martedì 7 novembre 2017

PROGETTO BŐTA VIÀ NIÈNT

           
  
In occasione della “Sagra del marrone” svoltasi a Caino il 15 0ttobre scorso, ha mosso i primi passi il “Progetto böta vià niènt” del Gruppo Pensionati Caino esponendo alcuni degli articoli donati dalla popolazione. Si tratta di pura testimonianza del passato, oggetti riguardanti la vita domestica, l’artigianato, il tempo libero, ecc.
“La trasformazione di questo progetto in una esposizione vera e propria”, riferisce la presidente dell’Associazione, “è strettamente collegata all’interesse della popolazione ad averla, mettendo a disposizione le testimonianze del passato che possiede in modo che le proprie unite a quelle degli altri possano rimanere nel tempo a completare ambienti e mestieri”. Se il futuro si può vedere dal numero crescente delle persone che ci credono donando qualcosa, tra non molto Caino avrà il suo piccolo Museo.

                                      







lunedì 6 novembre 2017

TAPPARE I BUCHI O CAMBIARE COPERTA?


La coperta corta dell’INPS assomiglia molto al cane che si morde la coda. L’Istituto, tacendo sulla necessità di separare la “previdenza” dall’ “assistenza”, asseconda gli esecutivi nell’idea ottusa di mescolare interventi diversi che creano confusione e non permettono una corretta informazione sulla reale situazione dei conti e della sostenibilità della spesa pensionistica.
La differenza tra assistenza e previdenza nasce dall’articolo 38 della nostra Costituzione che identifica la prima nel capitolo 1 e la seconda nel capitolo 2.
L’assistenza ha come obiettivo quello di tutelare i soggetti in condizioni di bisogno ed è attuata direttamente dallo Stato, Regioni ed Enti Locali con risorse derivanti da imposte. Può esplicarsi in forme diverse: economiche o prestazioni sociali.
La previdenza si basa, invece, su prestazioni derivanti esclusivamente dai contributi versati durante l’attività lavorativa (da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro). Si tratta, in sostanza, di un salario “differito”.
Tutti devono poter vedere quanto sia falsa l’dea che il sistema di previdenza (cioè la raccolta dei contributi dei lavoratori impiegati per il pagamento delle pensioni regolari) sia in deficit, e quanto pesa invece l’assistenza per tutti gli altri interventi che sono stati appioppati all’Istituto, come la Cassa Integrazione, le integrazioni pensionistiche, l’invalidità civile, le indennità di accompagnamento e tante altre voci. Vogliamo affidare tutto all’Inps? Facciamolo pure, mantenendo però separate le gestioni in modo che ognuna sia sempre trasparente e quando si parla di pensioni si sappia sempre se sono sostenibili o per quanto non lo sono, lasciando alla fiscalità generale quello che non attiene al sistema.
Se tutta la propaganda a scapito dei pensionati fosse fatta a favore della trasparenza, nei fatti e non nelle parole, troveremmo molte più persone di buon senso a fare proposte affinchè i conti possano tornare e i problemi risolti.
In questo momento c’è sul tavolo dell’esecutivo la richiesta di bloccare l’automatismo che porta ad andare in pensione più tardi quando l’aspettativa di vita aumenta. Il presidente Inps se l’è cavata con un “…guardiamo il bicchiere mezzo pieno: campiamo di più”; se avesse fatto il camionista o l’addetto alle colate o il muratore quella battuta se la sarebbe risparmiata. I numeri non hanno sentimenti, sono freddi nella loro espressione e se si guardano senza tener conto da dove provengono e cosa devono generare tolgono qualsiasi contatto con la realtà e ai bisogni dei quali la società è permeata.
La spasmodica ricerca di voti, come sterco del diavolo, impedisce un civile confronto sulla “coperta disponibile” per cercare una soluzione che rispetti giustizia e solidarietà. La nostra è una società perversa nella quale non si può togliere a chi ha di più per dare a chi ha di meno senza sollevare ricorsi alla Corte di Strasburgo. Non si possono limitare i privilegi, che sono ancora tanti, senza che si alzi il grido “non si toccano i diritti acquisiti” ma ancora nessuno è riuscito a spiegare la differenza tra il grido dei ricchi e quello dei poveri elevatosi dopo la spietata Legge Fornero.
Buonismo, clientelismo, opportunismo, servilismo, disfattismo, insieme alla miopia dovuta alla gestione del potere, continuano ad impedire la risurrezione di una nazione come l’Italia che potrebbe benissimo vivere nel benessere assicurando giustizia e solidarietà. Si dà spesso la colpa alla burocrazia senza tener conto dell’opposizione che le forze politiche hanno frapposto ad ogni tentativo di semplificarla veramente.
A nessun giornale o testata televisiva, men che meno ai politici, interessa studiare la solidarietà offerta dagli italiani al terzo settore, solidarietà economica e prestazioni di volontariato; se lo facessero scoprirebbero quanto è viva l’aspirazione a una vita sociale moderna e rispettosa della dignità di ognuno. Ma questo traguardo di maturità pretende che le Istituzioni per prime diano l’esempio e abbandonino la sterile polemica politica per risolvere uno ad uno i problemi che sono sul tavolo: quello della previdenza è uno dei più importanti.
La richiesta di bloccare l’automatismo di uscita dal lavoro è fattibile? A mio parere in questa prima fase non è possibile se non per pochissime categorie usuranti, e anche in questo modo non è facile trovarne la copertura, ma ci si può arrivare. Come? Innanzitutto mettendo mano alla riforma della Giustizia per avere tempi certi (e corti) per ogni grado di giudizio. In secondo luogo le leggi dovrebbero poter essere applicate dai giudici immediatamente e non interpretate a seconda di una propria dottrina. Ogni rappresentante dei cittadini, eletto ad ogni livello, dovrebbe essere sospeso senza compenso subito dopo la condanna di primo grado; qualora fosse dimostrata la sua innocenza nei gradi successivi, dovrebbe aver diritto agli arretrati e all’integrazione nel suo ruolo per tutto il periodo di legislatura che gli è stato sottratto sottoponendosi alla procedura giudiziaria. Fatta una giustizia così non dovrebbe essere difficile passare a ulteriori passaggi legati a minori spese e a maggiori incassi. Le minori spese potrebbero essere, per esempio, l’abolizione dei bonus a pioggia, la riduzione delle detrazioni fiscali per interventi non strategici, la riduzione degli interventi militari all’estero e la dismissione di tutte le strutture militari non più necessarie a mantenere il grado necessario di difesa nazionale. Le maggiori entrate potranno essere assicurate da un maggiore controllo investigativo sui patrimoni per reprimere l’evasione, ancora molto elevata; un’altra fonte potrebbe derivare da un’imposta di solidarietà sui patrimoni più alti su base famigliare (come l’ISEE) e l’aumento del costo orario per i lavori prestati per breve periodo. Sicuramente le risorse non basteranno ancora, ma dopo queste iniziative la concertazione con le parti sociali saprebbe recuperare la differenza.
Mafia in genere e corruzione se debellate risanerebbero in breve l’Italia dal debito pregresso e la lancerebbe nell’Olimpo dei virtuosi. Ciò significa che maggiori controlli assicurano maggiori entrate a prescindere, oltre che a creare maggiore sicurezza. Maggiore sicurezza accompagnata da una snella burocrazia attirerebbe interesse internazionale e quindi ulteriori risorse.  Invece che migliorare la macchina dello Stato si continua a perseguire la riduzione delle spese nei servizi essenziali aggravandone il costo per il cittadino che si impoverisce, poi diamo il bonus per compensare quello che abbiamo tolto.

Riepilogando: se non si fanno controlli per recuperare imposte evase, non si ha coraggio di imporre solidarietà ai ricconi, si sperperano risorse pubbliche, non si ha una giustizia giusta e non si hanno politici esemplari è meglio fare fagotto e lasciare che altri si cimentino a guidare l’economia nazionale, perché matureremo la pensione dopo morti e vana sarà la speranza di trasformare il nostro paese in una macchina moderna studiata (ricerca), collaudata (aiutata) e produttiva (perfetto equilibrio tra ottimi servizi erogati e costi sostenuti). 

venerdì 20 ottobre 2017

IL MARRONE E LA FESTA CHE UNISCE

Quasi una settimana dopo l’evento, non è troppo tardi per valutare quello che è passato tra noi cainesi (e tutti i visitatori) con la manifestazione della “Sagra del marrone”.
Per qualcuno sarà stata pure una mera festa paesana, ma con un po’ di attenzione si è potuto osservare uno spiegamento di associazioni che sono in costante attività nel paese e la scoperta, per tanti, dei talenti artistici presenti. Uscendo dall’ufficialità dell’evento celebrato all’interno e all’esterno della palestra del Centro Sportivo, è balzato subito evidente l’impegno volontario di ogni singola associazione nel dare il proprio contributo secondo le proprie specificità. Innanzitutto gli alpini, presenti spesso col loro impegno personale nelle varie manifestazioni e altrettanto spesso discrezionalmente “mimetizzati” tra la gente o dietro le quinte; la Polisportiva, sapientemente guidata, che ha conservato negli anni l’energia per poter continuare ad offrire ai giovani un servizio, tanto importante per lo sviluppo della personalità, come lo sport;  il Vac-Protezione Civile sempre pronto ad intervenire sui nostri monti ancor prima che noi sentiamo il fumo e subito in movimento quando le piogge si fanno pericolose; splendidi i pannelli esposti da Riccardo Ciulli, Elisa Tosetti, Stefania Seggioli, Alessandra Ferrami, Luca Minelli e Nicola Gatelli che verranno esposti sulla provinciale di fronte alle antiche mura della “Rocca del Gallo” che testimoniano, col tempo dedicato alla loro realizzazione, l’attaccamento degli artisti al loro paese; Rio de Oro, opera caritatevole per l’accoglienza dei bambini del Saharawi, vede tradizionalmente, ormai da tempo, l’impegno di mamme e giovani che ogni anno dedicano un po’ del loro tempo per questi bambini sfortunati; gli amici del Presepio capitanati da Bruno Mora che, essendo anche motore degli alpini, è come il prezzemolo, lo trovi impegnato un po’ ovunque, in questo caso riesce a dirigere un gruppo pluripremiato che ogni anno arricchisce la già splendida rappresentazione, quest’anno con la Madonna e S. Giuseppe adoranti; il Gruppo Teatro con le foto esposte ricorda la passione della recita e la condivisione di un’opera con il pubblico; il Gruppo Fotografico ha saputo trasformare anch’esso la passione con la condivisione delle immagini più belle, certamente una ricchezza e un ricordo per tutta la comunità; il Gruppo Gas è una realtà ormai consolidata che si è presentata simbolicamente ma è da considerarsi una vera risorsa economica per tutte le famiglie che vi aderiscono; l’Avis sezionale ha donato agli avisini di Caino la scultura dell’artista Bertoli come riconoscimento alla storia del Gruppo locale e, soprattutto, per il gran numero di donazioni che offre; i Gnari della Valle di Bertone sono impegnati nel presidiare la valle e nel renderla godibile anche culturalmente oltre alle bellezze naturali; il Gruppo Pensionati col suo progetto “Böta vià niènt” si è presentato con una graziosa vetrinetta di oggetti antichi e attrezzi da fabbro e muratore, vuole raccomandare ai compaesani di non buttare via niente di quello che può rappresentare un ricordo dei tempi passati; per la gioia dei bambini il Peo ha portato pecore e capre, per i grandi ha portato invece la sorprendente moglie Meris, ricca di ingegno, che ci ha fatto conoscere le sue opere e da esperta cesellatrice del legno qual’è si è esibita in uno sgrossamento di un tronco con la motosega.
Intorno a queste associazioni vendita di prodotti tipici come il marrone, il miele, il cinghiale, il salame, il formaggio e articoli artigianali vari  di hobbistica.
Purtroppo non tutte le associazioni hanno avuto lo spazio che meritavano, “la diretta va di fretta”, ma certo è che tutti quelli che hanno visitato gli stand hanno apprezzato la disponibilità e lo sforzo profuso ed ora le conoscono un po’ meglio.

Sotto il tendone sono state servite 240 porzioni di spiedo dai volontari sotto la supervisione di Gianni Crippa, responsabile della “sagra” per Caino, mentre sul palco si esibivano i “Selvaggi Band”.

mercoledì 6 settembre 2017

ATTENTI AI TRE

La parola più diffusa al mondo penso che sia “amore”. Ma questo sentimento, così ricercato, è sfuggente come un’anguilla: quando credi di possederlo ti scappa via senza che tu possa fare nulla per trattenerlo. Tutto per colpa di almeno tre organi del nostro corpo: gli occhi, la bocca e le mani. I genitori non insegneranno mai abbastanza ai loro figli l’esercizio dei muscoli che li azionano.
Gli occhi.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Possono essere trasparenti o impenetrabili; innocenti o colpevoli; sereni o misteriosi. L'espressione deriva dalla personalità, da come l’individuo è abituato a guardare la realtà quotidiana.
La bocca.
La bocca è l’organo che forma il sorriso, la più bella risorsa di una persona. Anche questo deriva dalla personalità ed abbonda sulla bocca di chi è stato educato alla positività della vita.
Le mani.
Le mani non sono solo il mezzo per servire il proprio corpo, sono anche un mezzo di comunicazione. Una stretta di mano calorosa non parla allo stesso modo di una stretta fugace; una mano incoraggiante sulla spalla di un amico scalda il cuore; le carezze sono segno di affetto; e comunque tutti i contatti che le mani hanno nei confronti delle persone segnalano un avvicinamento, un affinità; al contrario la resistenza al contatto segnala freddezza e distacco verso l’altro.
L’incontro con una persona dagli occhi sereni che con un grande sorriso ti stringe calorosamente la mano è senz’altro quello di un amico che ti può toccare il cuore.
L’assenza di uno dei “tre”, invece, obbliga a un maggiore approfondimento: tristezza, paura, timidezza, dolore possono essere i sintomi più comuni; ma anche cattiveria, egoismo, superbia, avarizia e discriminazione. Occhio ai tre! Impariamo ad osservarli per … capire la persona o le persone con le quali vogliamo camminare.

domenica 9 luglio 2017

IL CAMMINO DI SANTIAGO: UNA MODA?

Tornando da Santiago mi sono imbattuto in affermazioni come questa: il cammino di Santiago è diventata una moda.
Fermo restando che le impressioni, le esperienze e il beneficio ricevuto da questo camminare è mio personale e lo voglio condividere solo con chi vuole veramente sapere cosa succede a fare 800 km con uno zaino in spalla, mi sorgono spontanee alcune domande da porre a chi non sa calarsi dentro quello che senza giustificazione alcuna viene considerato una “moda”.
Innanzitutto:
1.      che moda è faticare a camminare per un mese con situazioni climatiche spesso pesanti per il cammino e spesso per il morale?
2.      che moda è quella di dormire in camerate promiscue dove tutte le notti sono disturbate da pellegrini che russano?
3.      che moda è quella di mangiare un panino a mezzogiorno per un mese di seguito?
4.      che moda è quella di lavarsi i panni tutti i giorni e attendere pazientemente che asciughino?
5.      che moda è quella di rischiare di essere vittima di animali indesiderati annidati in materassi o coperte usati da migliaia di persone prima di subire un lavaggio?
6.      che moda è quella assicurarsi poche o tante vesciche ai piedi o rischiare tendiniti che difficilmente si dimenticano di te?
7.      che moda è quella di portarsi con sè problemi propri e degli altri fino alla fine del cammino?
8.      è per moda che taluni si trascinano a piccoli passi con tendiniti, ferite e piedi gonfi fino alla Cattedrale di Santiago?
E poi:
è vero che tra i presunti pellegrini ci sono opportunisti, turisti, e persone che vogliono compiere un’”impresa” lunga 800 km cercando un record, ma sono una piccola minoranza, che non deve distogliere l’attenzione sulla maggioranza che cammina determinata a raggiungere una meta, quella dell’Apostolo martire, ognuno per capire sè stesso o implorare per altri.
Reputo una fortuna aver avuto la possibilità di fare il Cammino di Santiago”, non tutti hanno la salute per poterlo fare o non ne hanno il tempo.
Pertanto cerchiamo di non cadere nella quotidiana e goffa abitudine di vedere nero anche dove c’è bianco; le persone che popolano il Cammino sono aumentate in proporzione ai disagi di cui loro o altri sono stati vittime nel tempo in questo tipo di società e vogliono tempi e spazi per riflettere.
Si può pensarla diversamente ma con una precisa riserva: quella di provare a fare il Cammino di Santiago.   

lunedì 17 aprile 2017

SI SENTE MA NON SI VEDE ...

Da noi è rimasto un detto: “C’è un’atmosfera che si taglia col coltello”. Spiega molto efficacemente come una persona capitata per caso in un ambiente pieno di tensione ne sia a sua volta coinvolto per averne avuta la percezione. Stiamo parlando di quell’energia impalpabile che è intorno a noi e dentro di noi e che condiziona ogni nostro comportamento quotidiano. Tutti i nostri sensori, attraverso le parti del corpo, si collegano al sistema nervoso, al cervello (che noi un po’ eufemisticamente chiamiamo cuore), e quest’ultimo prende delle decisioni.
E’ questa energia che crea il “clima” e può essere favorito da persone che siano protagoniste o spettatrici. Qualche esempio: vedere un papà o una mamma giocare col proprio bambino rasserena il cuore e favorisce l’incontro; viceversa vedere un bambino maltrattato (da chiunque) rende incandescente e carico di tensione la partecipazione a questo momento. Meno pesante, ma eloquente, il fastidio prodotto dalla prepotenza di una persona che ne umilia un’altra; effetto di piacere si ha nel vedere uno che aiuta un altro, con passione e con impegno, a superare un problema. Quindi anche i vizi e i difetti influiscono sulla percezione.
Anche chi va in chiesa con fede “respira” un’atmosfera raccolta e devota oppure distratta e formale, a seconda dei casi. Perfino nei luoghi di pellegrinaggio mariano si avvertono sensazioni diverse, e i pareri raccolti dai partecipanti lo attestano. Mi son sentito chiedere spesso: se la Madonna è una sola non è uguale ricordarla in un posto solo e non in tutti i posti dove è apparsa? Ho frequentato diversi luoghi di apparizioni mariane e posso assicurare che il cuore non è sempre lo stesso. Neanche i luoghi dove la Chiesa ha negato ci sia stata veramente un’apparizione fanno eccezione. Medjugorje, per esempio, continua a vedere numerosissime conversioni. Quelli che sono andati in Terra Santa possono affermare di essere rimasti indifferenti sui luoghi calpestati da Gesù?
Nelle nostre relazioni con la società e con la natura viviamo sensazioni sempre diverse che ci fanno stare bene o male e che testimoniano la “misura” della nostra umanità. Se qualcuno ha avuto la fortuna di avere un colloquio col Vescovo o addirittura col Papa, non potrà affermare di essere rimasto indifferente. Chi si immerge nella natura incontaminata prova una pace profonda, al contrario di chi è costretto a stare nel traffico. Chi ascolta la musica è portato a sentire un rilassante benessere, al contrario dell’udire il suono sguaiato di persone che litigano. E tante situazioni ancora.

Il nostro futuro lo costruiamo anche cercando di privilegiare l’ascolto dell’atmosfera intorno a noi, sfuggendo quella che riconosciamo falsa e superficiale a favore di quella densa di relazioni autentiche.

domenica 2 aprile 2017

AUMENTA LA TARI

La situazione finanziaria dei Comuni non accenna a migliorare, grazie anche ai giochi politici portati all'estremo pur di conservare una visibilità, a scapito degli interessi dei tartassati cittadini.
Rimane tuttavia difficile da comprendere la facilità con la quale le amministrazioni locali ricorrono all'aumento delle imposte e delle tasse. Sulla TARI (o tassa rifiuti che dir si voglia) la passata amministrazione aveva già aumentato le tariffe per far fronte alla costruzione dell'Isola Ecologica; ora l'attuale ha inglobato gli incassi di quell'aumento, passati e futuri, nel nuovo servizio ma nel frattempo ha aggiunto un altro aumento che il cittadino dovrà pagare ringraziando la lungimiranza dei suoi amministratori. Non è che per la sistemazione della "Scalinata" ci verrà richiesto di pagare l'Addizionale Comunale? E che tasse dovremo pagare per finire il cimitero? E per tutte le altre opere promesse nelle campagne elettorali, mai mantenute?
Pensiamo davvero che bastino le sagre e tutti gli incontri promossi dall'assessorato alla cultura per soddisfare le esigenze dei cainesi? Possiamo indurli a capire che le casse sono vuote, difficilmente ad accettare nuove gabelle nel momento in cui molte famiglie faticano a tirare avanti.
Scaricare le colpe sulle amministrazioni precedenti non paga: anche l'attuale ha privilegiato delle scelte anzichè altre destinando risorse ad un settore piuttosto che un altro scontentando qualcuno.
Purtroppo fatico a vedere amministrare come un "buon padre di famiglia" e forse l'amarezza e lo scontento passa da qui. Se mi sbaglio qualcuno mi "corigerà".