mercoledì 19 febbraio 2014

1956: CAINO RITORNA AD ESSERE COMUNE


La casa Loda fu la nuova sede municipale, sindaco Bertacchini Abramo.
Tra le prime attività svolte a livello comunale subito apprezzate dalla popolazione risulta essere la registrazione anagrafica che non obbligava più i cainesi a recarsi a Nave.
Il primo cittadino iscritto all’anagrafe del ricostituito Comune di Caino il 28 marzo 1956 dal primo ufficiale di Stato Civile (Emer Attilio) è stato Mora Amerio.
L’ultimo ad essere stato registrato a Caino prima della soppressione del nostro comune è stato Longhi Giuseppa Angela, il 29 gennaio 1928.

sabato 8 febbraio 2014

LA CASA PADRONALE DEI "PICI - TOLZANE"


Con il sopraggiungere del benessere molte abitazioni padronali storiche rivelarono i propri limiti costringendo i possessori ad intervenire pesantemente o addirittura procedere al loro abbattimento. Fatte salve queste necessità, non si può non riconoscere a quelle case la bellezza della loro architettura e la logicità di spazi e ambienti. Rasile era un’unica casa in dolce pendio immersa nel verde dei vigneti che da Tolzana scendevano fino alla “Strada reale” da Novale fino allo sbocco della carrareccia che conduceva al suo ingresso. All’esterno del blocco c’era l’abitazione di Luigi Bertacchini (Bigiòto) con sua moglie Caterina Sambrici (Tìeni), a fianco, stalla e fienile del fratello Francesco. Oltre a un piccolo deposito al lato opposto della stalla che stringeva la “stradella”, non c’era niente. Nessuno avrebbe mai pensato che in quella zona piuttosto paludosa sarebbero sorte così tante case, ed altre ancora sarebbero giunte a completamento in questi giorni.
Alla casa di Degiacomi Angelo (detto Picio) si accedeva da un grande portone carraio che dava su un ampio cortile dove si affacciava la costruzione composta da un lungo porticato sul quale poggiava la loggia (lòza) alla quale si saliva mediante una scala sul lato sinistro. Dal portico si andava in cantina e in un grande vano usato come deposito, il “reolt”, perché tutto il soffitto era a volte. Per la scala si raggiungeva, a metà, un piccolo pianerottolo, con una grande porta che la sera veniva sbarrata; salendo ancora si raggiungeva la lòza, con le sue tre doppie finestre e le ante, dalla quale si accedeva con quattro porte al corpo dell’edificio. Da li si saliva al solaio, che profumava sempre di uva americana, dove si aprivano una serie di stanze adibite a diversi usi; in una c’erano le “arèle” dove veniva stesa l’uva per essere conservata, americana e invernesca (“’mbrunesca”), così come pere e mele; in un’ altra c’erano cassapanche e attrezzi per filare; in un’altra ancora c’erano depositati passeggini, seggioloni (di allora) e altri attrezzi utili alla crescita dei bambini come l’ ”andarì”.
Il cortile era chiuso ai lati da due ali: a sinistra, confinanti coi Bertacchini, c’erano dei vani adibiti a pollaio che arrivavano alla scala senza ostruirne la vista; a destra la filanda, con carro e barroccio depositati, che dall’orto si prolungava con un porticato (di transito verso i campi) fino al portone della stalla.
Di fronte alla casa, a completarne il perimetro, c’era un lungo muretto, con apertura al centro per l’orto, che dal portone d’ingresso si chiudeva alla filanda con un servizio igienico.
Ora l’antica dimora non c’è più, è stata abbattuta per far posto a una grande cartiera che, in nome del progresso, ci ha tolto per sempre un paesaggio che non ritornerà mai più.
Angelo


Commento al “Casa dei pici”
Si dice che l’anima di ognuno di noi si trovi maggiormente a proprio agio se vicino al luogo in cui a preso il via l’avventura della vita ed è proprio li, in quell’ultima stanza della filanda, “che nacque una stella caduta per il troppo peso” che sarei io. Io purtroppo non ho alcun ricordo di questa bellissima casa se non in quella bellissima fotografia pubblicata nel blog e che tengo appesa nella mia casa e nel mio cuore. La grande fortuna che ho avuto è stata quella di avere due stupendi genitori che mi hanno saputo trasmettere il vero significato di quella altrettanto stupenda casa patriarcale in stile veneziano: “la famiglia”. L’importanza di quella casa era il fatto di essere una casa “patriarcale” in cui il nucleo familiare era composto da più nuclei che condividevano ogni aspetto della vita comunitaria. Purtroppo in nome del progresso tante case patriarcali sono state abbattute, in questo caso per far spazio ad una cartiera, ma in tante realtà perché ad una situazione di vita comunitaria si preferisce una situazione di vita privata, singola ed autonoma, ma come è successo per la cartiera e come sta succedendo in questo tempo di crisi, il progresso ha fallito e è molto probabile venga il giorno in cui si debba ricostruire o ricostituire le case e/o famiglie patriarcali in cui si impara a limitare la propria libertà e a condividere. Che sia forse lo schema migliore per imparare l’Amore?
Francesco
Integrazione
Tra il "reolt" e la porta della cucina degli zii Cilì e Marì, esisteva un dipinto religioso che rappresentava la Natività.
Sul solaio, la stanza contenente gli attrezzi per filare era tutta piegata verso il basso perchè i nonni, durante la guerra, vi avevano nascosto un gran numero di partigiani e soldati scappati dopo l'8 settembre, e il pavimento si era imbarcato per il troppo peso.
Arrigo 

sabato 18 gennaio 2014

LA CROCE DI S. ROCCO NON INTERESSA A NESSUNO?


Ho sempre pensato che la croce posta su un monte o su una cima rappresentasse un segno ”speciale” a cui guardare, visibile da molti punti di una località specifica, protezione e speranza per tutti i suoi abitanti. I nostri antenati ci tenevano fortemente, sostenuti dai loro sacerdoti e assicuravano che non ci fossero ostacoli alla sua visibilità. All’inizio del 2002, la vecchia croce di S. Rocco venne sostituita da una nuova per volere dell’allora parroco don Leonardo, a testimoniare che c’era una ragione valida perché continuasse a stare là. Ma chi la vede? Rimane nascosta dalle cime degli alberi che nel tempo sono cresciuti e che ne impediscono la vista da ogni parte. Non credo che i proprietari del monte sarebbero sordi alla richiesta di poter intervenire (con i dovuti modi) per rendere nuovamente visibile la croce di S. Rocco. Sono altrettanto sicuro che ci sarebbe una grande schiera di volontari disposti a lavorare per questo. Se invece solo pochi di noi, camminando per le vie del centro, ambisse a vedere come un tempo la croce di S. Rocco, vorrebbe dire che molti hanno rinunciato a quel “segno speciale” ritenendolo inutile e incompatibile col paesaggio ... 
Angelo

Commento alla “Croce di San Rocco”
Quando nel 2002, su gentile richiesta di Don Leonardo, insieme ai papà dei comunicandi di allora procedemmo alla sostituzione della vecchia croce, ora deposta all'inizio del sentiero che porta in loco, scoprimmo che trattasi di un "punto trigonometrico" importantissimo da cui si identificano moltissime proprietà e che pertanto bisognava assolutamente collocare millimetricamente allo stesso punto la nuova croce. Non nascondo che, nel frattempo rimasti solo in due, fummo colti da molta preoccupazione, ma tutto andò per il meglio e la croce fu ristabilita allo precisamente allo stesso punto con numerose migliorie. In tutto questo però ci sta una morale, la croce, simbolo cristiano dell'Amore di Dio, pur se a volte dimenticata dalla fede affievolita del Suo Popolo continua ad essere punto "Trinitario" fondamentale per ognuno di noi. Condivido quindi la si possa rendere visibile a tutti quale simbolo protettivo al nostro popolo in Caino.
 Francesco