lunedì 29 marzo 2021

ANGOLI NATURALI

 

Passeggiando sulla Vià Noa ci si può imbattere in questa piccola cascatella che rende più piacevole e più apprezzabile quello che ci circonda.

venerdì 19 marzo 2021

UN TESORO CHE SCARSEGGIA

 

Come l’amore, di cui è pure emanazione, anche l’amicizia è un termine abusato, che spesso non viene attribuito a un reale sentimento.

Si parla di amicizia quando ci si frequenta al bar o alle feste; quando la si richiede in Facebook; quando ce la attribuiamo riguardo a una persona nota che abbiamo conosciuto appena; quando riteniamo di averla in virtù di interessi comuni o perché lavoriamo assieme; quando pensiamo che basti un tratto di cammino per essere amici.

Tutto questo può essere di aiuto a conoscersi, ma quanto ad essere veramente amici ce ne passa. Tanto per citare un esempio: un giorno mi è capitato di rispondere al post di un “amico” in facebook precisando il mio pensiero; ne è seguita una reprimenda antipatica, solo per aver messo in discussione la sua verità. Chiamarsi amici e non accettare il confronto non è segno di amicizia.

Spesso assistiamo alle “amicizie” di chi finge di essere d’accordo (anche quando non lo è): questo io lo chiamerei tornaconto.

Tutte quelle volte che sento dire - Io ho un sacco di amici! -  mi chiedo se veramente quello ha conosciuto la vera amicizia. Se gli amici rimasti a Gesù Cristo sono quelli rimasti sotto la Croce come si può pensare di essere più fortunati di Lui? Non è forse perché ancora non siamo stati messi a dura prova?

Perché avrebbero coniato un proverbio così calzante come “Chi trova un amico trova un tesoro?”

Un vero amico ti ha già fatto la radiografia e conosce perfettamente i tuoi pregi e i tuoi difetti ed ha deciso che su di te può contare, ed anche lui.

Sa che nessuno è perfetto e qualche volta lo deluderai, ma rimarrà al tuo fianco comunque e cercherà di farti ragionare per dissipare tutte le incomprensioni.

Sa che è il cuore a misurare l’amicizia e sa di poter contare sul tuo. Sa che nel momento del bisogno potrà appoggiarsi a te e tu a lui e che farà i salti mortali per poterti aiutare.

Forse lo manderai a quel paese quando non vorrai ammettere di aver sbagliato, ma poi lo richiamerai pentito perché sai che gli è costato contrariarti, ma l’ha fatto per te, non per essere più bravo.

Quando tutti ti volteranno le spalle dicendo ogni cosa su di te, lui ti sarà vicino per difenderti se avrai ragione, a giustificarti se avrai torto, perché conosce il tuo cuore e sa che se anche avessi sbagliato hai il coraggio e la forza per rimediare.

Avere il cuore in comune significa amarsi e accettare i limiti della persona amata, proprio come una coppia di fidanzati; forse è per questo che non credo possibile la stessa amicizia tra un uomo e una donna.

È un sentimento considerato superfluo, specialmente per le persone coniugate, invece andrebbe rivalutato per l’importanza che ha.

“Tra moglie e marito” l’unico a poterci “mettere il dito” è proprio l’amico (vero) che può essere un valido intermediario nei momenti di crisi e che non è certamente quello che ne approfitta per “sostituirlo”.

Mi sono chiesto spesso perché sia così difficile avere un amico e ho trovato una sola giustificazione: siamo troppo individualisti e viviamo in una nazione dove la maggioranza dei suoi abitanti non ha grandi problemi. Si spiegherebbe così del perché durante le ultime due guerre si sono cementati dei rapporti di amicizia che sono sopravvissuti fino alla morte. Sarebbe stato il “bisogno” a coltivare i rapporti, alcuni dei quali sono rimasti nel tempo.

Oggi non ci rendiamo conto di quello che perdiamo a non possederla. Avere un amico significa avere gioia, condivisione, energia e comprensione.

C’è un solo pericolo che rende fragile il legame: il tradimento o l’abbandono. Rendersi conto di averlo fatto impone due scelte: o chiedere scusa confidando di essere perdonati o perdere l’amico.

Auguriamoci tutti che questo sentimento non si faccia sentire troppo tardi, nel momento in cui la persona che poteva essere “amica” vera lascia per sempre questa terra. Avremmo sprecato una grande occasione portandoci appresso il dolore per la perdita e il rimorso per la nostra ottusità.

sabato 20 febbraio 2021

TRISTE ANNIVERSARIO

 

È passato un anno dal riconoscimento del primo caso di coronavirus a Codogno. Da allora centinaia di morti ogni giorno, hanno portato lutto e tristezza in tantissime famiglie.

Nonostante questo siamo riusciti a dividerci sui comportamenti da tenere, favorendo in questo modo l’espandersi di questo pesante flagello in nome di un diritto effimero, quello dell’ “interesse economico”.

Come se non bastasse, ancora oggi, qualche rappresentante regionale invoca l’allentamento delle misure restrittive “per dare ossigeno alle attività produttive”, quasi che queste non abbiano una ricaduta sulle persone che ne sono interessate.

Concordiamo tutti sulla necessità di avere un giusto equilibrio tra il vivere quotidiano fatto di lavoro e di servizi, e la necessità di bloccare definitivamente il contagio, ma non è tollerabile che si abbandoni il buon senso riducendo le difese alla vita umana. La vita è la cosa più bella e più grande che abbiamo, insieme all’amore e alla solidarietà e non la possiamo barattare con nessun interesse economico perché ognuno può decidere di rischiare in proprio ma non deve essergli consentito di mettere in pericolo altre persone.

Se non sconfiggeremo il virus verrà a mancare ossigeno a tutta l’economia nazionale e sarà un disastro per tutti. Già sappiamo che una parte di popolazione per età, per fatalismo, per ignoranza, per ripicca, per dispetto o per la semplice voglia di far del male, come è sempre stato, non si è preoccupata e non si preoccuperà se i contagi aumenteranno, almeno fino a quando siano coinvolti di persona, ma almeno gli altri osservino le indicazioni che ci vengono dalle autorità sanitarie, che certamente ne sanno un po’ più di noi.

Infine, pensiamo a quei medici e infermieri che dopo una giornata trascorsa a confortare il nostro papà o la nostra mamma, ritornando a casa tristi e sconsolati per aver visto persone morire ed altre in gravi difficoltà per il virus, vedono comportamenti incredibilmente rischiosi commessi con assoluta normalità e leggerezza. Come si sentiranno? Non basteranno mai i nostri “grazie”.

Ora che si è aperta una finestra nuova nella politica italiana si è anche illuminata la speranza che tutti mettano le loro migliori capacità per far fronte ai disagi e rafforzare la lotta alla pandemia e raggiungere così la normalità che ci consenta di rilanciare, economicamente e socialmente, la nostra bella Italia.

lunedì 21 dicembre 2020

ITALIA, PAESE MAL RAPPRESENTATO

 È veramente ripugnante vedere la politica speculare in ogni momento sull’estremo stato di debolezza del nostro Paese. Ricatti, invidie, sgambetti, divergenze, ostilità, opposizioni, ipocrisie. E sono compresi tutti in questo gioco perverso. Innanzitutto il Governo che non vuole riconoscere alla sincerità il ruolo importante che ha nella comunicazione: non si può continuare a dire che nessuno sarà lasciato solo o che è già stato erogato un determinato contributo quando tanti cittadini non hanno visto il minimo segno di solidarietà. Bisogna avere il coraggio di dire che i soldi non ci sono e la macchina burocratica fa acqua da tutte le parti. Che dire poi dei timori di una “governance” che guidi la spesa dei fondi europei? Se davvero fosse attribuito ad una sola persona la responsabilità di spendere in fretta il denaro ricevuto sulla base di un piano definito congiuntamente dal Governo, da sottoporre all’esame del Parlamento, non potrebbe che ottenere il plauso di tutti gli elettori italiani che vedrebbero almeno uno a cui attribuire le colpe. Invece no! Tutte le componenti politiche dell’esecutivo vogliono assistere e decidere sulla “spartizione” per potere poi attribuirsi il merito davanti al proprio elettorato. Intanto il tempo passa. Le decisioni rimandate, i progetti ancora in buona parte da costruire, mentre la nostra economia non accenna a riprendersi, anzi, davanti all’incertezza del momento brucia risorse e chiude tante attività. Come se non bastasse il virus continua a dilagare mietendo un numero di vittime impressionanti. E l’opposizione? Potrebbe fare un piano alternativo (realizzabile) e presentarlo alla stampa se non accolto, invece: “abbiamo fatto le nostre proposte in parlamento e non sono prese in considerazione”; certo, se a tasche vuote si chiede il rimborso totale del reddito perduto e la riduzione delle imposte che prima o poi dovranno essere adeguate allo stato di necessità in cui ci troviamo, sono proposte irricevibili. Vedono le urne come unica possibilità di ritornare a un governo che abbiamo già visto e cercano tutti i modi per alimentare polemiche e creare ostacoli alla maggioranza per sfiancarla e farle gettare la spugna. “Fanno il loro lavoro” dice qualcuno. Si sì potrebbe dire così in tempi normali non davanti a una economia che crolla e che ci può condurre al default tipo Grecia o Argentina. Andiamoci pure alle urne, vinceranno i partiti di opposizione, ma a causa dell’eccesso di litigiosità a perdere saremo tutti noi cittadini di un Paese meraviglioso ma assai mal rappresentato.

mercoledì 9 dicembre 2020

UN NUOVO ANNO SANTO

 Il Papa ha indetto un Anno Santo dal 8 dicembre 2020 al 8 dicembre 2021 dedicato a S. Giuseppe. Rivolgendo una preghiera al Santo con le dovute disposizioni si potrà beneficiare dell'Indulgenza Plenaria. Un grande regalo per i credenti concesso dalla Chiesa per mezzo di questo grande Pastore, Papa Francesco.

domenica 6 dicembre 2020

IL COVID NON E' UNA GUERRA

 

Anche se meno, rispetto alla prima ondata, sento e leggo che il Covid è una guerra. E, nel sommo rispetto delle tragedie personali e familiari che tutti hanno toccato, sento che non è giusto.

Per fortuna la maggior parte di noi, viventi in una nazione occidentale, non sa cosa sia una guerra, però ci sono racconti, film, documenti e documentari, e, per chi ne ha avuto l’occasione e la forza, anche la presenza su uno dei numerosi fronti attuali.

In guerra non hai l’autocertificazione: esci di casa e non sai se torni; non mandi tuo figlio a portare a spasso il cane, ma a comprare il pane se c’è, dove c’è, e potresti non più rivederlo; il vicino di casa non ti sposta lo zerbino per dispetto, non litiga sui millesimi, ma ti tradisce facendoti fucilare; in guerra non ci sono i supermercati e negozi di alimentari a presenza contingentata, si fa la fame; in guerra il tuo ragazzo sente fischiar pallottole, non è prigioniero in una regione di diverso colore.

A rafforzare la precisazione, una recente intervista allo scrittore italo-sloveno  centosettenne Boris Phaor. Due volte al fronte, ammalato di TBC, contagiato dalla “spagnola”. Chiede l’intervistatore: “Differenze tra ieri e oggi?”. – “Mascherine? Non c’erano. Medici? Erano al fronte. Avevamo fame, fame nera. Una rosetta a testa con la tessera annonaria e bisognava andare sul Carso a cercare la polenta. La vita normale era segnata dalla fame.” Non dall’attesa del prossimo DPCM.

Roberto Bernardo

Giornale di Bs  6/12/2020

domenica 1 novembre 2020

COSA BISOGNA FARE PER RIDURRE IL CONTAGIO DEL CORONAVIRUS

 

Coronavirus e Covid-19: cosa bisogna fare per ridurre il rischio di ammalarsi o di contagio

 

Come è possibile ridurre il rischio di contrarre la malattia durante il lavoro, la scuola, gli spostamenti sui mezzi e le attività normali come fare la spesa? Ecco alcuni consigli e i fattori di rischio da considerare nella vita di tutti i giorni.

 

 

Eliminare il rischio di contrarre il coronavirus Sars-CoV-2 e di ammalarsi di Covid-19 è impossibile, ma è possibile limitarlo al minimo. Come è possibile ridurre il rischio di contrarre il coronavirus durante il lavoro, la scuola, gli spostamenti sui mezzi e le attività normali come fare la spesa? Finora sappiamo che i luoghi dove si verifica il contagio sono, con diverse percentuali di possibilità, la casa, il lavoro, i trasporti pubblici, i locali e i pubblici esercizi. E che i posti chiusi e i luoghi affollati aumentano questa possibilità. 

 

Coronavirus e Covid-19: cosa bisogna fare per ridurre il rischio di ammalarsi 

 

Ma ci sono anche altri fattori da considerare: per esempio il tempo di permanenza nei luoghi a rischio. Oppure le stesse attività: alcune sono più a rischio di altre. Ecco allora che i primi tre fattori da considerare sono essenzialmente questi. Ovvero:

  • mantenere le distanze sociali; 
  • lavare o igienizzare le mani il più possibile;
  • indossare la mascherina.

Il quotidiano spagnolo "El Pais" ha provato a calcolare il rischio di infezione in un ambiente chiuso utilizzando un modello di calcolo sviluppato dal professor José Luis Jiménez dell’Università del Colorado. Non si tratta di un metodo infallibile, premette il quotidiano, ma probabilmente abbastanza accurato per capire come il virus "lavora" negli ambienti chiusi, anche laddove viene rispettata la distanza di sicurezza di due metri. 

 

Scenario 1: "El Pais" ipotizza che nel nostro soggiorno di casa (le dimensioni non sono note) ci siano 6 persone, di cui una infetta da SARS-COV-2. In un caso del genere, indipendentemente dalla distanza di sicurezza, senza mascherine e una ventilazione adeguata l'infetto potrebbe essere in grado di trasmettere il virus a tutti gli altri presenti nel giro di 4 ore. Se tutti indossassero le mascherine, le infezioni si ridurrebbero da 5 a 4 ma il contagio ci sarebbe comunque perché con una esposizione molto prolungata neppure i dispositivi di protezione sono in grado di fermare il virus. In casi del genere solo areare l'ambiente e dimezzare la durata dell'esposizione (da 4 ore a 2) permette di ridurre in maniera significativa il rischio a meno di una persona infetta. A patto però di indossare i dispositivi di protezione individuale. Secondo "El Pais" in Spagna il 31% dei casi di infezione è legato a questo tipo di situazioni. 

 

Scenario 2: in un bar ci sono 15 persone che consumano e tre dipendenti. Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica. Ebbene, nel peggiore dei casi, senza prendere nessuna misura di sicurezza, dopo quattro ore tutti i 14 clienti sarebbero infettati dal virus. Se tutti indossassero i dispositivi di protezione i contagi si ridurrebbero ad 8. Con le mascherine, una ventilazione adeguata e un tempo di esposizione dimezzato (da 4 a 2 ore), le probabilità di contagio calano invece drasticamente: il virus sarebbe capace di infettare solo una persona.  

 

Scenario 3: un'aula scolastica con 24 alunni. La situazione più pericolosa si verifica in una classe non ventilata in cui la persona infetta è l'insegnante. In un caso del genere, senza misure di sicurezza al virus bastano 2 ore per contagiare 12 persone. Anche in questo caso l'uso delle mascherine riduce drasticamente il rischio di contagio (da 12 a 5 persone infettate) ma non lo elimina del tutto. Dimezzando il tempo di esposizione (da 2 ore ad 1 ora) e areando adeguatamente l'aula il virus sarebbe invece in grado di infettare solo una persona. "El Pais" specifica che a differenza di quanto si può pensare, nelle situazioni reali la distribuzione dei contagi è casuale, poiché senza ventilazione "gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza". 

La regola dei 15 minuti

Poi c'è la regola dei 15 minuti: il ministero della Salute ha stabilito due parametri molto rigidi che regolano il funzionamento dell’app Immuni: l’allerta scatta solo se ci si trova  a meno di due metri da un contagiato per almeno 15 minuti. Ma da dove arriva la "regola" dei 15 minuti? Il commissario all'emergenza Domenico Arcuri, nel presentare l'App aveva affermato che "gli scienziati ci dicono che il tempo minimo certo per essere a rischio contagio in caso di contatto con una persona positiva è di 15 minuti. La distanza considerata a rischio oscilla fra un metro e due metri. Ma è bene considerare il limite massimo". 

Erin Bromage, immunologo all'Università del Massachusetts Dartmouth, ha riassunto tutto con un’equazione: infezione = esposizione al virus x fattore tempo. "L’esposizione al virus, moltiplicata per il tempo, rappresenta la formula basilare che consente di rintracciare i contatti" spiegava  Bromage  in un articolo sul "Corriere della Sera". "Chiunque si intrattenga a parlare con voi per oltre 10 minuti, faccia a faccia, rischia il contagio. Chiunque condivida con voi un ambiente chiuso (l’ufficio, per esempio) per un periodo prolungato, rischia il contagio”.

Cosa fare per limitare i rischi di contrarre il coronavirus nella vita di tutti i giorni

Oggi invece il Corriere della Sera pubblica un vademecum che spiega cosa fare per limitare i rischi di contrarre il coronavirus nella vita di tutti i giorni. A cominciare dalla scuola, dove sarebbe buona abitudine indossare la mascherina anche in classe quando si è seduti al proprio posto, ricordandosi che parlare ad alta voce, urlare o cantare sono attività ritenute a forte rischio contagio.

Sotto la lente, più che la trasmissione in aula, c’è il tempo prima e dopo le lezioni. Che cosa si può permettere? I bambini possono giocare tra loro all’aria aperta in un contesto distanziato, senza accalcarsi e tenendo le mascherine.

Poi ci sono le raccomandazioni sui parenti fragili e gli anziani in generale: 

Possiamo vedere i parenti fragili e chiacchierare con loro, magari fare una passeggiata. Meglio evitare baci e abbracci e possiamo scegliere di andare a turno, uno alla volta, facendo salutare i nipotini solo in videochiamata.

Sui mezzi pubblici, il consiglio è di evitare quelli affollati. La distanza altri resta l’arma migliore: oltre a non salire su mezzi troppi pieni, possiamo evitare di parlare ad alta voce e non dobbiamo abbassare la mascherina se siamo al telefono. Infine, i negozi: un supermercato affollato dove si passano tanti minuti in coda rappresenta una situazione di pericolo, specie perché è un luogo chiuso e non per forza ampio. È sempre possibile fare la spesa online, farsela portare, oppure ridurre la permanenza nei negozi a una volta la settimana, fare scorta o non entrare negli orari di punta. 


Brescia To Day 31/10/2020