lunedì 9 gennaio 2023

CRISTIANI D’EUROPA - Ciò che è rimasto

 

Che cosa è rimasto delle preghiere per la “Chiesa del silenzio” raccomandate in tutte le Diocesi negli anni ’50?

Sembra una domanda banale, ma in realtà segnala il progressivo allontanamento dei cristiani dalla solidarietà … almeno quella morale.

I cristiani sono perseguitati ovunque fuori dall’Europa, eppure sono in pochi a rispondere alle loro invocazioni. Esiste solo quello che gira intorno a noi, che condiziona la nostra vita quotidiana; bendiamo gli occhi per non sapere la storia del prodotto che ci viene offerto sugli scaffali del supermercato a un prezzo allettante.


“È la globalizzazione”, siamo portati a dire: ma perché non viene invocata la “globalizzazione dei diritti”?

È più comodo difendersi dietro allo Stato laico; in questo modo, anche dove i diritti più elementari non vengono rispettati, si può commerciare qualsiasi cosa, anche gli esseri umani che ci stanno dietro, o quelli che fuggono in cerca di una vita più decente per sé e per le loro famiglie. Non ci tocca più di tanto neppure il caso che qualche italiano incappi nelle mani della “ingiustizia” di qualche nazione amica (vedi Regeni per il quale non vengono più appesi i consueti striscioni gialli che l’Egitto non gradisce).

Siccome però non viviamo di utopie, non possiamo basarci su chi ci governa, loro devono far coincidere l’interesse nazionale con quello internazionale, quasi mai con un rapporto di forza a nostro favore; conteremmo molto di più se, il cosiddetto “popolo”, recuperasse un po’ di memoria e ricordasse quanto siamo stati umiliati grazie a certi “governi”.

I cristiani potrebbero dare molto per la costruzione di una cultura della consapevolezza, della memoria e del diritto nella giustizia. Se non lo fanno, non solo dissacrano la loro esistenza a favore del laicismo, che già ha avviluppato la maggioranza degli abitanti del vecchio continente, ma concorrono nell’erosione dei principi sacrosanti validi per tutto il mondo con conseguenze distruttive, specialmente per le giovani generazioni (già ne stiamo vedendo alcune manifestazioni nelle tante guerre, nelle disuguaglianze sociali, nelle tragedie dovute ai cambiamenti climatici).

Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla. (Ezra Pound)

domenica 8 gennaio 2023

LA NOSTRA SANITA'

 



Il servizio sanitario italiano fornisce ai cittadini una copertura universale, in gran parte gratuita, oltre a una serie di servizi per persone affette a malattie croniche, completamente coperti.

Il cittadino italiano contribuisce al costo delle prestazioni sanitarie pagando il ticket, introdotto nel 1982. Questa è la teoria. La realtà, nel nostro Paese, sta assumendo forme che guardano agli Stati Uniti, pur nella sostanziale differenza tra i due servizi sanitari.

In pratica, anche in Italia, la spesa sanitaria, quella che il cittadino deve pagare di tasca propria, è in costante ascesa. Dall’ultima rilevazione della Ragioneria generale dello Stato, risulta che gli italiani per curarsi, oltre al ticket, pagano direttamente oltre 37 miliardi di euro, con la Lombardia al primo posto. Elementi che confermano sempre più i timori e le preoccupazioni del cittadino per il suo futuro “sanitario” così come si prospetta all’orizzonte.

Rimane forte l’amarezza nel ritenere che la spesa di tasca propria sia la più grande forma di diseguaglianza nella sanità, poiché mette i cittadini nella condizione di accedere alle cure solo in ragione della propria capacità reddituale, facendo venir meno i principi alla base del Servizio Sanitario Nazionale. Quel Servizio nato nel 1978 e di cui amiamo farci vanto con il resto del mondo.

I principi vengono meno quando sei sostanzialmente costretto a pagare una visita o un esame diagnostico di tasca tua perché le prima data disponibile con il Servizio nazionale è al di là di ogni possibilità di attesa.

Vengono meno quando la spesa sanitaria riconosciuta agli anziani ospiti nelle RSA non è sufficiente a garantire prestazioni adeguate alla loro fragilità.

Vengono meno quando nelle stesse RSA convenzionate i posti letto non sono sufficienti a dare risposta in tempi ragionevoli e le famiglie, che non sono più in grado di affrontare il peso di un’assistenza che deve essere qualificata e devono ricorrere a strutture non convenzionate con costi proibitivi. E chi non ha un reddito adeguato deve arrangiarsi.

Chi mai dovrebbe portarci come esempio?

Tratto da un articolo di

Anna Della Moretta

sabato 26 novembre 2022

PACE, PACE, PACE!

 

Pace, pace, pace gridano le folle dalle piazze, i politici dai loro scranni, quei pacifisti che pensano che la pace la debbano fare sempre gli altri, scrittori, filosofi ed intellettuali che sulla pace hanno scritto di tutto. Molti si rifiutano di pensare con la propria testa perché hanno paura di non essere all’altezza di qualche eminente personaggio che va sbandierando la propria infallibilità.

 Ma la domanda è: che pace vogliamo?

Vogliamo una pace duratura che proviene da una mediazione internazionale che tiene conto delle ragioni e non della forza bruta o una pace basata sulla resa incondizionata a una prepotenza cosciente di essere più forte militarmente? E quando una parte non vuole sedersi a discutere di una pace che non sia quella che gli fa comodo, cosa fare? La stragrande maggioranza delle Nazioni assiste impotente alla morte di migliaia di persone e alla distruzione di gran parte di una nazione sovrana senza poter intervenire per non provocare una catastrofe umanitaria.

La minaccia e il ricatto di chi possiede armi nucleari sono da considerarsi elemento determinante per sopportare i soprusi degli Stati che la detengono?

Si alle armi all’Ucraina, no alle armi all’Ucraina è un continuo distinguersi tra personaggi che vivono nel burro della loro vita quotidiana e vogliono esprimere solo a parole il loro sostegno. Chi trovandosi una persona caduta si limita a dire: “Mi dispiace” e non l’aiuta invece a rialzarsi? Non ci siamo mai interessati delle armi fornite alla resistenza in vari Stati lontani del pianeta; ci siamo perfino dimenticati degli aiuti militari che abbiamo ricevuto noi italiani quando ci siamo trovati davanti a una prepotenza bellica brutale. Che ne sarebbe stato dell’Europa se l’America non fosse intervenuta a difenderci?

Nello stesso modo dobbiamo chiederci: che ne sarebbe dell’Europa se lasciassimo che le brutali forze militari russe conquistassero l’Ucraina?

Pace, pace, pace, ma chi vuole veramente la pace? L’Ucraina! Lei sola vuole la pace, gli altri la vorrebbero, ma per motivi diversi. Ci sono al mondo solo tre attori in grado di fermare Putin, se si coalizzassero: la Cina, l’India e gli Stati Uniti. L’Europa, con poca convinzione e tante divisioni, aiuta l’Ucraina con le armi e la solidarietà, ed è già molto, ma non ha voce in capitolo. Le difficoltà vere ad ottenere la pace vengono dagli attori principali che non vogliono rinunciare ad esercitare la loro influenza nel mondo (Cina e America) e chi ha tutto da perdere scaricando la Russia (India). Ma questi “grandi” stanno giocando col fuoco. Come possiamo escludere che un banale incidente sviluppi un fuoco nucleare mondiale? Il buon senso ha impedito che il missile (ucraino?) caduto in Polonia diventasse una miccia, ma ha anche dimostrato come sia possibile che l’incidente avvenga. Se Cina, Stati Uniti e India si accordassero su alcuni punti chiave della convivenza mondiale ed isolassero la Russia per quello che sta facendo in Ucraina, il cessate il fuoco sarebbe raggiunto in poco tempo. Altri intermediari capaci di influenzare un despota non ce ne sono. In assenza di validi mediatori la guerra continua, uccidendo e devastando qualsiasi cosa che possa fiaccare la resistenza ucraina. Insieme alle vittime di guerra, l’inverno porterà con sé la morte di molti anziani impossibilitati a difendersi dal freddo a causa della distruzione delle centrali elettriche, senza che noi possiamo fare nulla per impedirlo. Sento dire che inviando le armi peggioriamo la situazione. Siamo ciechi? Senza le armi dell’Occidente la nazione Ucraina non esisterebbe più! Le fosse comuni non sarebbero state scavate solo a Bucha e Cherson ma in tutto il territorio ucraino. Questo sì che porterebbe alla fine della guerra e alla pace voluta da Putin. Allora sarebbe più onesto e coerente ammettere che degli ucraini non ci importa nulla, né dei vivi né dei morti.

Tra i tanti insegnamenti che questo conflitto assurdo ci ha impartito, ce ne sono alcuni che la nostra Europa dovrebbe aver ben imparato e dovrebbe mettere in pratica prima che sia troppo tardi:

1)  Realizzare gli Stati Uniti d’Europa dove le decisioni in materia di Difesa e di politica estera siano prese a maggioranza vincolando tutti gli Stati membri;

2)  2)   La solidarietà come base della convivenza europea facilitando lo sviluppo dei paesi membri e la soluzione di problematiche inerenti alla posizione geografica;

3)  3) Favorire il raggiungimento dell’autonomia energetica all’interno dell’Unione come patrimonio comune da distribuire al giusto prezzo.

Il non aver raggiunto la stessa unità d’intenti nella gestione comune delle problematiche del continente, rende di fatto ininfluente il peso politico dell’Europa nella guerra Russia-Ucraina, e questo nonostante le sanzioni verso l’aggressore siano state accettate (o sopportate) da tutti gli Stati membri. Quanto contiamo nello scacchiere lo dimostra la risposta che gli hacker russi hanno dato alla risoluzione europea di considerare la Russia nazione che usa metodi terroristici: hanno mandato in tilt i server di tutti gli apparati del Palazzo. Quasi a dire:” Attenti a quello che fate o dite”.

Come uscirne?

La situazione è talmente complessa da vedere ben pochi spiragli per un cessate il fuoco. Come si diceva le due nazioni che potrebbero fare la differenza tengono le loro carte coperte e non prendono posizione lasciando solo gli Stati Uniti a fare la voce grossa; in questo modo Putin rimane attivo nelle relazioni internazionali e le sue “casse” resistono agli attacchi degli oppositori.

Singoli stati europei sono usati a piacimento dalla Russia come tentativo di seminare discordia nell’Unione che già naviga per suo conto in acque non molto tranquille.

Mi chiedo, se la maggior parte delle nazioni UE non fosse nella NATO, avrebbe ugualmente sostenuto la resistenza ucraina? Eppure, sono i confini europei ad essere minacciati.

Quando sparliamo della NATO dovremmo pensare anche a questi passaggi, perché visti i tanti sfilacciamenti europei, senza almeno l’unione di facciata, saremmo delle bandierine al vento, strappate al primo temporale.

Il “Generale inverno” sarà il primo ostacolo importante. La disperazione della popolazione ucraina potrebbe portare ad azioni che Putin potrebbe considerare insopportabili tali scatenare tutta la potenza rimasta (se ancora ne ha) e devastare quella terra fino alla resa. Da parte sua, la Russia, potrebbe parzialmente sabotare la Centrale Nucleare di Saporiska dando la colpa all’Ucraina e avviare l’uso di armi sporche fino alla destabilizzazione politica e alla resa. Dio illumini la mente di chi governa questo conflitto.

Gli inguaribili ottimisti potrebbero dire: “E’ ormai questione di ore. Poi si siederanno ad un tavolo e si accorderanno sulla definizione dei confini”. Almeno fosse così! Ma chi li farebbe sedere al tavolo?

E noi che ruolo giochiamo in questa guerra?

Intanto quello di manifestare apertamente che l’oligarchia russa ha commesso una gravissima violazione alla integrità nazionale dell’Ucraina. Chi dice il contrario non esprime il suo pensiero, si mette dalla parte del despota perché vorrebbe un regime simile.

Possiamo continuare ad essere solidali coi profughi facilitando la loro vita lontano dai propri cari e dalla propria patria.

Possiamo riconoscerci più umani e compiere gesti di pace tra noi che non siamo in quella situazione.

Potremmo fare pressione perché si arrivi presto a una Europa forte.

Potremmo pregare molto perché Dio faccia quello che gli uomini non sanno fare.

mercoledì 16 novembre 2022

GESÚ VOLEVA DIRE QUELLO CHE HA DETTO?

         “Uscito sulla strada, un tale gli si avvicinò e gli disse: - Maestro, che cosa devo

 fare di buono per avere la vita eterna? – Gli disse Gesù: - Perché mi interroghi

su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i

comandamenti – Gli chiese: - Quali? – Gesù rispose: non uccidere, non com-

mettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua

 madre e amerai il prossimo tuo come te stesso – Il giovane gli disse: - Maestro,

tutte queste cose le ho osservate; cosa mi manca? – Gli disse Gesù: - Se vuoi

 essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro

nel cielo; poi vieni e seguimi! – Udite queste parole, il giovane se ne andò triste;

possedeva infatti molte ricchezze.

Gesù allora disse ai suoi discepoli: - In verità io vi dico, difficilmente un ricco

entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per

la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio – A queste parole i disce-

poli rimasero molto stupiti e dicevano: - Allora chi può essere salvato?

– Gesù li guardò e disse: - Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è

 possibile –

Matteo,19-16,26

 

Gesù voleva dire veramente quello che ha detto, o era una provocazione per farci capire quanto dobbiamo sentirci staccati dalla ricchezza?

Nel discorso della montagna vi è, purtroppo per noi uomini, pieni di noi stessi, la conferma che le sue parole non sono semplice provocazione ma consigli esistenziali. Questo discorso, così preciso e particolareggiato, ci pone davanti a una scelta: o il Regno o la distruzione.

 

“… Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un

uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono

i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché

era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in prati-

ca, sarà simile ad un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la

pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa

cadde e la sua rovina fu grande.

Matteo,7-24,27”

 

Molte altre letture del Vangelo conducono alla medesima conferma, all’indicazione precisa di quello che siamo chiamati a fare su questa terra.

E adesso? Cosa facciamo dopo questo insegnamento? Dare tutto ai poveri? Non ci riusciremo mai senza il Suo aiuto.

 

“Ma ogni persona è chiamata a sentirlo e a viverlo nel modo che Dio dispone, unico per ciascuno, secondo le situazioni e secondo la grazia fornita da Dio. E noi dovremmo procedere lentamente, pregando, ragionando e prestando attenzione all’influenza possibile delle nostre scelte sugli altri.

Nel braccio della morte di Dale Recinella”

Abbiamo però alcuni punti di forza da sfruttare: primo, l’abbandonarsi fiduciosi a Dio perché sia Lui a lavorare in noi; secondo, dedicarci alla preghiera, in qualsiasi modo rivolta, purché sia con trasporto e amore; terzo, un po’ di digiuno può purificare spiritualmente e renderci più attenti ai segni che ci manderà; quarto, Spirito Santo vieni in nostro aiuto, sia la giaculatoria più ricorrente.

Quindi, stabilito che Gesù ha voluto dire proprio quello che ha detto, abbandonati a Lui saremo portati a compiere le gesta che di volta in volta ci indicherà. Dobbiamo solo avere fede e prestare ascolto ai segnali che troveremo lungo il nostro cammino.


lunedì 14 novembre 2022

QUANTO VALE DIO PER ME?

 

Continua la riflessione personale sugli aspetti spirituali della vita, senza pretesa di insegnare a nessuno.  Semmai di imparare, se qualcuno volesse contestare qualcuno (o tutti) i concetti esposti. Sarei ben lieto di aggiungerli in calce come contributo alla discussione.

 

IL SACRO

Fino a che punto arriva la nostra percezione del sacro? Qualcuno potrebbe a sua volta chiedersi: “Ma che domanda è? Se una cosa è sacra, è sacra”. In verità non è una domanda così pellegrina. Quando uno di noi viene invitato a casa di qualcuno, la prima cosa che fa è salutare il padrone di casa e ringraziare per l’invito. Siamo sinceri, facciamo lo stesso quando entriamo in una qualsiasi chiesa? Molti non fanno nemmeno la genuflessione. Distrazione, naturalmente e … abitudine, cosa che non succede con gli umani. Il nostro rapporto con la trascendenza è, spesso, vissuto come magia, come un qualcosa che non dipende da noi, che ci sfugge. Ma così il sacro non diventa profano? Se Dio fosse uno spirito irraggiungibile vani sarebbero tutti i nostri ragionamenti per metterci in comunicazione con Lui. Che ne sarebbe di noi? Chi andrebbe in Paradiso e chi all’inferno? Ma noi abbiamo ricevuto il Suo insegnamento attraverso Gesù e sappiamo che ha annunciato un Regno di gloria per tutti quelli che vogliono stare con Lui osservando i Suoi Comandamenti.

Ecco perché il primo passo è quello di onorare il Tabernacolo e Quello che contiene. E poi rispettare le immagini sacre e i Ministri che costituiscono l’anello tra Cielo e Terra.

 

LA PAROLA

Il Vangelo ci parla di come dobbiamo essere oggi per essere graditi a Dio. Ma non basta “imparare”, bisogna interpretarne l’insegnamento con le azioni di tutti i giorni, o almeno sapere dove abbiamo mancato, in modo che la nostra coscienza sia sempre allenata. Il lubrificante per una buona pratica è la preghiera. Dall’insegnamento di Gesù dobbiamo capire che non stiamo vivendo una semplice parentesi (vita), ma siamo già inseriti nell’eternità sin dal nostro concepimento; infatti, insieme al corpo ci è stata donata un’anima, l’essenza spirituale che durerà per sempre: santo o dannato. Senza la piena convinzione di questo mistero, non riusciremo mai da soli a mantenere la rotta verso il Paradiso; ci affanneremo alla ricerca di soddisfazioni terrene che ci rendano felici, senza trovarle, e perderemo di vista la Comunione dei Santi, la sola che con Gesù al centro è in grado di dare gioia e serenità.

COERENZA

 È una questione di coerenza, o di scelta: volere a tutti i costi la vita eterna in Paradiso o cercare la “bella vita” qui, oggi, senza neanche sapere quanto sarà lunga?

Ma sappiamo che la coerenza costa: ferisce il nostro orgoglio, la nostra superbia, il nostro egoismo e tutti i nostri interessi, però ci dona piacere, soddisfazione e gioia, al contrario dei nostri difetti.

 

CRISTIANI INTERI O UN PO’ …

Sicuramente a tutti sarà capitato di conoscere uomini e donne che hanno dedicato tutta la loro vita a persone in difficoltà, in qualsiasi località del pianeta; i loro occhi brillano per la gioia che hanno nel cuore; alcuni hanno affrontato, e affrontano tuttora, difficoltà e pericoli, ma non abbandonerebbero mai i loro assistiti. Qualcuno potrà dire: “Non occorre essere cristiani per fare queste cose”. Io rispondo: “Impossibile”! Chi si dedica agli altri disinteressatamente e non si butta nella mischia dei piaceri della vita è “cristiano” senza saperlo o è matto da legare. Darsi agli altri senza tornaconto è il più grande ed inascoltato consiglio di Gesù: “… vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”.

Davanti a Dio, chi avrà più merito tra cristiani e non cristiani che hanno rinunciato ai beni terreni per servire i bisognosi e tutti gli altri che, o si son fatti gli affari propri, o hanno allungato una qualche elemosina per tacitare la propria coscienza?

 

AMORE FRATERNO

Di questi tempi è molto difficile lasciarsi trasportare dall’amore fraterno all’interno di una comunità cristiana. L’amore non è un sentimento d’occasione o fatto di parole più o meno gentili. L’amore è un termometro che misura la nostra maturazione cristiana. Tanto più siamo disposti a mettere in pratica il Vangelo, tanto più siamo aperti all’amore delle persone che incontriamo. Il che non significa che tutto sia facile; ognuno di noi è diverso, coi suoi pregi e i suoi difetti. Come si litiga in famiglia si litigherà anche col vicino, l’importante è saper rientrare e riprendere insieme il cammino. Tuttavia, l’educazione e l’esempio, uniti alla cordialità e il sorriso, sono un collante prodigioso. Più saranno le persone che adotteranno questo modo di relazionarsi maggiormente crescerà la comunità cristiana. Inutile sottolineare quanto sia importante l’esempio del sacerdote.

sabato 22 ottobre 2022

LETTERA APERTA AI CRISTIANI

 


Nonostante il tiepidume che avvolge la mia vita cristiana, mi sia consentito di offrire il mio contributo di discussione sulla costituenda Unità Pastorale. 

Innanzitutto, ci tengo a precisare che non è, e non può essere messo in discussione, la centralità del “pastore” che conduce il suo gregge, sia esso sacerdote, vescovo o Pontefice. Questi sono l’unico aiuto che l’uomo ha per migliorare la propria vita cristiana e quindi “salvarsi”. Non è pensabile una buona Unità Pastorale senza una guida sacerdotale. Ciò non esclude che una Unità Pastorale possa svilupparsi autonoma e in modo armonioso e laico, ma personalmente la considero una grande utopia.

Comunque la vogliamo vedere è sotto gli occhi di tutti il risultato della secolarizzazione. L’adeguamento alla cultura moderna ha ridotto la sensibilità verso il Sacro, la persona (se non addirittura gli animali) è diventata il centro della nostra attenzione e di tutta l'esistenza umana. Questo ci ha reso enormemente più fragili. Giusta la fraternità, la solidarietà e la giustizia, ma non basta.

Il benessere (chi non lo riconosce faccia i dovuti paragoni coi tempi delle emigrazioni) ci ha allontanati dalle pratiche essenziali della nostra religione intruppandoci nella cultura del materialismo e dell’indifferenza.

Se così non fosse, davanti alle emergenze che ci stanno davanti, ci saremmo già messi in ginocchio pregando Dio di avere misericordia di questa umanità così poco riconoscente. Mentre i nostri fratelli cristiani, nel mondo soffrono la persecuzione, nelle chiese si ode appena il sussurro di qualche preghiera rituale la domenica. Vorrei proprio sbagliare; magari tante persone stanno pregando con passione elevando novene e suppliche, ma temo che con i conventi, monasteri e seminari vuoti sia venuto a mancare il volano principale che sfornava cuori donati a nostro Signore in riparazione delle nostre debolezze. Più accumuliamo iniziative nelle comunità parrocchiali, meno persone entrano in chiesa. Perché? Io non lo so, quello di cui sono sicuro è che non dipende dalla pandemia, dal caro-bollette, dalla povertà, dal lavoro o altro; se così fosse le chiese dovrebbero riempirsi (almeno dai cristiani) per pregare l’Onnipotente affinché esaudisca le nostre suppliche.

Quanto sono lontani i tempi in cui le nostre mamme e nonne salivano con devozione ai santuari per ottenere la salvezza dei propri cari al fronte. È quella devozione che si è persa, un sentimento che vale più della stessa preghiera. Abbiamo sottratto alle celebrazioni liturgiche il raccoglimento per  il timore di trattenere troppo a lungo i fedeli in chiesa, come se gli sbuffi e i colpi di tosse dei frettolosi fossero segni importanti da tenere in considerazione per non privarci della loro presenza. È servito a qualcosa? Questi cristiani si sono allontanati ugualmente perché in chiesa non hanno trovato il Sacro, non hanno trovato il clima che favorisce i sentimenti, l’amore verso Gesù che ritorna ogni volta sotto le specie del pane e del vino per donarsi Divinamente ai suoi amici. La nostra è la Religione più amorevole che esista al mondo, eppure nella pratica (celebrativa ed umana), in Occidente, siamo dei nanerottoli a confronto dei nostri fratelli perseguitati. È duro e triste ammetterlo, ma spesso viviamo di tradizione e non di sentimento. Per cambiare non ci servono corsi biblici, sinodi, convegni o indottrinamenti particolari, serve riprendere la strada degli esercizi spirituali e creare spazi di silenzio durante la Messa e i sacerdoti devono dichiarare apertamente e con forza quali sono i confini che non si possono superare per mantenersi in armonia con Dio e con i fratelli. Far conoscere con tutta l’autorità possibile quanto sia pericoloso satana, se Dio non ci tiene per mano. L’esposizione del Santissimo poi, è una iniziativa importantissima perché chiama ciascuno di noi a passare un po’ di tempo con Gesù. Qualcuno ha paura del confronto perché si ritiene incapace ad esercitare questa pratica contemplativa (Chè noi sö a fa). Qualcuno dovrebbe spiegare che non è richiesto proprio niente: desiderare di ricevere la Sua compagnia e affidarGli i nostri problemi è più che sufficiente.

Se con il sacerdote vicino non siamo riusciti a costruire la “grande famiglia dei cristiani”, come faremo quando anche questo ci verrà tolto? La tentazione di creare un tramite tra una comunità parrocchiale e un “vicario” nel segno della tradizione non lo vedrei come stimolo alla conquista di una vitalità nuova. Vedrei meglio l’individuazione (da parte del vescovo o del vicario) di una persona benvoluta dalla popolazione ed esempio di fede vissuta, capace di suggerire o raccogliere modi e tempi per pregare e per stare assieme. Potrà la distanza dal sacerdote far scattare nella comunità cristiana una nuova energia o i fedeli saranno costretti ad “emigrare” in cerca di ragioni profonde per cui vivere? Cominciamo a pensarci!

venerdì 22 luglio 2022

LA COMUNIONE SULLA MANO

 


Mi sto appassionando alla lettura dell’intervista fatta da Padre Slavko Barbaric a Maria Simma, una donna dei nostri tempi (morta nel 2012 a Sonntag in Austria) in grado di parlare con le anime del Purgatorio (Cfr. “Fateci uscire da qui!”).

Tra i tanti richiami a ritrovare una fede genuina e il dovuto rispetto alla sacralità Divina con un comportamento cristiano coerente, ho trovato questi passi che mi hanno fatto riflettere profondamente.

 

Le anime del Purgatorio le hanno mai parlato dei ministri straordinari dell’Eucarestia?

Sì, in condizioni normali, solo le mani consacrate dei sacerdoti devono distribuire la ComunioneLa legge della Chiesa dichiara che questa regola sia rispettata a meno che non si verifichino delle “circostanze straordinarie” come quella del sacerdote costretto a letto. “Straordinario» non significa una situazione in cui si debba aspettare due o dieci minuti in fila per ricevere la Comunione. Dobbiamo sempre prepararci a ricevere Gesù nella preghiera. Chi insiste che tutto sia finito il più presto possibile, non ha capito quale enorme privilegio, sorgente di grazie e protezione sia per noi ricevere Gesù.
Se poi qualcuno vuole una prova che i ministri straordinari dell’Eucarestia, con la disinvoltura con cui si creano oggigiorno, non sono voluti da Dio, ecco un racconto molto significativo. Non molto tempo fa, in questa regione, mori una signora che distribuiva la Comunione e che aveva persuaso molte altre signore a fare altrettanto. Non la conoscevo molto bene, ma avevo sentito parlare di lei. Prima del funerale, la bara, che era già stata chiusa dopo l’estremo saluto dei familiari ed amici, venne riaperta dietro insistenza di un parente stretto che era giunto in ritardo. Nel sollevare il cofano, tuttavia, grande fu lo stupore dei presenti, tra i quali il sacerdote che officiava il rito funebre, nel constatare che c’era stato un cambiamento rispetto a prima: 
le mani della donna erano diventate tutte nere. Questo fatto fu per me, come per gli altri, la conferma che Dio volle darci, che mani non consacrate non dovrebbero distribuire Gesù nella comunione (e di conseguenza nessun laico dovrebbe ricevere sulle mani la Comunione – ndr).

È vero che molte cose di cui le anime del Purgatorio si sono rammaricate con lei riguardano le riforme liturgiche volute dal Concilio Vaticano Il? Cosa ne pensa di questo Concilio?

Si, con il Concilio si ebbero molte riforme del tipo cosiddetto ‘moderno’, ma queste riforme non avevano alcuna attinenza con lo spirito dello stesso Concilio. Alla base del Vaticano II c’era molto di buono poiché grande fu l’attività dello Spirito Santo. Tuttavia, come spesso succede con luoghi, eventi ed individui in cui è forte la presenza di Dio, Satana è sempre in agguato ed attacca, divide e porta scompiglio ovunque sia possibile per cercare di colpirne l’essenza stessa. E, per essere più precisa, aggiungerei che gli inviati di Satana sono molto meglio organizzati e perseveranti di tanti cattolici.

Mi è stato detto da almeno tre fonti serie che i Massoni si erano riuniti fin dal lontano 1925 per promuovere la distribuzione della Comunione in mano. Ci è voluto un po’ di tempo, ma alla fine ci sono riusciti.

Per quanto concerne tutte quelle riforme moderne che si ritengono erroneamente frutti divini del Concilio, le posso assicurare che NON è così e che i Massoni all’interno del Vaticano le avevano da tempo predisposte con l’unico intento di fortificare la presa di Satana sulla Chiesa. Quando fu chiesto a tutti i vescovi del mondo di votare l’istanza della Comunione in mano, la maggioranza era contraria. Inoltre, in nessun documento di questo Concilio c’è il benché minimo accenno a questa riforma. Lo stesso Papa Paolo VI disse che dopo quel Concilio il fumo nero di Satana aveva penetrato il tempio di Dio allo scopo di soffocare i frutti del Concilio. Come aveva ragione.

 

Tutto questo mi ha scombussolato non poco, convinto com’ero che “prendere la Comunione in mano” fosse una innovazione del Concilio per avvicinarci di più a Dio e non un atteggiamento irrispettoso come si legge nell’intervista. D’altra parte come non credere a Maria Simma che è sempre stata guidata dal suo parroco, seguita dal suo Vescovo e conosciuta dal Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, senza che mai avesse avuto un richiamo. Superata la sorpresa, mi sono imposto di approfondire la questione.

Ho trovato questi commenti, non esaustivi, ma che confermano le parole di Maria Simma.

 

Approfondimento

 

Nel 1969 il numero sempre crescente di Vescovi che sostenevano la diffusione della somministrazione della "Comu­nione sulla mano" (inclusi allora anche i Vescovi di Germa­nia, Francia e Belgio) richiese a Papa Paolo VI di concedere un permesso speciale "al fine di sanzionare tale disobbedienza". In modo sorprendente, e dopo una resistenza a lungo combattuta, sembrò che egli si arrendesse. Nel tardo 1969, infatti, diede "il permesso speciale" di concedere la Santa Comunione sulla mano a certe Conferenze di Vescovi in cui si era andato affermando (nella disobbedienza) tale modo di riceverla ma nell'opposizione a quanto già prescritto. Dunque, questo "permesso speciale" venne concesso SOLTANTO a "certe comunità e certe città", e certamente NON in tutte le Diocesi e NON "come pratica abituale". Di conseguenza il suo inizio illegale, come pure la sua diffusione in così numerose nazioni risultano ingannevoli, non validi, viziati da errore e, infine, sbagliati. Tale permesso limitato, dato da Papa Paolo VI, gli venne estorto con la forza e con l'inganno. Ci si può meravigliare se egli disse che "il fumo di Satana" era entrato nella Chiesa?

Al fine di opporre resistenza a questa oltremodo cre­scente "abitudine alla disubbidienza", il Papa allora (sem­pre nel 1969) si rivolse a tutta la Chiesa, con una seria am­monizione (vehementer hortatur) riguardo i pericoli della somministrazione della Comunione sulla mano e con il consiglio, "per il bene della Chiesa stessa", che tutti i Vesco­vi, i sacerdoti ed i laici si conformassero ancora una volta al modo già in uso di ricevere la Santa Comunione sulla lin­gua. Questa ammonizione ed il consiglio che ne seguì godono tuttora di piena validità.

 

Nel 1975 l'Arcivescovo Annibale Bugnini, lo stesso autore di RIFORMA LITURGICA (NOVUS ORDO MISSAE), l'amato esperto in Liturgia e consigliere di Papa Paolo VI, proprio in merito a questo argomento, venne licenziato dal Papa non appena si scoprì la sua affiliazione massonica. Al momento della trattazione del problema, il Bugnini aveva dato troppa enfasi alle opinioni della mino­ranza e, allo stesso tempo, aveva minimizzato troppo le opinioni della schiacciante maggioranza. Aveva consigliato il Papa con aperte menzogne e terribili e distorte informazioni, ma il danno era già stato fatto e tutto il Cattolicesimo era ormai tremendamente minato da questo tradimento.

 

La notte in cui morì, Papa Giovanni Paolo I nel cassetto del suo tavolo aveva una lista di nomi di circa 30 Cardinali e Vescovi massoni che egli avrebbe licenziato il giorno seguente. (Cfr. L'OP­POSIZIONE... pag. 43).

 

Dopo 11 anni di Comunione sulla Mano, Giovanni Paolo II disse: “In diversi Paesi la Comunione sulla Mano è diventata una norma. Allo stesso tempo stanno diventando più forti le voci che lamentano la mancanza di devozione per le forme eucaristiche - una mancanza di cui devono farsi carico non solo coloro da cui essa è messa in evidenza, ma anche i Pastori della Chiesa”. 1980 (3s).

 

I documenti del Concilio non contengono nulla riguardo questo argomento così cruciale, ciò nonostante milioni di persone associano a torto la Comunione sulla mano al Concilio Vaticano II.

 

La Bibbia insegna:

"Abramo si prostrò con il viso a terra" (Gen 17,1-3).

Tutti gli israeliti "si alzavano e si prostravano ciascuno all'ingresso della propria tenda" (Es 33,10 seg.).

"Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra" (Fil 2,10).

"Prostratisi lo adorarono" (11 Divin Fanciullo. Mt 2, 11).

"Prendete e mangiate" (Mt 26,26).

"Davanti a me si piegherà ogni ginocchio" (Is 45,23).

"E i vegliardi si prostrarono in adorazione" (Ap 5,13 seg.).

Secondo Luca (22, 19), e secondo la legge, solo le mani consacrate possono "prendere" e "dare" alla gente. Il laicato rimane passivo.

"Nella cultura semitica al tempo di Cristo non si pensava nemmeno di porre il cibo in mano ai commensali. Se chi ospitava desiderava onorare l'ospite in un modo del tutto speciale, gli porgeva il cibo in bocca".

Il rispetto per tali costumi ebraici ha fatto sì che ne seguisse la tradizionale distribuzione della Comunione sulla lingua. Questa evidenza storica conferma la conclusione biblica che Cristo assunse una "norma basilare" e la adeguò affinché divenisse un "principio Divino".

Da “Il Santo Rosario” web

Continuerò ad approfondire l’argomento, ma fin da ora mi sono convinto di come devo essere io davanti all’Eucaristia: d’ora in avanti (regole Covid permettendo) riceverò la Comunione sulla lingua e in ginocchio. Non che questo basti a fare un buon cristiano, ovviamente, ma, con tale comportamento, oltre a riconoscere la Divinità davanti a noi, dimostriamo la nostra riconoscenza a Gesù per averci salvati morendo sulla croce.

Chi sostiene che i segni del cristiano vengono dopo, o sono meno importanti dei comportamenti, dice solo una mezza verità: i segni (come quello della croce, per esempio) sono come fari che attraggono l’attenzione di chi ci circonda, che osservano la nostra coerenza e ci studiano; non compierli è come sfuggire alle nostre responsabilità vergognandoci di quello che siamo per timore del giudizio popolare. Altro che comportamenti bigotti!

Perché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con i santi angeli». Marco 8,38