrutture a sostegno che favoriscano l’afflusso turistico.
Più determinata a difendere gli anziani con servizi adeguati all’allungamento
della vita, specialmente da parte del SSN.
Più determinata a difendere le pensioni di chi ha lavorato rispetto a
quelle di chi non lo ha fatto o non ha versato contributi, naturalmente
salvaguardando la dignità di ognuno.
Favorire il lavoro dei giovani incentivando le imprese all’assunzione
degli studenti meritevoli nelle scuole.
Con queste caratteristiche penso che peserebbe meno pagare le imposte.
giovedì 9 novembre 2017
4 NOVEMBRE PER CHI?
Ogni anno lo stesso copione!
Su tutte le piazze d’Italia si commemorano i caduti di tutte le guerre (è già
un miracolo di questi tempi), ma quale strazio nelle solite parole d’occasione pronunciate davanti ad una platea striminzita e fredda.
A Caino sono bastate due gocce di pioggia per ridurre i partecipanti a
un numero insufficiente a fare degna corona. Per fortuna, come
testimonianza militare c’era un nutrito gruppo di alpini e qualche fante. Che
tristezza! Come siamo lontani dal condividere il sacrificio dei morti che ogni
anno leggiamo sul monumento. Come siamo lontani dal sacrificio delle mamme e
nonne che salivano in ginocchio al santuario della “Madonna delle Fontane” per
implorare l’incolumità dei loro congiunti. Come siamo lontani in coerenza nel
parlare di pace dimenticando quello che costa in vite umane e distruzione la
guerra, assentandoci nel momento del ricordo. Come siamo lontani (e incoerenti
ancora una volta) allontanando i bambini delle scuole, salvo pochissime
eccezioni, dal monumento dei caduti; facciamo visitare le fattorie, amare gli
uccellini e i cani ma al monumento dei caduti non facciamo portare un fiore
durante l’anno scolastico. Come siamo lontani perfino dai nostri avi se
dimentichiamo che, se anche non compaiono nella lista dei caduti (grazie al
Cielo), hanno combattuto per difendere la nostra Patria. Come siamo lontani dall’avere
piena consapevolezza di avere una Patria comune da difendere dalle ostilità che
provengono da ogni parte, pur rimanendo aperti alla collaborazione con il mondo
intero per il bene dell’umanità.
Solo l’esempio e la convinzione nel ritenere che celebrare i caduti
non significa solo ricordare dei morti, ma ritrovarsi per mantenere viva la
fiaccola per una Patria libera, giusta e solidale (ancora lungi dal
realizzarsi), può contagiare questa società portandola all’autocelebrazione,
cioè una festa propria, una festa per ognuno di noi. A Caino con un po’ di
buona volontà si può.
martedì 7 novembre 2017
PROGETTO BŐTA VIÀ NIÈNT
In occasione della “Sagra del marrone” svoltasi a Caino il 15 0ttobre
scorso, ha mosso i primi passi il “Progetto böta vià niènt” del Gruppo
Pensionati Caino esponendo alcuni degli articoli donati dalla popolazione. Si
tratta di pura testimonianza del passato, oggetti riguardanti la vita
domestica, l’artigianato, il tempo libero, ecc.
“La trasformazione di questo progetto in una esposizione vera e
propria”, riferisce la presidente dell’Associazione, “è strettamente collegata
all’interesse della popolazione ad averla, mettendo a disposizione le testimonianze
del passato che possiede in modo che le proprie unite a quelle degli altri possano
rimanere nel tempo a completare ambienti e mestieri”. Se il futuro si può
vedere dal numero crescente delle persone che ci credono donando qualcosa, tra
non molto Caino avrà il suo piccolo Museo.
lunedì 6 novembre 2017
TAPPARE I BUCHI O CAMBIARE COPERTA?
La coperta
corta dell’INPS assomiglia molto al cane che si morde la coda. L’Istituto, tacendo
sulla necessità di separare la “previdenza” dall’ “assistenza”, asseconda gli esecutivi
nell’idea ottusa di mescolare interventi diversi che creano confusione e non
permettono una corretta informazione sulla reale situazione dei conti e della
sostenibilità della spesa pensionistica.
La differenza tra assistenza e previdenza nasce
dall’articolo 38 della nostra Costituzione che identifica la prima nel capitolo
1 e la seconda nel capitolo 2.
L’assistenza ha come
obiettivo quello di tutelare i soggetti in condizioni di bisogno ed è attuata
direttamente dallo Stato, Regioni ed Enti Locali con risorse derivanti da
imposte. Può esplicarsi in forme diverse: economiche o prestazioni sociali.
La previdenza si basa, invece, su
prestazioni derivanti esclusivamente dai contributi versati durante l’attività
lavorativa (da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro). Si tratta, in
sostanza, di un salario “differito”.
Tutti devono
poter vedere quanto sia falsa l’dea che il sistema di previdenza (cioè la
raccolta dei contributi dei lavoratori impiegati per il pagamento delle
pensioni regolari) sia in deficit, e quanto pesa invece l’assistenza per tutti
gli altri interventi che sono stati appioppati all’Istituto, come la Cassa
Integrazione, le integrazioni pensionistiche, l’invalidità civile, le indennità
di accompagnamento e tante altre voci. Vogliamo affidare tutto all’Inps?
Facciamolo pure, mantenendo però separate le gestioni in modo che ognuna sia sempre
trasparente e quando si parla di pensioni si sappia sempre se sono sostenibili
o per quanto non lo sono, lasciando alla fiscalità generale quello che non
attiene al sistema.
Se tutta la propaganda a scapito
dei pensionati fosse fatta a favore della trasparenza, nei fatti e non nelle
parole, troveremmo molte più persone di buon senso a fare proposte affinchè i
conti possano tornare e i problemi risolti.
In questo momento c’è sul tavolo
dell’esecutivo la richiesta di bloccare l’automatismo che porta ad andare in
pensione più tardi quando l’aspettativa di vita aumenta. Il presidente Inps se
l’è cavata con un “…guardiamo il bicchiere mezzo pieno: campiamo di più”; se
avesse fatto il camionista o l’addetto alle colate o il muratore quella battuta
se la sarebbe risparmiata. I numeri non hanno sentimenti, sono freddi nella
loro espressione e se si guardano senza tener conto da dove provengono e cosa
devono generare tolgono qualsiasi contatto con la realtà e ai bisogni dei quali
la società è permeata.
La spasmodica ricerca di voti,
come sterco del diavolo, impedisce un civile confronto sulla “coperta
disponibile” per cercare una soluzione che rispetti giustizia e solidarietà. La
nostra è una società perversa nella quale non si può togliere a chi ha di più
per dare a chi ha di meno senza sollevare ricorsi alla Corte di Strasburgo. Non
si possono limitare i privilegi, che sono ancora tanti, senza che si alzi il
grido “non si toccano i diritti acquisiti” ma ancora nessuno è riuscito a
spiegare la differenza tra il grido dei ricchi e quello dei poveri elevatosi
dopo la spietata Legge Fornero.
Buonismo, clientelismo,
opportunismo, servilismo, disfattismo, insieme alla miopia dovuta alla gestione
del potere, continuano ad impedire la risurrezione di una nazione come l’Italia
che potrebbe benissimo vivere nel benessere assicurando giustizia e
solidarietà. Si dà spesso la colpa alla burocrazia senza tener conto dell’opposizione
che le forze politiche hanno frapposto ad ogni tentativo di semplificarla
veramente.
A nessun giornale o testata
televisiva, men che meno ai politici, interessa studiare la solidarietà offerta
dagli italiani al terzo settore, solidarietà economica e prestazioni di
volontariato; se lo facessero scoprirebbero quanto è viva l’aspirazione a una
vita sociale moderna e rispettosa della dignità di ognuno. Ma questo traguardo
di maturità pretende che le Istituzioni per prime diano l’esempio e abbandonino
la sterile polemica politica per risolvere uno ad uno i problemi che sono sul
tavolo: quello della previdenza è uno dei più importanti.
La richiesta di bloccare
l’automatismo di uscita dal lavoro è fattibile? A mio parere in questa prima
fase non è possibile se non per pochissime categorie usuranti, e anche in questo
modo non è facile trovarne la copertura, ma ci si può arrivare. Come?
Innanzitutto mettendo mano alla riforma della Giustizia per avere tempi certi
(e corti) per ogni grado di giudizio. In secondo luogo le leggi dovrebbero poter
essere applicate dai giudici immediatamente e non interpretate a seconda di una
propria dottrina. Ogni rappresentante dei cittadini, eletto ad ogni livello, dovrebbe
essere sospeso senza compenso subito dopo la condanna di primo grado; qualora
fosse dimostrata la sua innocenza nei gradi successivi, dovrebbe aver diritto
agli arretrati e all’integrazione nel suo ruolo per tutto il periodo di
legislatura che gli è stato sottratto sottoponendosi alla procedura
giudiziaria. Fatta una giustizia così non dovrebbe essere difficile passare a
ulteriori passaggi legati a minori spese e a maggiori incassi. Le minori spese
potrebbero essere, per esempio, l’abolizione dei bonus a pioggia, la riduzione
delle detrazioni fiscali per interventi non strategici, la riduzione degli
interventi militari all’estero e la dismissione di tutte le strutture militari
non più necessarie a mantenere il grado necessario di difesa nazionale. Le
maggiori entrate potranno essere assicurate da un maggiore controllo
investigativo sui patrimoni per reprimere l’evasione, ancora molto elevata;
un’altra fonte potrebbe derivare da un’imposta di solidarietà sui patrimoni più
alti su base famigliare (come l’ISEE) e l’aumento del costo orario per i lavori
prestati per breve periodo. Sicuramente le risorse non basteranno ancora, ma
dopo queste iniziative la concertazione con le parti sociali saprebbe
recuperare la differenza.
Mafia in genere e corruzione se
debellate risanerebbero in breve l’Italia dal debito pregresso e la lancerebbe
nell’Olimpo dei virtuosi. Ciò significa che maggiori controlli assicurano
maggiori entrate a prescindere, oltre che a creare maggiore sicurezza. Maggiore
sicurezza accompagnata da una snella burocrazia attirerebbe interesse internazionale
e quindi ulteriori risorse. Invece che
migliorare la macchina dello Stato si continua a perseguire la riduzione delle
spese nei servizi essenziali aggravandone il costo per il cittadino che si
impoverisce, poi diamo il bonus per compensare quello che abbiamo tolto.
Riepilogando: se non si fanno
controlli per recuperare imposte evase, non si ha coraggio di imporre
solidarietà ai ricconi, si sperperano risorse pubbliche, non si ha una
giustizia giusta e non si hanno politici esemplari è meglio fare fagotto e
lasciare che altri si cimentino a guidare l’economia nazionale, perché
matureremo la pensione dopo morti e vana sarà la speranza di trasformare il nostro
paese in una macchina moderna studiata (ricerca), collaudata (aiutata) e
produttiva (perfetto equilibrio tra ottimi servizi erogati e costi sostenuti).
venerdì 20 ottobre 2017
IL MARRONE E LA FESTA CHE UNISCE
Quasi una settimana
dopo l’evento, non è troppo tardi per valutare quello che è passato tra noi
cainesi (e tutti i visitatori) con la manifestazione della “Sagra del marrone”.
Per qualcuno sarà
stata pure una mera festa paesana, ma con un po’ di attenzione si è potuto
osservare uno spiegamento di associazioni che sono in costante attività nel
paese e la scoperta, per tanti, dei talenti artistici presenti. Uscendo
dall’ufficialità dell’evento celebrato all’interno e all’esterno della palestra
del Centro Sportivo, è balzato subito evidente l’impegno volontario di ogni
singola associazione nel dare il proprio contributo secondo le proprie
specificità. Innanzitutto gli alpini, presenti spesso col loro impegno
personale nelle varie manifestazioni e altrettanto spesso discrezionalmente
“mimetizzati” tra la gente o dietro le quinte; la Polisportiva, sapientemente
guidata, che ha conservato negli anni l’energia per poter continuare ad offrire
ai giovani un servizio, tanto importante per lo sviluppo della personalità,
come lo sport; il Vac-Protezione Civile
sempre pronto ad intervenire sui nostri monti ancor prima che noi sentiamo il
fumo e subito in movimento quando le piogge si fanno pericolose; splendidi i
pannelli esposti da Riccardo Ciulli, Elisa Tosetti, Stefania Seggioli,
Alessandra Ferrami, Luca Minelli e Nicola Gatelli che verranno esposti sulla
provinciale di fronte alle antiche mura della “Rocca del Gallo” che
testimoniano, col tempo dedicato alla loro realizzazione, l’attaccamento degli
artisti al loro paese; Rio de Oro, opera caritatevole per l’accoglienza dei
bambini del Saharawi, vede tradizionalmente, ormai da tempo, l’impegno di mamme
e giovani che ogni anno dedicano un po’ del loro tempo per questi bambini
sfortunati; gli amici del Presepio capitanati da Bruno Mora che, essendo anche
motore degli alpini, è come il prezzemolo, lo trovi impegnato un po’ ovunque,
in questo caso riesce a dirigere un gruppo pluripremiato che ogni anno
arricchisce la già splendida rappresentazione, quest’anno con la Madonna e S.
Giuseppe adoranti; il Gruppo Teatro con le foto esposte ricorda la passione
della recita e la condivisione di un’opera con il pubblico; il Gruppo
Fotografico ha saputo trasformare anch’esso la passione con la condivisione
delle immagini più belle, certamente una ricchezza e un ricordo per tutta la
comunità; il Gruppo Gas è una realtà ormai consolidata che si è presentata
simbolicamente ma è da considerarsi una vera risorsa economica per tutte le
famiglie che vi aderiscono; l’Avis sezionale ha donato agli avisini di Caino la
scultura dell’artista Bertoli come riconoscimento alla storia del Gruppo locale
e, soprattutto, per il gran numero di donazioni che offre; i Gnari della Valle
di Bertone sono impegnati nel presidiare la valle e nel renderla godibile anche
culturalmente oltre alle bellezze naturali; il Gruppo Pensionati col suo
progetto “Böta vià niènt” si è presentato con una graziosa vetrinetta di
oggetti antichi e attrezzi da fabbro e muratore, vuole raccomandare ai
compaesani di non buttare via niente di quello che può rappresentare un ricordo
dei tempi passati; per la gioia dei bambini il Peo ha portato pecore e capre,
per i grandi ha portato invece la sorprendente moglie Meris, ricca di ingegno, che
ci ha fatto conoscere le sue opere e da esperta cesellatrice del legno qual’è si
è esibita in uno sgrossamento di un tronco con la motosega.
Intorno a queste
associazioni vendita di prodotti tipici come il marrone, il miele, il
cinghiale, il salame, il formaggio e articoli artigianali vari di hobbistica.
Purtroppo non tutte le
associazioni hanno avuto lo spazio che meritavano, “la diretta va di fretta”,
ma certo è che tutti quelli che hanno visitato gli stand hanno apprezzato la
disponibilità e lo sforzo profuso ed ora le conoscono un po’ meglio.
Sotto il tendone sono
state servite 240 porzioni di spiedo dai volontari sotto la supervisione di Gianni
Crippa, responsabile della “sagra” per Caino, mentre sul palco si esibivano i
“Selvaggi Band”.
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