sabato 8 febbraio 2014

LA CASA PADRONALE DEI "PICI - TOLZANE"


Con il sopraggiungere del benessere molte abitazioni padronali storiche rivelarono i propri limiti costringendo i possessori ad intervenire pesantemente o addirittura procedere al loro abbattimento. Fatte salve queste necessità, non si può non riconoscere a quelle case la bellezza della loro architettura e la logicità di spazi e ambienti. Rasile era un’unica casa in dolce pendio immersa nel verde dei vigneti che da Tolzana scendevano fino alla “Strada reale” da Novale fino allo sbocco della carrareccia che conduceva al suo ingresso. All’esterno del blocco c’era l’abitazione di Luigi Bertacchini (Bigiòto) con sua moglie Caterina Sambrici (Tìeni), a fianco, stalla e fienile del fratello Francesco. Oltre a un piccolo deposito al lato opposto della stalla che stringeva la “stradella”, non c’era niente. Nessuno avrebbe mai pensato che in quella zona piuttosto paludosa sarebbero sorte così tante case, ed altre ancora sarebbero giunte a completamento in questi giorni.
Alla casa di Degiacomi Angelo (detto Picio) si accedeva da un grande portone carraio che dava su un ampio cortile dove si affacciava la costruzione composta da un lungo porticato sul quale poggiava la loggia (lòza) alla quale si saliva mediante una scala sul lato sinistro. Dal portico si andava in cantina e in un grande vano usato come deposito, il “reolt”, perché tutto il soffitto era a volte. Per la scala si raggiungeva, a metà, un piccolo pianerottolo, con una grande porta che la sera veniva sbarrata; salendo ancora si raggiungeva la lòza, con le sue tre doppie finestre e le ante, dalla quale si accedeva con quattro porte al corpo dell’edificio. Da li si saliva al solaio, che profumava sempre di uva americana, dove si aprivano una serie di stanze adibite a diversi usi; in una c’erano le “arèle” dove veniva stesa l’uva per essere conservata, americana e invernesca (“’mbrunesca”), così come pere e mele; in un’ altra c’erano cassapanche e attrezzi per filare; in un’altra ancora c’erano depositati passeggini, seggioloni (di allora) e altri attrezzi utili alla crescita dei bambini come l’ ”andarì”.
Il cortile era chiuso ai lati da due ali: a sinistra, confinanti coi Bertacchini, c’erano dei vani adibiti a pollaio che arrivavano alla scala senza ostruirne la vista; a destra la filanda, con carro e barroccio depositati, che dall’orto si prolungava con un porticato (di transito verso i campi) fino al portone della stalla.
Di fronte alla casa, a completarne il perimetro, c’era un lungo muretto, con apertura al centro per l’orto, che dal portone d’ingresso si chiudeva alla filanda con un servizio igienico.
Ora l’antica dimora non c’è più, è stata abbattuta per far posto a una grande cartiera che, in nome del progresso, ci ha tolto per sempre un paesaggio che non ritornerà mai più.
Angelo


Commento al “Casa dei pici”
Si dice che l’anima di ognuno di noi si trovi maggiormente a proprio agio se vicino al luogo in cui a preso il via l’avventura della vita ed è proprio li, in quell’ultima stanza della filanda, “che nacque una stella caduta per il troppo peso” che sarei io. Io purtroppo non ho alcun ricordo di questa bellissima casa se non in quella bellissima fotografia pubblicata nel blog e che tengo appesa nella mia casa e nel mio cuore. La grande fortuna che ho avuto è stata quella di avere due stupendi genitori che mi hanno saputo trasmettere il vero significato di quella altrettanto stupenda casa patriarcale in stile veneziano: “la famiglia”. L’importanza di quella casa era il fatto di essere una casa “patriarcale” in cui il nucleo familiare era composto da più nuclei che condividevano ogni aspetto della vita comunitaria. Purtroppo in nome del progresso tante case patriarcali sono state abbattute, in questo caso per far spazio ad una cartiera, ma in tante realtà perché ad una situazione di vita comunitaria si preferisce una situazione di vita privata, singola ed autonoma, ma come è successo per la cartiera e come sta succedendo in questo tempo di crisi, il progresso ha fallito e è molto probabile venga il giorno in cui si debba ricostruire o ricostituire le case e/o famiglie patriarcali in cui si impara a limitare la propria libertà e a condividere. Che sia forse lo schema migliore per imparare l’Amore?
Francesco
Integrazione
Tra il "reolt" e la porta della cucina degli zii Cilì e Marì, esisteva un dipinto religioso che rappresentava la Natività.
Sul solaio, la stanza contenente gli attrezzi per filare era tutta piegata verso il basso perchè i nonni, durante la guerra, vi avevano nascosto un gran numero di partigiani e soldati scappati dopo l'8 settembre, e il pavimento si era imbarcato per il troppo peso.
Arrigo 

sabato 18 gennaio 2014

LA CROCE DI S. ROCCO NON INTERESSA A NESSUNO?


Ho sempre pensato che la croce posta su un monte o su una cima rappresentasse un segno ”speciale” a cui guardare, visibile da molti punti di una località specifica, protezione e speranza per tutti i suoi abitanti. I nostri antenati ci tenevano fortemente, sostenuti dai loro sacerdoti e assicuravano che non ci fossero ostacoli alla sua visibilità. All’inizio del 2002, la vecchia croce di S. Rocco venne sostituita da una nuova per volere dell’allora parroco don Leonardo, a testimoniare che c’era una ragione valida perché continuasse a stare là. Ma chi la vede? Rimane nascosta dalle cime degli alberi che nel tempo sono cresciuti e che ne impediscono la vista da ogni parte. Non credo che i proprietari del monte sarebbero sordi alla richiesta di poter intervenire (con i dovuti modi) per rendere nuovamente visibile la croce di S. Rocco. Sono altrettanto sicuro che ci sarebbe una grande schiera di volontari disposti a lavorare per questo. Se invece solo pochi di noi, camminando per le vie del centro, ambisse a vedere come un tempo la croce di S. Rocco, vorrebbe dire che molti hanno rinunciato a quel “segno speciale” ritenendolo inutile e incompatibile col paesaggio ... 
Angelo

Commento alla “Croce di San Rocco”
Quando nel 2002, su gentile richiesta di Don Leonardo, insieme ai papà dei comunicandi di allora procedemmo alla sostituzione della vecchia croce, ora deposta all'inizio del sentiero che porta in loco, scoprimmo che trattasi di un "punto trigonometrico" importantissimo da cui si identificano moltissime proprietà e che pertanto bisognava assolutamente collocare millimetricamente allo stesso punto la nuova croce. Non nascondo che, nel frattempo rimasti solo in due, fummo colti da molta preoccupazione, ma tutto andò per il meglio e la croce fu ristabilita allo precisamente allo stesso punto con numerose migliorie. In tutto questo però ci sta una morale, la croce, simbolo cristiano dell'Amore di Dio, pur se a volte dimenticata dalla fede affievolita del Suo Popolo continua ad essere punto "Trinitario" fondamentale per ognuno di noi. Condivido quindi la si possa rendere visibile a tutti quale simbolo protettivo al nostro popolo in Caino.
 Francesco


domenica 8 dicembre 2013

ROMPERE IL SILENZIO

A distanza di pochi mesi dalle prossime  elezioni amministrative, nessuna organizzazione politica (o persone che intendono candidarsi) ha avanzato proposte, idee o piani per il futuro di Caino. Al di fuori delle “stanze” e delle convocazioni pubbliche per comunicazioni dell’Amministrazione Comunale (dovute), c’è stato un silenzio assordante, rotto di tanto in tanto da qualche pettegolezzo sull’andamento incerto della maggioranza. Di fatto, però, le organizzazioni politiche non hanno saputo coinvolgere i cainesi su niente. Ci vedremo recapitare il programma elettorale di ognuna, dove s’impegnano a fare un certo numero di opere con una lista di nomi che non ce la faranno a realizzarle. Mancanza di fondi diranno. Vero! Ma allora perché non dire a chiare lettere che i Comuni hanno le casse vuote e, se lo Stato lo consentirà, le opere dovranno seguire una scala di priorità. Già il tempo trascorso poteva servire per parlare di idee e di progetti, che costano poco e possano vincolare il futuro, evitando quello che è accaduto, per esempio, alla strada incompiuta che doveva collegare Villa Mattina a Villa Sera. Per il futuro di Caino non si può non pensare all’allargamento della minuscola piazza del paese rimandando sempre ogni contrattazione con le proprietà interessate; non si può continuare a rimandare il destino dell’immobile della Fucina; non si può pensare che la viabilità da Rasile a Tolzana possa dipendere dalla soluzione (molto discutibile) dell’uscita davanti al “Leone” e non tentare di ottenere i permessi necessari dalla Provincia e dal Demanio per un futuro ponte sul Garza in fondo al paese, intanto che non ci sono immobili sul possibile tracciato; non si può perseverare nel ritenere prioritario l’interesse per la Valle di Bertone quando si potrebbe trasformare in parco un bel tratto lungo il Garza; non si può non pensare a sfruttare meglio l’area che dal campetto dell’oratorio arriva fino al Centro Sportivo; non si può non dire niente sull’edilizia abitativa futura e sulle case vuote; non si può continuare a tacere sul declino degli esercizi commerciali che vanno esaurendosi; non si può non cercare di fare emergere i “talenti” culturali (e artistici) che ci sono a Caino per poterli condividere; non si può relegare l’attività svolta al Centro Sportivo come l’unica possibile, senza occuparsi dell’infanzia, che attraverso sinergie tra persone motivate (e ce ne sono), scuola e Parrocchia, possa rilanciare lo sport ( e non solo) oggi, purtroppo, delegato a realtà vicine.
Tra le cose da fare elencate ne mancheranno certo molte altre, ma le persone di buona volontà potranno ben rimediare. E se fossero già all’esame, nella testa o nel cassetto di qualcuno, io li pregherei di rompere il silenzio e di manifestare apertamente la loro opinione per avviare un confronto nel poco tempo che ancora rimane. Farlo dopo sarebbe solamente ripetere una commedia già vista: “il potere prima di tutto”; una sfida alla pazienza e al buon senso del cittadino elettore.